Tasse e lavori pubblici
Effetti perversi del condono fiscale; e ponte sullo Stretto al vaglio della Corte Costituzionale.
I cittadini non lo sanno perché i giornali non lo scrivono, la TV non ne parla e l’opposizione non se n’è accorta. Come osserva il magistrato Aldo Natalini su una rivista giuridica per addetti ai lavori (Diritto e Giustizia, n° 10, p. 41) "chi utilizza false fatture può ottenere il rimborso dell’ IVA fasulla se aderisce al condono tombale di cui alla legge 289/02" proposta dal Governo Berlusconi e approvata dal Parlamento. E’ un vero scandalo perché tra l’altro ottiene l’effetto contrario a quello che si propone il condono.
Per esempio se Tizio ha emesso fatture fittizie (false) che comportano un importo di IVA rimborsabile di 100.000 euro, ne paga 20.000 di condono e può chiedere il rimborso dell’IVA fittizia (non pagata) di 100.000 euro. Incredibile ma vero. Scrive Natalini: "L’amministrazione finanziaria non può negare il rimborso dell’IVA fasulla se il richiedente si autodenuncia e aderisce al condono tombale di cui all’articolo 9 della legge 289/02". Tale norma preclude ogni accertamento tributario nei confronti del dichiarante, sicché gli uffici finanziari sono costretti ad emettere i mandati di pagamento dei rimborsi di IVA fittizia. In altre parole, diversamente che dai condoni fatti dall’Ulivo, quello di Berlusconi consente di consolidare la detrazione dell’imposta evidenziata in fatture relative a operazioni inesistenti, di cui non è richiesta (come in passato) la restituzione integrale, ma ne legittima per legge il rimborso. Il paradosso - scrive Natalini - consiste nel fatto che le casse dell’Erario (che il condono avrebbe dovuto rimpinguare) rischiano di svuotarsi per effetto di quelle stesse operazioni di cui gli evasori hanno confessato l’inesistenza! Già risulta che alcune società del gruppo Parmalat avrebbero presentato domanda di adesione ai condoni fiscali con richiesta di rimborso di crediti IVA, risultanti da fatture false. Mi viene in mente la storia di quello che per far dispetto alla moglie si tagliò i testicoli.
Urge che si provveda subito con un provvedimento legislativo (perché non lo propone l’opposizione?) che fermi l’emorragia. Finora solo i giudici hanno reagito allo scempio con provvedimenti giudiziari provvisori che in sede di giudizio potrebbero essere annullati. La somma da restituire proviene da un reato, confessato dagli stessi contribuenti, e pertanto può essere sequestrata a fini probatori. Così ha fatto la Procura di Lecco e il provvedimento è stato confermato dal Tribunale del riesame e anche dalla Cassazione. Per ora dunque la somma che stava per essere restituita a quel particolare evasore condonato è bloccata. Il provvedimento non vale per tutti , ovviamente. Ma cosa potrà succedere in sede di giudizio di merito? E’ chiaro che occorre un intervento legislativo che dovrà essere, conclude Natalini "possibilmente coerente e ben costruito".
Il ponte sullo stretto di Messina, una di quelle opere inutili e faraoniche che simboleggiano l’ego di Berlusconi, potrebbe essere fermato da una sentenza della Corte Costituzionale. Dal punto di vista giuridico il dubbio di incostituzionalità è forte. Il T.A.R. di Catania, in seguito al ricorso di alcuni cittadini residenti nel Comune di Messina in aree interessate dal progetto, ha sollevato eccezione di costituzionalità. Secondo i giudici catanesi le "leggi obbiettivo", che regolano la costruzione del ponte sullo Stretto, non prevedono adeguate forme di partecipazione alla decisione nell’approvazione dei progetti preliminari alle opere pubbliche che riguardino gli interessi dei Comuni e delle Città metropolitane. La mancata previsione sarebbe in contrasto con gli artt. 3, 5, 97, 117, 118 e 120 della Costituzione e con l’art. 14 della legge costituzionale 2/1948 che ha approvato lo Statuto della Regione Sicilia. In altre parole le leggi in questione permetterebbero di realizzare opere infrastrutturali di rilevantissimo impatto con un accordo tra il Governo, le Regioni e le Province interessate precludendo il ruolo dell’ente locale, Comune o Città metropolitana, sul cui territorio sorgerà l’opera. 1 ricorrenti assumono che le norme in questione prevedono che i Comuni interessati possano esprimere solo un parere consultivo e non vincolante. Inoltre sarebbe violato l’art. 14 dello Statuto della Regione Sicilia, che prevede il riparto di competenze nella sfera di autonomia in materia urbanistica.
Non vi è dubbio che secondo l’art. 114 della Costituzione, modificato in senso federalista, "la Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato". I Comuni, nominati per primi, non possono sparire come in un gioco di prestigio. Il T.A.R. di Catania ha giustamente rilevato che, alla luce della modifica del titolo V, "il principio di sussidiarietà va contemperato con i principi di unità ed indivisibilità" ma non al punto di ignorare del tutto gli Enti locali "in presenza di indici normativi di rango costituzionale che assicurano pari dignità agli Enti stessi".
Cosa succederà ora? E’ difficile prevederlo, anche se a me pare che l’eccezione sia fondata. Non può escludersi però che la Corte resti abbagliata, con tutto il rispetto, dalla considerazione che il ponte ha un rilievo (apparente) strategico e nazionale e quindi sacrifichi i legittimi interessi dei Comuni e delle Città metropolitane. Se Berlusconi fosse meno megalomane ci verrebbe risparmiata questa ennesima questione.