“Situazioni Trentino Arte”: oltre l’identità trentina
Al nuovo Mart, lo screening dell'arte trentina. Oltre le immancabili polemiche, la scontata domanda: esiste ancora una specificità trentina? A noi pare proprio di no.
Erede ideale di "Situazioni. Arte in Trentino dal ’45" (1988) prima e di "Correnti ed arcipelaghi" (1995) poi, il nuovo screening del fare arte in Trentino riprende da quest’ultima esposizione la pedissequa suddivisione in capitoli ideata da Luigi Serravalli.
L’appuntamento era da molti atteso, soprattutto dalla critica - per visionare la nuova mappatura dell’arte trentina -, e dagli artisti, desiderosi di superare le colonne d’Ercole delle sale del nuovo Mart, finora inaccessibili - se si escludono i nomi illustri di Depero, Segantini, Melotti e pochi altri - agli artisti locali. L’accesa querelle, immancabile prologo ad eventi espositivi ove i nomi da escludere dalla lista dei censiti sono molti, è stata un’importante occasione di discussione, tra la bega condominiale e la discussione dall’alto profilo culturale; a noi è parso che alla fine si sia fatta comunque una buona selezione (a parte qualche spiacevole mancanza, come Wolf - stranamente presente, però, nelle biografie del catalogo -, Postal e Debiasi), senz’altro migliore del bazar di Palazzo Trentini, ove a pesare è stata soprattutto la sproporzione tra spazio a disposizione e numero delle opere (vedi “Arte trentina”: 118 opere in cerca di un punto di vista).
Terminato il percorso, viene da chiedersi se esista ancora, come in passato, una specificità trentina del fare arte. A noi è parso di no. L’identità territoriale ha lasciato il posto al mero territorio geografico. La realtà che ci circonda, e che circonda tanto più gli artisti, persone per natura più dotate di sensibilità, è oramai caratterizzata da una comunicazione e da linguaggi in eterna mutazione, culturalmente nomadi. Questa internazionalizzazione dell’espressione è certamente più visibile in opere di artisti che operano sul multimediale, come Cagol, de Manincor (il suo "Da nero a nero-tempo per pensare", nonostante appaia più come un cortometraggio che come opera di videoarte, è forse una delle cose più meritevoli della sezione) e Fasoli m&m, locali dal linguaggio globale.
Ma se questo è l’explicit dell’arte trentina, il percorso espositivo prende avvio da un omaggio ad alcuni maestri, autori di capitoli imprescindibili dell’arte contemporanea trentina. In mostra colpiscono in particolar modo le cinque opere di Schweizer (nessuna delle quali, purtroppo, riprodotta in catalogo) e i molti lavori della Seppi (ben nove bronzi, oltre a quattro opere in vetro ed acciaio). Seguendo le linee guida di Serravalli, tra le opere che desideriamo segnalare, nella sezione "pittura-pittura" sono i lavori di Bressan, che presenta policrome superfici divise tra l’opaco del supporto-legno ed il traslucido del vetro, mentre tra nuove e vecchie astrazioni ci sono piaciute in particolar modo le trasparenze luminose di Cappelletti, il colore composto di Giongo, le vibrazioni cromatiche di Mazzonelli, ma anche il monocromo, l’ombra su nero di Pellegrini.
Tra i pochi figurativi sopravvissuti, Salvati presenta forse le forme meno consunte del narrare, d’un fare fresco e vagamente pop che ricorda l’essenzialità di un pittore come Donald Baechler. Seppur non presenti grosse novità, la pittura di gesto rinnova il fascino psichico e alchemico dell’energia creativa, in particolar modo nei lavori cromaticamente vivaci di Bernardi e Fruet, nonché nel lirismo espressivo di Tait.
Tra le installazioni, segnaliamo quella di Orsingher, che con pietra ed acqua suscita un senso di piacevolezza zen. Nulla di particolarmente entusiasmante nella sezione primitivismo, mentre segnaliamo, per concludere, le accumulazioni (pittoriche, ma anche plastiche) di Rocca e, infine, le sculture di Forchini, Lome e Bruschetti,
Ideale completamento all’esposizione del Mart è la visita alle cinque opere d’arte ambientale sparse nel centro di Trento, delle quali parliamo nell’articolo a fianco.