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QT n. 15, 15 settembre 2001 Servizi

Le parole e i fatti

I bei principi del nuovo Pup (che non si farà); e la triste passi della variante al Pup (che si sta facendo, con continui peggioramenti).

Mauro Rabano
L'assessore provinciale all'Urbanistica Roberto Pinter (Ds-Solidarietà)

Sabato scorso, nell’affollato incontro di Fiera di Primiero promosso per discutere le iniziative per fermare la trasformazione – attraverso nuovi collegamenti sciistici - dei laghetti di Colbricon, luogo simbolo dell’ambiente, della storia e della cultura del Trentino, a chi chiedeva ragioni di un drammatico stravolgimento dei compiti istituzionali del Parco, Sergio Bancher che del Parco è il presidente, rispondeva papale papale, con un misto d’ingenuità e d’arroganza, che tutto risaliva alle attese contenute nella variante al Piano urbanistico provinciale promessa e promossa dall’assessore Danilo Zanoni nel 1995 e sostanzialmente riproposta dall’attuale giunta provinciale.

Non c’era nessun rappresentante della giunta provinciale in sala per smentirlo, né avrebbe potuto farlo, poiché questo è realmente quanto avvenuto in questi anni.

La perdita di visione d’insieme dei destini del territorio trentino, la sua lottizzazione a gruppi e lobbies di pressione, si è incuneato fin dentro una riserva integrale di un parco, facendo dell’esperienza urbanistica trentina un caso unico (in negativo) della pur variegata e mortificante storia del degrado territoriale del Bel Paese, così eloquentemente rappresentato nel libro bianco pubblicato dal Touring Club nel corso dei mesi estivi e ripreso in un’ incisiva campagna di denuncia dal Corriere della Sera e da La Stampa con gli articoli di Giovanni Belardelli e Mario Fazio.

A Fiera di Primiero, molte voci, tutte locali, tutte attivamente inserite nel mondo economico della zona, hanno dichiarato di non riconoscersi nel modello di sviluppo che le scelte urbanistiche ipotizzate prefigurano. Ma riusciranno ad invertire la rotta, a fermare progetti scellerati per il futuro di una comunità, per il residuale credito del Trentino nella gestione di risorse che hanno una valenza universale?

Non c’è da essere ottimisti. A quell’assemblea pubblica erano presenti decine e decine di persone; agli incontri privati, quelli che presiedono alle scelte finali, pochi boss del potere e dei denari. Come abbiamo scritto anche in recenti interventi su questo giornale, con le scelte urbanistiche è lo stesso concetto della democrazia rappresentativa e liberale che scricchiola nel procedere quotidiano della nostra vita pubblica.

In Primiero si è avviata un’iniziativa forte, decisa, esemplare della necessità di porre la questione delle misure e della legalità oggi ridotta a campo di battaglia per azzeccagarbugli, e sottratta alle scelte consapevoli di una comunità. Questa consapevolezza si è fatta sentire, non sarà facile fermarla, ha da subito ottenuto dei risultati con una proficua alleanza, fra mondo ambientalista, amministratori illuminati, mondi economici responsabili.

Altrove non è stato così. Non lo è stato a Pejo, dove addirittura la variante ha inserito previsione di aree sciabili in zone a rischio valanghe (è il caso della Val della Mite), o a Pinzolo, dove per sfinimento e ricatti il collegamento con Campiglio avrà con la variante la sua prima previsione urbanistica. Nel silenzio di molti, come se una sorta d’ineluttabilità al peggio avesse ormai contagiato anche molti spiriti liberi.

La variante al PUP comunque, come riconfermata dalla Giunta provinciale nelle settimane scorse, pur con così vistose crepe nella difesa degli interessi generali, non passa con gli applausi della destra o più esplicitamente di chi in Consiglio e in Giunta si è assunto il compito di rappresentare senza alcun velo e pudore gli interessi delle ruspe e degli impianti. Interessi forti, che intendono aggiungere ulteriori profitti da favola a quelli già accumulati, consumando risorse e futuro che sono di un’ intera comunità quando non patrimonio universale. Questo dinamica degli interessi accontentati eppur mai sazi, conferma un dato già noto: quando si abbandonano gli ormeggi di criteri sicuri, si mortifica la forma e sicuramente si viola la sostanza della legge, ma non si placano gli appetiti, anzi questi si manifestano nelle forme più arroganti e aggressive, perché passa la convinzione che ormai il varco è aperto, e quello che era impossibile chiedere ieri, diventa assolutamente lecito rivendicare oggi.

Tutto questo accade in Trentino nell’estate del 2001 (discussioni accesissime su PiRuBi, impianti a Colbricon, a Daolasa-Mastellina); ma è ormai una liturgia ripetitiva, perché dibattito analogo si ebbe nell’estate dello scorso anno (Jumela, Pinzolo-Campiglio), risoltosi con la vittoria totale degli interessi dirompenti e assistiti.

Contemporaneamente, lo scorso 18 agosto, l’assessore provinciale all’Urbanistica annunciava le linee portanti che dovrebbero presiedere, non più alla variante (le cui contraddizioni si considerano ornai irrecuperabili), ma alla revisione generale del Piano urbanistico, quella revisione generale invocata all’inizio della legislatura, perché era la strada idonea a dare un valore alla previsioni future d’uso e tutela del territorio trentino, ma che non si volle o poté avviare in tempo utile, perché premevano all’incasso di troppe promesse elettorali di vecchi e nuovi feudatari su cui si regge il consenso e il potere di tanta parte dell’attuale oligarchia provinciale.

Le linee portanti espresse da Pinter sono di qualità e di buon senso, come le ha definite l’ambientalista Paolo Mayr in un’intervista su L’Adige. In effetti esse riprendono puntigliosamente il meglio dei documenti che sono stati approvati dalla Giunta provinciale nei due anni trascorsi: il Manifesto delle Alpi della regione europea Tirolo, Alto Adige, Trentino del gennaio 2001, il documento d’indirizzo della giunta provinciale "Una nuova idea di territorio" dell’agosto 2000, il progetto di sviluppo sostenibile e il programma di sviluppo provinciale 2000/2003.

Nel documento "Per una nuova idea di territorio" è scritto che la revisione al piano urbanistico è proposta come "nuovo patto che non sia solo tra i poteri forti, ma capace di rendere ciascuno protagonista del futuro di questa terra, superando il senso di spaesamenti che lo sviluppo e l’effetto città in espansione ha favorito."

Parole sante, ma che non esitiamo a dire destinate a restare solo parole, alibi di un futuro virtuale che non verrà: non c’è né il tempo, né soprattutto una labile traccia di volontà politica che possa sostenere un progetto tanto ambizioso.

A parte le enunciazioni di Pinter, infatti, nelle cucine della politica trentina, come appare evidente in queste settimane, di tutto si parla tranne che di un progetto di siffatta qualità ed ambizione.

Si continua infatti a discutere del suo opposto, della variante appunto, che non sarà buttata via, ritirata, come chiedevano i pasdaran degli impianti e delle autostrade, ma tenuta lì, a bagnomaria, contenitore disponibile a raccogliere i risultati delle ultime e delle ultimissime mediazioni di una politica che ha perso la dignità di se stessa.