Politica e nuove tecnologie
Come cambia la comunicazione politica nell’era di Internet. Dai blog alle chat ai wiki, i nuovi approcci, le possibilità, i trucchi, le insidie.
L’articolo La silenziosa avanzata dei blog sullo scorso numero di QT lascia intendere tre aspetti fondamentali della relazione tra nuove tecnologie, Internet in particolare, e comunicazione. In primo luogo, nel mondo digitale nuove forme di comunicazione nascono, si diffondono, modificano e, in alcuni casi, esauriscono con tempi assai più veloci, secondo dinamiche assai più adattabili al mutare della realtà rispetto a quelli del mondo fisico. In secondo luogo, questi mezzi di comunicazione sono nella maggior parte dei casi tutt’altro che autoreferenziali, bensì in grado di descrivere, spiegare e spesso influenzare il mondo reale quanto se non meglio delle controparti fisiche. Infine, sono praticati, sia nella fase attiva, di produzione dell’informazione che in quella passiva, di consumo, da una parte della popolazione che invece mostra un certo disagio o completa esclusione dai media tradizionali (nell’articolo il riferimento era ai giovani).
Se è vero che una parte fondamentale della politica è la comunicazione, è interessante domandarsi come nuove tecnologie e politica si coniughino, come gli aspetti sopra ricordati mutino la comunicazione politica, sia a livello locale che all’interno di un panorama più ampio.
Anzitutto, di quali tecnologie stiamo parlando? Ci limitiamo qui a considerare i blog, le chat e i wiki. Un blog, come già ricordato, è sostanzialmente un diario online. Lo scrivente (il blogger) vi pubblica pensieri, eventi personali, brevi saggi. I lettori sono invitati a lasciare i propri commenti o a riprendere temi e spunti sui propri blog.
I blog diventano uno strumento popolare sulla scena politica in seguito alla campagna presidenziale di Howard Dean, condotta in buona parte su Internet e con un coinvolgimento senza precedenti di giovani attivisti. Il blog di Dean è il punto di riferimento del movimento online: viene usato per pubblicizzare i vari eventi, diffondere i punti chiave della campagna, lanciare slogan, raccogliere critiche incoraggiamenti (e finanziamenti) dai sostenitori.
La chat permette a più persone di conversare in tempo (quasi) reale. A livello locale, piuttosto affollate sono state le chat col presidente Dellai. Lo schema è semplice: breve domanda del cittadino e altrettanto sintetica risposta del politico. Nessuna limitazione sui temi da trattare, ammesse e anzi favorite dalla semi-anonimia le domande “scomode”, scarsa o nulla censura.
Un wiki permette l’elaborazione collaborativa di documenti. Non è ancora entrato nel bagaglio tecnologico del politico tradizionale, ma è assai comune all’interno di movimenti e gruppi in cui la coordinazione autonoma e spesso spontanea tra diversi individui è il meccanismo attraverso cui si arriva alla definizione di manifesti, linee guida, ecc.
Ciascuno di questi strumenti presenterebbe proprie caratteristiche distintive. Cerchiamo qui di identificare gli aspetti comuni più importanti in funzione del discorso che ci interessa. In primo luogo, tutti promettono un elevato grado di democratizzazione dell’informazione. Chiunque può, ad esempio, aprire il proprio blog e pubblicare le proprie idee: le conoscenze tecniche richieste sono minime, i costi spesso nulli. Non esiste alcun comitato di redazione, controllo editoriale, censura - con le relative conseguenze, positive e negative. I lettori si conquistano con la qualità dei post pubblicati e sono loro a pubblicizzare col tam-tam del passaparola i blog più interessanti, attorno a cui nascono comunità di centinaia di persone.
In secondo luogo, la comunicazione è fortemente interattiva: non scorre da uno verso molti, da un oratore agli ascoltatori, ma si fa conversazione, dibattito, botta e risposta. Questo aspetto è ovviamente esaltato nelle chat, ma è presente anche nei blog, attraverso i commenti, le citazioni, le riprese di un tema da un blog ad un altro.
Infine, i tempi di questi strumenti sono diversi rispetto a quelli dei media tradizionali. Sono immediati, l’analogo dell’edizione straordinaria di un tg: a poche ore di distanza dalla diffusione dei nomi dei ministri del Berlusconi-bis, già si potevano trovare i primi commenti e le avvisaglie delle baruffe che sarebbero seguite nei giorni successivi tra sostenitori di opposte fazioni. Ma sono, al tempo stesso, meno effimeri: il testo di un post, di una chat rimane permanentemente disponibile. E questo mantiene “vivo” un evento anche a distanza di parecchi giorni: esige infatti revisioni, aggiornamenti, approfondimenti e repliche.
Cosa cambia per il politico di professione? In una recente intervista, Dominique Strauss-Kahn, ex-ministro nel governo Jospin e da oltre un anno blogger, ricorda alcuni aspetti chiave. Senz’altro la pervasività del contatto con il pubblico: la bidirezionalità del blog, il suo essere fruibile in ogni momento senza barriere consente di avere una presa diretta e continua sulla realtà, una chiave di interpretazione delle esigenze degli elettori inimmaginabile attraverso altri strumenti di comunicazione politica.
In secondo luogo, l’aspetto collaborativo: il blog è il luogo dove abbozzare nuove teorie, mettere le idee alla prova dei commenti (graffianti a volte, confessa Strauss-Kahn), affinare posizioni su varie tematiche, raccogliere suggerimenti. Il blog, infine, consente di presentare un’immagine di sé slegata dai formalismi, dai riti del comportamento politico e di stabilire un rapporto non mediato, più intimo, di fiducia col lettore.
A questi aspetti potenzialmente positivi, per il politico si accompagnano nuove sfide. Cambia, infatti, la fruizione della comunicazione politica. I tempi di lettura son quelli di Internet: dopo le prime righe si decide se proseguire o meno con l’articolo. La lettura è sincopata: si legge nell’attesa che un’altra pagina sia caricata. Evidentemente, con la fruizione deve cambiare anche lo stile di produzione. Resta poi da capire come muta la composizione dell’uditore-collaboratore: si restringe al gruppo dei giovani tecnofili o ormai gli strumenti sono maturi per essere usati senza remore anche da gruppi più tradizionali?
Non mancano, infine, vere e proprie trappole per gli aspiranti politici tecnologici. I nuovi strumenti, come detto, hanno tempi, linguaggi e codici diversi rispetto alle forme di comunicazione tradizionali. Il blog va aggiornato di frequente, in chat si deve bandire il politichese, avere uno stile veloce, essere sagaci piuttosto che precisi.
Chi gioca senza conoscere le regole rischia la fine di Prodi, il cui blog era stato salutato con grande entusiasmo al momento del lancio, ma dopo un mese di vita e due soli messaggi, è stato chiuso, accompagnato, questa volta, dagli sberleffi e dalla delusione del popolo della rete.
Altra trappola è quella di considerare lo strumento un mero gadget elettorale, da usare durante la campagna e abbandonare subito dopo.
Col risultato comico del candidato vincitore che, ad anni dalle elezioni, continua imperterrito a ringraziare gli elettori per il felice responso delle urne (vedi all’indirizzo www.lorenzodellai.it).
Quale sia l’impatto reale dei nuovi mezzi comunicazione durante le campagne elettorali è e sarà ancora a lungo oggetto di studio.
Nel 2004 Dean ha stupito tutti iniziando la sua corsa con un sito Internet e un blog e diventando uno dei più accreditati democratici per la corsa alla poltrona presidenziale. Ma sappiamo bene come siano finite le elezioni.
Rimane il fatto che i nuovi strumenti di comunicazione creano una straordinaria opportunità di partecipazione politica dal basso, di formulazione e test di idee e proposte, di creazione di opinione pubblica.