Giornalisti e operatori sociali: vite intrecciate
Tra inquietudine e coraggio: la 5a edizione di “Redattore sociale”.
Venerdì 13 maggio Trento ha ospitato la quinta edizione regionale del "Redattore Sociale", seminario per giornalisti ed operatori sociali tenutosi a Palazzo Geremia. Suggestivo il titolo scelto per questa giornata di confronto organizzata dal CNCA (Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza): "Identità liquide. Operatori sociali e della comunicazione tra inquietudine e coraggio".
La tematica della prima sessione del seminario, moderata da Dario Fortin (CNCA Trentino Alto Adige), è stata l’inquietudine: l’inquietudine del giornalista che tende a perdere il contatto con la realtà/verità dei fatti a causa di un contesto editoriale caratterizzato dall’abbassamento della qualità professionale; l’inquietudine dell’operatore sociale, che vede il proprio settore a rischio di pesanti tagli di spesa a fronte di un disagio sociale sempre più forte; ed anche l’inquietudine dei giovani, costretti a confrontarsi con un futuro lavorativo sempre più precarizzato e quella degli adulti che temono di perdere le certezze e la stabilità raggiunte.
Don Cristelli è intervenuto insistendo sui numerosi punti di contatto che ci sono tra la professione del giornalista e quella dell’operatore sociale: "Un buon giornalista è un buon operatore sociale" - ha detto riprendendo il pensiero del giornalista polacco Kapuscinski. Il buon giornalista, così come l’operatore sociale, lavora con le persone: la relazione con gli altri, l’entrare in empatia con l’interlocutore è fondamentale per entrambi.
Cristelli ha localizzato l’origine temporale dell’inquietudine giornalistica nei primi anni Cinquanta, quando l’informazione cominciò a diventare business. Ciò che è contato, da quel momento in poi, non è stata più la ricerca della verità, la volontà di informare, ma piuttosto il potenziale attrattivo della notizia, la ricerca del gossip e dello scoop.
L’auspicio (quanto fiducioso?) è dunque che si ritorni ad un giornalismo d’inchiesta, che tenda a riportare e divulgare la notizia per innescare un reale cambiamento della situazione denunciata; un giornalismo fatto dal cronista con le persone e per le persone. Solo così si può far parlare chi ha poca voce e dare visibilità a chi è invisibile.
Quanto all’operatore sociale, oggi frustrato dall’inquietudine causata da stress, rapporti tesi con i media e incapacità da parte della politica di soddisfare le esigenze del cittadino, anch’egli potrebbe farsi agente di cambiamento, rendendosi tramite tra la persona e la politica.
Angelo Agostini, direttore della scuola di giornalismo IULM di Milano, ha riaffermato la stretta vicinanza tra il lavoro del giornalista e quello dell’operatore sociale: "Il giornalista non deve solo cercare la notizia, ma deve mettere in relazione le persone attraverso la conoscenza e l’informazione". E ai fini della completezza dell’informazione sono molto importanti le piccole ma numerose pubblicazioni editate dagli operatori sociali, "canali di grande importanza che sorgono accanto ai grandi media e che ci danno la possibilità di riflettere sul mondo"; il giornalismo, dunque, "non è solo quello televisivo di un Giorgino; c’è anche la capacità di molti soggetti sociali - ad esempio dei blogger che hanno svelato gli omissis sulla morte di Calipari - di creare informazione".
Il coraggio è stato il tema conduttore della seconda sessione del seminario, introdotta da Stefano Trasatti. Si è parlato delle numerose sfaccettature del coraggio del giornalista e dell’operatore sociale: il coraggio di mantenere una tensione etica legata ad alcuni valori universali sempre più messi in discussione; il coraggio di ascoltare, meravigliarsi ed entrare dentro gli altri; il coraggio di cambiare i propri schemi di pensiero e di vita; il coraggio di agire e di rischiare seguendo fatti o persone che non vanno di moda; il coraggio di ricordare che esistono delle regole e delle responsabilità; il coraggio di formarsi e aggiornarsi in ambiti in cui la formazione del personale spesso non offre titoli spendibili; il coraggio, infine, di fare tutto questo pur operando in una condizione di precarietà e inquietudine che oggi coinvolge tutti.
Il primo contributo in questa direzione è venuto da Maurizio Torrealta, giornalista di Rainews 24, che ha sostenuto l’importanza di fare scelte coraggiose, che spesso sono ricompensate dal consenso del pubblico. Torrealta ha portato l’esempio americano dell’operazione denominata "Out Fox". La Fox è una grande rete americana di destra che ha sostenuto in maniera esasperata l’intervento americano in Iraq, violando spesso la deontologia giornalistica. Una rete concorrente ha deciso, con la collaborazione del pubblico scandalizzato per tali atteggiamenti, di monitorare costantemente la Fox alla ricerca di tutti i comportamenti scorretti tenuti da quei giornalisti. L’operazione ha riscosso un largo consenso, ed ha avuto come sbocco un video che riportava tutte le violazioni commesse della Fox. Come prevedibile, nessuna rete statunitense ha voluto mandarlo in onda, al che si è deciso di metterlo in vendita su Internet. Il successo è stato strepitoso: si calcola che ad oggi il video abbia venduto più del "Signore degli Anelli", e prossimamente dovrebbe arrivare in Europa.
Sarà interessante, a quel punto, seguirne la vicenda e stare a vedere quale rete avrà il coraggio di mandarlo in onda; potrebbe essere un efficace strumento per misurare lo stato di libertà dell’informazione europea.
Padre Francesco De Luccia, responsabile a Roma del centro Astalli, una comunità d’accoglienza per rifugiati politici e immigrati, è stato l’ultimo ad intervenire. Ha raccontato di due coraggi diversi, quello dei rifugiati e quello degli operatori e dei volontari. I rifugiati devono avere il coraggio di partire dal Paese natale, quindi di resistere affrontando il duro impatto con la burocrazia italiana, di vivere con altri in casa d’altri, di ricominciare da zero. Gli operatori ed i volontari, a loro volta, hanno il coraggio di aiutare e riformulare un progetto di vita senza sostituirsi alla persona che dovrà portarlo avanti, di far posto al nuovo venuto.
Il seminario, concluso con la presentazione del libro di padre Luccia "Notte di fuga"(undici storie di rifugiati politici), ha avuto un bilancio senz’altro positivo, con contenuti validi e confortanti: soprattutto per chi è rimasto fedele all’ideale di un giornalismo impegnato.