Contro le nuove schiavitù
La lotta alla tratta di esseri umani: strumenti repressivi e proposte di riforma
La tratta di esseri umani rappresenta un settore criminale ancora poco conosciuto. Alcune delle sue caratteristiche, nell’attuale era della globalizzazione, rendono problematico ogni tentativo di intervento volto a contrastarne la diffusione, già considerevole a livello mondiale. La gestione dei flussi migratori illegali rappresenta un vero "mercato nero" nelle mani della criminalità organizzata transnazionale. L’Italia è direttamente interessata dal fenomeno, in quanto "frontiera d’Europa", quindi crocevia dei traffici internazionali ma anche meta finale.
La repressione penale costituisce uno degli aspetti della strategia di lotta promossa a livello nazionale oltre che internazionale. Essa mira ad individuare, processare e punire gli autori dei reati finalizzati alla tratta, recuperandone per quanto possibile i profitti. Per fare ciò è necessario disporre di uno specifico impianto normativo che, da una parte, preveda norme penali ad hoc con sanzioni efficaci e proporzionate alla gravità dei reati e, dall’altra, fornisca alle autorità giudiziarie gli strumenti investigativi e processuali più adeguati.
Un passo importante in questa direzione è stato compiuto con l’emanazione dei due Protocolli Supplementari alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la Criminalità Organizzata Transnazionale, firmati a Palermo nel dicembre 2000. Il primo Protocollo tende a contrastare la tratta di persone a scopo di sfruttamento (trafficking in persons), mentre il secondo si indirizza al traffico di migranti (smuggling of migrants). Essi sono stati concepiti nell’ottica di colmare una lacuna della normativa internazionale in questo campo fornendo un modello di riferimento per le legislazioni nazionali.
L’attuale normativa italiana in materia presenta un panorama complesso ed eterogeneo. Non esiste infatti nel nostro ordinamento una legislazione organica appositamente concepita, né un reato specifico per la tratta di esseri umani. Ciò non significa che l’Italia sia sprovvista di strumenti per punire i trafficanti. La disciplina applicabile risulta infatti dall’intersecarsi di una pluralità di fonti normative differenti. Questa frammentarietà è tuttavia causa di inefficienze del sistema di giustizia penale. I trafficanti vengono puniti per alcuni episodi isolati, non ricevendo un trattamento sanzionatorio adeguato alla gravità della condotta. Le imputazioni sono formulate per singoli reati come, ad esempio, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, la riduzione in schiavitù o lo sfruttamento della prostituzione, senza che venga colta la complessa visione d’insieme del fenomeno criminale.
Una riforma in tal senso è già stata avviata. Lo scorso 26 febbraio è stato approvato dal Senato un disegno di legge proposto dal Governo, d.d.l. n. 885, contenente alcune modifiche al codice penale, tra cui l’introduzione di una nuova fattispecie di reato all’art. 602-bis,ovvero il delitto di"tratta di persone". Il testo affronta il tema delle nuove schiavitù insieme a quello della tratta in una prospettiva allargata quanto alle finalità perseguite dai soggetti criminali ("al fine di sottoporla a schiavitù o al lavoro forzato o all’accattonaggio o a sfruttamento di prestazioni sessuali o al prelievo di organi") e alle modalità di trasferimento ("costringe o induce una o più persone a fare ingresso o a soggiornare o uscire dal territorio dello Stato o a trasferirsi all’interno dello stesso"). In questo senso il disegno di legge esprime la volontà del Governo italiano di dare piena attuazione al Protocollo contro la tratta allegato alla Convenzione di Palermo.
Una svolta decisiva nella lotta contro i trafficanti di persone si avrà con l’attribuzione alle Direzioni Distrettuali Antimafia della competenza alle indagini, prevista dalla riforma. Questi uffici specializzati del Pubblico Ministero, coordinati a livello centrale dalla Direzione Nazionale Antimafia, si occupano delle investigazioni in caso di reati di particolare gravità, come quelli commessi da associazioni di stampo mafioso, o di reati tipicamente transnazionali, come il contrabbando di sigarette e il traffico di stupefacenti. Lo scopo è quello di migliorare l’efficacia della risposta repressiva grazie all’utilizzo di sofisticate tecniche e metodi di investigazione e alla cooperazione giudiziaria internazionale. Tale orientamento legislativo appare opportuno, dato il carattere transnazionale riconosciuto ai gruppi criminali e alle attività finalizzate alla tratta di persone. A maggior ragione se si considera il "valore" dei beni trafficati, enormemente superiore a quello di qualche cassa di sigarette o di qualche carico di droga.