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QT n. 10, 21 maggio 2005 Servizi

Trento: vincono le persone, perdono i partiti

Il risultato delle elezioni comunali: la sconfitta degli apparati, la performance del buonismo di Pacher e, sottotraccia, una nuova inquietudine sociale.

Non è semplice dare una chiave di lettura a commento di un’elezione amministrativa. Molte e variegate sfaccettature si possono rintracciare cambiando il punto di vista, per esempio riferendosi ai vincitori oppure ai vinti. Tuttavia dalle elezioni per il Comune di Trento si può trarre una semplice conclusione: vincono le persone, perdono i partiti. E’ palese ormai da tempo che i partiti come si intendevano un tempo non esistono più: spesso mantengono solamente una formalità esterna, ma in realtà sono comitati elettorali, involucri vuoti riempiti da poche e divergenti idee ma da molti interessi.

Il sindaco rieletto Alberto Pacher (Ds).

Il successo elettorale dei partiti, e qui in Trentino il fatto è particolarmente evidente, non risiede tanto nelle idee e nei progetti messi in campo, quanto nelle individualità che si riesce a coinvolgere nella lista.

Intendiamoci, per chi è stato maggioranza, avere amministrato bene o male, conta sempre; ma in definitiva vince, soprattutto come preferenze, chi possiede un proprio elettorato quasi personale, spesso costruito a prescindere dalla forza politica in cui si milita, derivato da un ruolo professionale, da un’influenza sul territorio (per esempio presidenti di circoscrizione), da un ambito culturale, da un appoggio di associazioni laiche o ecclesiali. Chi invece pensa di ottenere un consenso elettorale dopo aver lavorato nelle oscure stanze partitiche rimane deluso e finisce fuori dalle istituzioni.

Questa dinamica, pur circoscritta alle amministrative, costituisce una sia pur parziale novità. Alle ultime elezioni provinciali ad esempio, come in mille altre occasioni, aveva dominato il potere degli apparati, sovente trasversali, con una politica sequestrata dai Betta, dai Boato, dai Giorgio Casagranda, persone che vengono elette solo per la propria collocazione nell’ingranaggio partitico. Ed ecco invece che a Trento vince la credibilità delle persone.

Ma che tipo di credibilità? Vediamo.

Innanzitutto la credibilità del sindaco Pacher che, pur perdendo voti rispetto al ’99, supera alla grande il 60% (non è scontato ma sempre molto difficile ripetere le ottime prestazioni elettorali); ma soprattutto dimostra di essere entrato del cuore dei trentini. Infatti Pacher ottiene tremila voti in più della somma dei partiti della sua coalizione, segno che molti cittadini si sono limitati a segnare sulla scheda il nome del sindaco, riconoscendosi implicitamente sulla sua figura.

L’immagine di Pacher non è quella di un leader monocratico ed indiscusso (alla Dellai per intenderci, o alla Berlusconi dei bei tempi); non è il capo di un partito, è piuttosto un sindaco vicino alla gente, che si appella più al cuore che alla ragione, parla tanto di sensibilità e sui programmi si mantiene sul vago (stile Veltroni); e soprattutto non appare, né vuole essere, uomo di parte, attento a curare (scontando qualche scontento) le varie sensibilità della propria coalizione piuttosto che a coltivare il successo e la gloria del proprio partito. Il che si è rivelata una strategia vincente.

Anche il notevole incremento di Rifondazione Comunista si basa per una certa misura sulla personalità della candidata sindaco. Lucia Coppola, figura emblematica di una sinistra trasversale e attenta ai contenuti, rappresenta al meglio la conferma della centralità della persona in questa tornata elettorale: ha saputo convogliare su di sé non solo l’elettorato comunista o antagonista, ma anche settori ambientalisti e delusi dei buonismi, compromessi e vaghezze pacheriani.

Passando all’interno delle singole liste, l’assioma da cui eravamo partiti trova piena evidenza. Ci soffermiamo sui due partiti maggiori.

Nella Margherita, il disegno dei vertici di sostituire come vicesindaco Alessandro Andreatta con l’assessore esterno al bilancio Maurizio Postal, chiaramente non è andato in porto. Sul partito ha prevalso la figura di Andreatta, che aumenta in maniera sostanziosa la propria dote elettorale e supera di ben 500 voti l’uomo su cui l’apparato aveva puntato. Si capisce così che i cittadini scelgono con la propria testa e che anche l’oliato e perfetto meccanismo di consenso della Civica conta meno rispetto a quello che comunemente si pensa.

Alessandro Andreatta (Margherita).

In merito alla veridicità di questa analisi, mi permetto di parlare di una polemica di cui sono stato protagonista dalle colonne del quotidiano Trentino. La domenica prima delle elezioni scrivevo: "Il problema per la Margherita era quello di indebolire Andreatta... per la lista si sceglie l’ordine alfabetico (più democratico, vero?), si trova un candidato proprio con un cognome adatto (un certo Aliberti) a scalzare Andreatta dal primo posto, se ne cercano altri che possano sottrarre qualche voto al vicesindaco nei suoi bacini elettorali, lo si isola durante la campagna elettorale".

E concludevo dubitando dell’esito di tale manovra: "Ci potranno essere sorprese, perché si sta facendo strada, nella gente più avveduta, l’idea che la posizione dell’onesto Alessandro è in pericolo, che ci vuole in questi ultimi giorni un surplus di energia e di impegno a suo favore".

La mobilitazione c’è stata e Andreatta ha preso il maggior numero di preferenze. Tuttavia il vicesindaco, due giorni dopo le elezioni, dopo aver ampiamente smentito l’esistenza di una gara elettorale con Postal e di un piano del partito per danneggiarlo, è voluto ritornare sull’articolo: "Mi ha fatto piacere, ma in molti hanno pensato che lo abbia ispirato io. Per cui forse alla fine mi ha più danneggiato che aiutato. In tanti mi hanno detto che stavo sobillando gli amici. Ma quando mai..." Insomma, il partito mastica amaro e si riduce a ricercare inesistenti complotti.

Salvatore Panetta (Margherita).

Salvatore Panetta trionfa di nuovo (qualche voto in meno di Andreatta), ma il suo successo lo deve completamente a se stesso, alla sua capacità di conservare il proprio gruppo di sostenitori, così come Andrea Rudari conferma che l’assessorato ai lavori pubblici fa lievitare i voti a prescindere dalle rotatorie o dai parcheggi. Si tratta comunque di affermazioni personali come quelle degli uomini (e delle donne) nuovi che spiccano nella graduatoria delle preferenze della Margherita: Andrea Robol e Mariachiara Franzoia che non trovano certamente il loro consenso nella nomenclatura di partito ma che sono riusciti a superare personaggi di lungo corso come Paola Vicini Conci o lo stesso coordinatore cittadino della Civica Italo Gilmozzi.

Qualcosa di nuovo si sta muovendo anche nella Civica? La prudenza non è mai troppa e sarà probabilmente la composizione della giunta e le prime mosse del gruppo consiliare a farci capire se e come quest’aria nuova effettivamente si svilupperà. Le prime mosse non vanno in questa direzione: il veto su Dalla Fior per la presidenza del Consiglio comunale, la nomina di Gilmozzi come capogruppo e le interferenze pesanti dei vertici provinciali sulla formazione della giunta, rappresentano il tentativo evidente di normalizzare la situazione.

Veniamo a Trento democratica. Il successo della capolista Sara Ferrari non deve trarre in inganno, non è dovuto solo all’appoggio dei Ds. Certamente il partito l’ha sostenuta, si sa che essere capolista conta ancora molto per la sinistra, molti hanno anche votato volentieri una donna; tuttavia Ferrari si è guadagnata sul campo, con una notevole capacità di mediazione su temi spinosi come quello dell’inceneritore e con una rara disponibilità con tutti, la stima e l’apprezzamento molto al di là della stretta cerchia di partito. Gli altri candidati di stretta osservanza diessina, soprattutto il capogruppo Albergoni che mestamente esce dal Consiglio, hanno ottenuto risultati pessimi. Al punto che molti nel partito, visti gli scarsi risultati dei propri candidati doc, mettono in discussione lo stesso progetto di Trento democratica:"Se ci presentiamo come Ds e basta, facciamo meno consiglieri, ma sono tutti dei nostri".

Sara Ferrari (Ds), capolista di Trento Democratica.

In effetti sono state premiate le persone, le donne (sei eletti su dieci, fatto per certi versi incredibile, ma di grande speranza per il futuro), la capacità di diversificare gli ambiti di consenso. Anche il successo dei candidati di Costruire Comunità, in modo particolare di Violetta Plotegher, si comprende grazie alla capacità di parlare al proprio elettorato di riferimento e all’attenzione dedicata agli scottanti temi sociali e ambientali.

Allargando lo sguardo anche ad altre forze politiche, si vede un nuovo Consiglio comunale ricco di diverse sensibilità, più fresco e più colorato (stante l’elezione del primo consigliere di colore del Comune di Trento), probabilmente più protagonista e autonomo del precedente. Pacher, nella composizione della giunta, ha la possibilità di valorizzare appieno le diverse sensibilità e competenze degli eletti a prescindere da una logica strettamente di partito o di percentuali; cosa peraltro irrituale, di cui vedremo se avrà il coraggio.

Detto delle persone, resta il discorso dei contenuti. Come hanno influito nelle scelte degli elettori?

A nostro avviso, l’ottima performance del buonismo pacheriano non nasconde il serpeggiare di un’inquietudine sociale di fondo. La si può intravedere nel successo di Rifondazione Comunista, il cui candidato sindaco, Lucia Coppola, ha raddoppiato i voti; e per altro verso, nell’affermazione di Sergio Divina della Lega, catalizzatrice di disagi e malumori. E anche nell’arretramento della Margherita: nella quale, ad un appannamento della mitica ‘territorialità’ (ossia la capacità di esprimere persone ed esigenze minute del territorio, venuta meno in diverse circoscrizioni causa beghe interne, riferibili comunque a una minor presa del progetto complessivo), fa riscontro un’attenuata percezione della Civica come partito popolare.

Insomma i temi sociali - a cominciare da casa, inflazione, lavoro precario - nascosti in un angolo quando non sotto il tappeto, tendono a riemergere. E le elezioni ci sottolineano che è tempo che la politica torni ad occuparsene.