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QT n. 19, 8 novembre 2003 Servizi

Cosa ci aspettiamo dal nuovo governo provinciale

Dieci personaggi pubblici (intellettuali, imprenditori, sindacalisti) elencano le priorità che il nuovo esecutivo dovrebbe a loro avviso affrontare.

A dieci personaggi, a vario titolo rappresentativi della società civile, abbiamo chiesto quali problemi auspicano siano affrontati durante la prossima legislatura. E quali, realisticamente, possano essere risolti.

Sergio Fabbrini politologo, docente a Sociologia

Ci sono tutte le condizioni per governare; ora occorre, e qui la stampa dovrebbe fungere da stimolo, che la giunta renda espliciti i punti di programma, perché tali ancora non sono. La strategia della nuova giunta dovrebbe essere più modernizzazione con più solidarietà: per reggere la competizione con gli altri territori, mantenendo coesione sociale, equilibrio ambientale, diritti dei più deboli.

Come? Uno dei punti forti dovrà essere la ricerca scientifica, perché modernizzazione non può voler dire in Trentino industrializzazione tradizionale, bensì forte collegamento tra imprese e ricerca. L’altro punto forte dovrà essere la razionalizzazione della spesa, soprattutto sociale, per riuscire a mantenere ed ampliare la protezione sociale per non creare nuove fasce di povertà ed emarginazione. Questi gli obiettivi. Il governo provinciale ha tutti gli strumenti politici per realizzarli. Se non lo farà, non ci potranno esserci alibi.

Michele Andreaus professore associato di Economia Aziendale

Sarà un governo forte, e spostato verso il centro; stando ai principi esposti da Dellai, mi aspetto, rispetto alla precedente legislatura, un programma più spostato verso il sociale che non verso le strade, largamente già realizzate. L’altro punto dovrà essere intervenire in una situazione di rischio latente nel settore industriale, che altrimenti in un paio di anni potrebbe generare una serie di crisi; la Provincia dovrebbe operare sul contesto, creare le condizioni perché le imprese aumentino in efficienza. E questo oggi vuol dire andare oltre le infrastrutture viarie e lavorare sulla formazione, sul capitale umano, che oggi costituisce il vero valore delle imprese.

Un altro aspetto che dovrà essere chiarito è il ruolo delle società parapubbliche, come Trentino Servizi: se e come devono puntare al business o invece alla soddisfazione di interessi sociali; questo nodo non è stato finora affrontato e non è un bene. In definitiva auspico che la Giunta sappia far bene il suo lavoro.

Antonio Rapanà sindacalista della Cgil

Non sono particolarmente ottimista. Nell’Ulivo, lo spostamento a destra progettato da Dellai ha realizzato un notevole, indubbio successo. Il che pone alla sinistra una responsabilità enorme: elaborare una presenza più incisiva su alcuni nodi decisivi, irrisolti nella scorsa legislatura, quali il modello di sviluppo e le politiche ambientali; la scuola, dove il Trentino si è incredibilmente appiattito sulla riforma Moratti e la conseguente differenziazione tra studenti abbienti e non; la cittadinanza per i lavoratori immigrati nella prospettiva di una convivenza plurale, e anche qui nella scorsa legislatura non si è voluto/riusciti ad approvare la legge sugli immigrati... E soprattutto le politiche del lavoro, che devono affrontare la questione, ormai centrale, di una precarietà sempre più diffusa, alimentata dagli stessi Enti pubblici, attraverso le esternalizzazioni non controllate. Non sono ottimista, dicevo: da una parte c’è l’esperienza non entusiasmante (come dai casi che ho citato) della scorsa legislatura, e per di più ora avremo una nuova centralità delle forze moderate; dall’altra c’è la difficoltà della sinistra a dare risposte autenticamente progressiste. Per ovviare a questo io propongo che si costituisca un tavolo di confronto tra le forze della sinistra, aperto alle istanze della società: per immettere nell’azione istituzionale la cultura progressista.

Giovanni Pegoretti docente di Economia Politica, e presidente del Comitato di Indirizzo della Fondazione Caritro.

Il dato principale, e ovvio, è la stabilità della prossima legislatura e quindi l’operatività del Consiglio, cosa nuova rispetto agli ultimi dieci anni, durante i quali abbiamo avuto la politica bloccata mentre tutt’attorno la realtà galoppava. Un altro aspetto è la presenza di parecchi sindaci, il che può ostacolare una visione generale dei problemi, ma può anche dare una spinta all’evoluzione dell’Autonomia verso un decentramento dei poteri.

Nel merito invece dei problemi, per me il primo da risolvere è la "detrentinizzazione": capire che la società esterna si sta muovendo rapidamente, a causa di varie dinamiche, tra cui la globalizzazione. Per cui in Trentino abbiamo sì settori economici in grado di colloquiare e competere con l’esterno, ma altri che sono arretrati e si arrabattano cercando scorciatoie di tipo protezionistico. Ora, anche nella scorsa legislatura ci si è spinti sul fronte dell’internazionalizzazione e dell’innovazione (con sostegni sia a università e ricerca, sia ai settori economici perché innovino); la politica questa consapevolezza l’ha dimostrata, e in effetti questi adeguamenti sono stati messi in cantiere. Ma dall’altra parte – vedi una campagna elettorale tutta imperniata su falciatori, malgari, vecchiette all’arcolaio - ci si crogiola in un trentinismo culturale, uno stereotipo fossilizzato, che va molto oltre il doveroso ancoraggio a storia e tradizioni. Perché se è certo importante la presenza dei ricercatori di punta, è altrimenti o forse ancor più importante, per la competitività del sistema, la cultura diffusa, di massa. E qui io vedo un’arretratezza della classe politica, che sembra non preoccuparsi abbastanza dell’evoluzione culturale dell’insieme della società.

Gregorio Arena docente di Diritto amministrativo ed ex consigliere provinciale.

Il nuovo titolo quinto della Costituzione parla di sussidiarietà: una novità importante, che in provincia di Trento, con cinque anni di governo con una maggioranza così solida, può essere praticata. Si tratta da una parte della sussidarietà verticale, con la nuova rilevanza che vengono ad avere i Comuni (ora la prospettiva è ribaltata, le funzioni, le potestà sono dei Comuni, non è la Provincia a concedere quello che ritiene opportuno); sia la sussidiarietà orizzontale, ossia l’attivazione del protagonismo dei cittadini, ai quali la Costituzione ora riconosce un ruolo attivo e che ora possono diventare co-amministratori. Praticare queste sussidiarietà, in un Trentino dove c’è una lunga tradizione di attivismo civico, sarebbe un grande progetto, soprattutto in una situazione generale in cui è facile prevedere chiusure delle amministrazioni e conseguenti conflitti; e contribuirebbe a giustificare un’autonomia speciale altrimenti sempre più messa in discussione.

Certo, la Giunta provinciale uscente non ha dimostrato aperture su questo fronte, come quando ha varato una legge duramente contestata dall’assemblea degli Usi Civici. Ma ora i cittadini, forti della nuova copertura costituzionale, possono agire contro le chiusure delle amministrazioni. Ed auspico che il nuovo governo provinciale voglia collaborare e sperimentare, non chiudersi e confliggere.

Paola Giacomoni docente di Storia della Filosofia, ed ex consigliere comunale a Trento.

Innanzitutto le quote rosa: dopo il dimezzamento delle donne in Consiglio, la proposta di Margherita Cogo è da riprendere (pur se avversata dalla Margherita); non perché noi siamo una specie protetta, ma una risorsa ovunque nella società; tranne che nei posti dove c’è il potere.

Poi auspico una revisione in due campi: il primo la scuola, e l’accordo con la Moratti con cui Dellai ha voluto fare il primo della classe: c’è il rischio di uno stravolgimento del ruolo della scuola pubblica; il secondo, le privatizzazioni, approvate sia localmente che a Roma a cuor leggero (anche dalla sinistra); e che - basta andare sui treni oggi - vanno ripensate.

Infine proseguire nell’attuale politica di apertura della Provincia verso l’internazionalizzazione. E in quest’ottica impostare anche la politica culturale, con finanziamenti a progetti di largo respiro, possibilmente con una dimensione europea, piuttosto che i microcontributi. Un’ultima notazione sull’ambiente, risorsa indispensabile anche considerando le nuove forme che sta prendendo il turismo: di questo bisognerà tener conto, pur senza ideologie, sacralità o demonizzazioni.

Pietro Buccellato preside

Il piano generale mi aspetto una riaggregazione del panorama politico, ora così frammentato, e un diverso rapporto con i cittadini: oggi il cittadino critico viene avvertito non come risorsa, ma come un fastidio. E poi una reale cura dell’ambiente, del paesaggio urbano come fonte di bellezza e di identità riconoscibile, in coerenza con la nostra vocazione turistica: e questo non nelle immancabili dichiarazioni d’intenti ma, finalmente, nella pratica di governo.

Sull’argomento formazione ci vorrebbe un’azione coraggiosa dell’autonomia provinciale che desse anima all’autonomia scolastica; noi abbiamo un asse formativo segmentato, con settori (dalla materna all’università) che non interloquiscono tra di loro, privi di raccordi organici e punti di incontro. Il compito della politica sarebbe quello di dettare obiettivi che aggreghino le scuole, per formare una rete, un sistema, non un arcipelago anarcoide. Oggi non esiste una regia né provinciale, né comprensoriale. In questo quadro l’anticipazione della riforma Moratti della passata legislatura ha avuto il sapore dell’opportunità politica, più che dell’ambizione di sfruttarne la parte positiva per disegnare con coerenza percorsi formativi dalle superiori ai tre anni di università professionalizzanti.

Paolo Dorigoni imprenditore

Come prima cosa una questione civica: mi aspetto che i nuovi consiglieri provinciali risolvano la questione delle proprie pensioni, mettendole in coerenza con il più generale problema delle pensioni nazionali. Per le aziende, mi aspetto un censimento delle necessità di manodopera e una fissazione delle quote di immigrazione necessaria a livello provinciale, con azioni conseguenti, tra cui un adeguato piano casa. Quindi un analogo censimento per le professionalità mancanti, e un adeguamento a queste necessità della formazione professionale: il tutto naturalmente, in una visone a medio periodo. Infine e più in generale: che le disponibilità dell’autonomia vengano spese per il bene della comunità, non per il bene e buon nome (leggi vantaggi elettorali) di chi amministra.

Paolo Endrici imprenditore

Il Trentino è un’entità irrisoria rispetto al resto d’Europa: e allora vediamo che i pochi settori anche economici (ma non solo, penso all’Università) che hanno collegamenti europei, internazionali, sono competitivi; ma gli altri, che sono poi la maggioranza, sono deboli. E compito della politica dovrebbe essere quello di favorire e promuovere l’internazionalizzazione: perché il Trentino, storicamente ponte culturale ed economico, oggi rischia di essere by-passato. Infatti gli altri territori, o perché più grandi e quindi con maggior massa critica, o perché più dinamici, si sono avvantaggiati; mentre noi siamo rimasti fermi, anche per la stasi politica degli ultimi dieci anni. Cui questa legislatura dovrebbe porre finalmente termine.

Ermanno Monari segretario della UIL.

Innanzitutto la riforma della Pubblica Amministrazione: così come oggi è organizzata non può né svolgere efficacemente un ruolo di indirizzo, né fornire a costi contenuti servizi adeguati ai cittadini. Il che comporta che sia in discussione tanto la competitività del territorio, quanto l’esistenza di uno stato sociale che redistribuisca in maniera solidale la ricchezza prodotta. La riforma deve passare attraverso alcuni punti: abolizione dei comprensori (non sarà un problema tutelare l’occupazione dei dipendenti); ridefinizione delle competenze tra Provincia e Comuni consorziati; concentrazione della Pat nei compiti di indirizzo e regia, per permettere di promuovere lo sviluppo dell’insieme del territorio.

E come si può incentivare lo sviluppo, in un paese che peraltro attraversa una fase di declino? Rimuovendone le cause, che principalmente risiedono nell’inadeguatezza di ricerca e istruzione: in questi campi la Provincia, come riconosciamo abbia con Dellai già iniziato, può fare molto, facendo diventare ricerca e formazione alta un sistema unico, che possa consentire al Trentino una competitività a livello europeo.