DS: il congresso dei buoni propositi
Remo Andreolli ha scaldato i cuori dei militanti diessini, ma non ha pienamente convinto. Un’intervista al nuovo segretario dei Ds.
Era soddisfatta la platea del congresso dei Ds di fine novembre: volti sorridenti, pacche sulle spalle, militanti fiduciosi in un nuovo inizio, dopo mesi di litigi. Poi però tornavano le perplessità: quasi che, passata l’euforia dell’adunata, stemperato il piacere dello stare assieme, dovessero riemergere le incertezze, non fossero chiarite le ambiguità. E i resoconti dei quotidiani erano difatti impietosi: "La sinistra anestetizzata" - commentava il Trentino, "Ds, voglia di Margherita" - titolava L’Adige.
Il punto centrale infatti, attorno a cui aveva ruotato il congresso, era il solito: quale rapporto con la Margherita, quale con Dellai? Dopo la sbornia del ’98, in cui i diessini, giulivi e stolti, avevano acclamato l’allora sindaco di Trento "nostro leader"; dopo la serie di strappi con cui il presidente aveva dimostrato di avere un’idea del Trentino per molti versi confliggente con quella della sinistra, facendole inghiottire una quantità infinita di rospi; dopo l’evidente incapacità diessina di tenere un rapporto contrattuale col potente alleato; dopo essere stati financo costretti a subire il diktat di Dellai sulla composizione della propria lista (Dellai schianta la sinistra ); e dopo il conseguente frantumarsi del partito, smarrito e sfiduciato, in beghe, rivalità, personalismi (La maionese impazzita).
Ecco, rispetto a questa situazione il congresso doveva presentare un punto di svolta. Era un obbligo, una necessità vitale.
In termini emozionali lo ha fatto: la voglia di unità, di riscatto, l’insofferenza verso i personalismi, trasparivano dalla sala, dalle chiacchiere nei corridoi, negli interventi. Ma in termini razionali, politici? Il Trentino che ipotizza la sinistra è lo stesso per cui lavora Dellai? E nelle divergenze, fin dove può spingersi il compromesso? Dopo i tanti "no" rimangiati e gli ultimatum derisi, qual è oggi il senso di tale faticosa alleanza?
Il congresso, di fronte a queste domande, girava attorno: sapeva di non poterle rigettare, ma nemmeno si sentiva di affrontarle. Di qui l’esito bifronte: una certa fiducia, un nuovo entusiasmo nella sala del congresso; il perdurare dell’incertezza nelle riflessioni a freddo.
Allora questi interrogativi scomodi li poniamo ora noi al nuovo segretario, Remo Andreolli.
Andreolli il congresso l’ha vinto a mani basse. In realtà (altro dato negativo sullo stato del partito) non aveva competitori: l’unico avversario, Mario Cossali, segretario Ds a Rovereto, era gravato da una zavorra insostenibile: l’esperienza disastrosa dei Ds roveretani, per cui la sua candidatura era di per sé bizzarra. In realtà anche Andreolli aveva la sua zavorra (vedi Andreolli o Cossali? No grazie): essere assessore (alla Sanità) in Giunta provinciale: e quindi gravato da una duplicità di ruoli parzialmente confliggenti: al contempo collaboratore del presidente e leader di un partito alleato ma concorrente. Andreolli è riuscito, nel lungo iter congressuale, a convincere e anche a riscaldare un po’ i cuori disillusi dei militanti: "Nel partito ci crede l’Andreolli; al punto che una volta segretario si dimetterà da assessore - era la voce speranzosa che circolava.
"Voce infondata - ci risponde il neo segretario - E’ vero, non è nell’ordinarietà delle cose che il segretario sia assessore: ma questa non è una situazione ordinaria per il partito; per cui hanno senso soluzioni appunto straordinarie".
Ciononostante le perplessità restano. E’ vero che il mondo politico è pieno di leader di partito con incarichi di governo; ma proprio queste esperienze insegnano che gli alleati minori risultano depotenziati da tale duplicità di ruoli: vedi in questi giorni Fini ministro degli Esteri che dice di sì a tutto, e Follini nominato vicepremier proprio per essere addomesticato.
"Se dovessi accorgermi che la mia carica mette il partito in difficoltà, ne trarrei le conseguenze. La mia presenza all’interno della Giunta è politica, non personale e il mio voto non sarà quello dell’assessore, ma dei DS".
Torniamo al tema centrale: il futuro del Trentino, l’azione di governo, i rapporti con la Margherita. La relazione congressuale di Andreolli, orgogliosa nel ribadire il ruolo della sinistra, solida nel disegnare il quadro generale dell’azione politica ("In Trentino possiamo dimostrare che sviluppo e competitività territoriale ben si possono coniugare con la coesione sociale") si fermava sull’uscio della porta, non articolando l’indirizzo generale in linee d’intervento più precise. A differenza del segretario uscente Mauro Bondi, che nel discorso di commiato puntigliosamente sottolineava alcuni punti programmatici di divergenza con la Margherita, tra cui quello, decisivo, se si vuole fare parte del modello di sviluppo alpino o di quello veneto, Andreolli si manteneva nel vago.
Il punto è centrale: quale ruolo ha la sinistra nel riformare il Trentino per il 2000? Nel ’98 l’attuale senatore Ds Giorgio Tonini era stato esplicito nel rivendicare, all’interno dell’alleanza riformatrice, il ruolo di "motore" della sinistra, perché più vocata al nuovo e meno legata ai vecchi poteri; ed era stato bacchettato dall’establishment diessino, che faceva a gara nel genuflettersi aDellai, che non poteva che essere lui il "motore" della coalizione.
Oggi Andreolli non osa rivendicare tale ruolo trainante; né pensa di proporlo come obiettivo, fermandosi un bel gradino sotto: "Vogliamo dimostrare la nostra maturità nell’azione di governo e la nostra capacità di competere alla pari, per idee e qualità delle proposte, nella coalizione". Per Tonini era la sinistra la vera forza riformatrice, per Andreolli è tanto se si è al livello degli alleati. Non è che di mezzo ci sono stati sei anni di sottomissioni e bastonate, durante i quali si è persa la capacità propositiva (che proposte vuoi fare, se poi non sei capace di sostenerle?) e ora si stenta a trovare il bandolo della matassa?
"Non ho ripreso il concetto del motore perché c’era una sorta di copyright - risponde Andreolli - Ma l’idea di fondo è quella: essere nella coalizione quelli capaci di proporre, elaborare: noi abbiamo le capacità e le intelligenze. Intendo attivare nel partito un luogo dell’elaborazione, della costruzione programmatica."
Veniamo al punto centrale, i rapporti con la Margherita.
"Il congresso va inteso come l’avvio di un percorso politico. Nella prima fase ho sottolineato quali devono essere i rapporti con la Margherita: né supina accettazione, né guerriglia continua. Ora si apre una seconda fase, in cui si rilanciano le ragioni della sinistra, rafforzando contemporaneamente la coalizione. Noi non dobbiamo essere meno esigenti, bensì instaurare un rapporto di collaborazione e di reciproca fiducia fra tutte le componenti, tra le quali la Margherita è un primus inter pares".
Il discorso ci sembra teorico. Dellai ha ripetutamente messo la sinistra con le spalle al muro: o mangiar questa minestra o saltar dalla finestra. Anche quando, come nella Jumela, era minoritario presso la pubblica opinione, e ragioni ne aveva proprio poche, se non personali cambiali elettorali in scadenza. E i Ds, di fronte al ricatto, si sono sempre disgregati, perdendo la faccia: la Jumela l’hanno accettata, ma giurando che era l’ultima volta, e lo facevano per meglio contrastare il collegamento Pinzolo-Campiglio; poi arrivò la volta della Pinzolo-Campiglio, e l’accettarono dicendo che si poteva fare perché all’interno del collegamento c’era il progetto di una super pista che avrebbe attirato la Coppa del Mondo e procurato lustro all turismo trentino; e invece la super pista era una bufala, non è neanche in programma, ma rimane ormai l’assenso diessino, che Dellai ha incamerato e nessuno osa mettere in discussione, mentre intanto fuori dal Palazzo c’è un’opposizione ambientalista vivacissima. E oltre agli impianti e la politica turistica, c’è poi l’inceneritore e la politica dei rifiuti, per arrivare alla PiRuBi, alternativa strada/ferrovia e conseguente modello di sviluppo…
"Il nostro sforzo è porre noi i temi dell’agenda politica, in modo da farli diventare patrimonio condiviso della maggioranza: allora avremo ancora mediazioni, ma su questioni che è la sinistra a porre.
Quello che rivendico è un metodo di lavoro: le scelte strategiche non possono essere imposte, vanno condivise. Lo ripeto, le scelte strategiche non possono essere prese a maggioranza; non può esserci una componente che prevarica, che assume il suo punto di vista come l’unico".
Abbiamo subito il banco di prova: due personali, strampalate iniziative di Dellai: l’aeroporto (La costosa farsa dei due aeroporti) e la seconda università del Trentino (La “ridicola” università del Governatore). Iniziative tanto più gravi, perché oltre al merito e ai soldi gettati al vento, sono mosse da una visione miseramente concorrenziale con Bolzano.
"Col Sudtirolo i rapporti vanno intensificati, per concertare strategie comuni: due piccole province non possono affrontare da sole delle problematiche che richiedono economie di scala. Nella mia relazione congressuale parlo chiaramente del pericolo del ritenersi autosufficienti".
Veniamo all’Università di San Michele.
"Non abbiamo ancora approfondito la questione, sorta da pochissimo. Quanto all’aeroporto, non c’è nessun impegno perché la Giunta sostenga iniziative per trasformare il Caproni in aeroporto commerciale. La rinuncia allo scalo commerciale è una scelta precisa, ancor più motivata dopo l’esperienza dell’aeroporto di Bolzano. C’è un no secco a qualsiasi intervento diretto della Provincia, presente e futuro".
Eppure è stato presentato al Via un progetto per 15 milioni, che non sono uno scherzo.
"Dalla Giunta potrà esserci solo un sostegno per un adeguamento del Caproni alle normative di settore, anzitutto per la Protezione civile. Lo ripeto, non c’è nessuna disponibilità dell’ente pubblico a finanziare l’attività di gestione di un aeroporto commerciale" (abbiamo approfondito il problema, e nell'articolo Aeroporto, chi prende in giro chi? facciamo vedere come in Giunta si stiano uccellando i Ds - e i cittadini).
A noi sembra che il grande compito di adeguare il Trentino al 2000 stia incontrando resistenze. Il che è ovvio, il nuovo stenta a farsi largo, soffocato dal vecchio: si fanno nuove autostrade perché ci sono tanti autotrasportatori e nessun costruttore di ferrovie; l’inceneritore perché il business stile Brescia è operante, mentre le aziende di riciclo non sono ancora sorte; e così via. La Margherita si è spesso assunta la rappresentanza del Trentino consolidato e spesso obsoleto; la sinistra ha sufficiente credibilità e forza per rappresentare il nuovo?