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Contro la violenza negli stadi: una legge legittima?

Quando un eccesso di garantismo rischia di rendere inefficace un provvedimento.

La Cassazione ritiene di aver trovato una falla nella legislazione contro la violenza negli stadi. Con ordinanza 26 gennaio 2002 n° 3060 la terza sezione penale della Corte ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 6, comma secondo, della legge 13 dicembre 1989 n° 401 in relazione all’art. 13 della Costituzione.

Il predetto art. 6, modificato in parte dalla legge 19 ottobre 2001 n° 377, prevede che contro il tifoso violento il Questore può prendere due provvedimenti:

1. il divieto di assistere alla competizioni sportive (per esempio partite di calcio) e di accedere quindi agli stadi;

2. comparire personalmente nell’ufficio di polizia competente nel periodo in cui si svolgono le manifestazioni sportive.

La Cassazione ha ritenuto che il primo divieto riguardi la libertà di circolazione (che non ha uno specifico e stringente scudo costituzionale), mentre il secondo tocchi la libertà personale, che è protetta dall’articolo 13 della Costituzione. Detta norma prescrive che solo "in casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l’Autorità di pubblica sicurezza può adottare (sostituendosi all’autorità giudiziaria) provvedimenti provvisori", che vanno poi sottoposti al giudice per la convalida, pena l’inefficacia.

L’art. 6, anche nella sua ultima formulazione, non contiene alcun accenno ai "casi eccezionali di necessità ed urgenza" e quindi la sostituzione anche provvisoria del Questore all’autorità giudiziaria nel disporre la comparizione personale del tifoso violento dovrebbe considerarsi illegittima.

Il ragionamento della Cassazione è formalmente ineccepibile, e tuttavia non sfugge all’impressione di essere ispirato da un garantismo estremo. Dispone infatti l’art. 6 che il provvedimento deve essere comunicato immediatamente al Procuratore della Repubblica, il quale deve, entro 48 ore, chiederne la convalida al G.I.P. (giudice per le indagini preliminari), il quale deve disporre o negare la convalida entro le 48 ore successive. I ristretti termini di tempo rimandano a quelli dell’art. 13 della Costituzione e quindi ai casi di necessità e urgenza che restano di competenza dell’autorità giudiziaria. Inoltre la prescrizione del Questore "ha effetto (così dice la legge) a decorrere dalla prima manifestazione (sportiva) successiva alla notifica all’interessato", e praticamente coincide con le decisioni dell’autorità giudiziaria.

Se è vero dunque che in rarissimi casi l’efficacia pratica del provvedimento del Questore può precedere la convalida, nella maggior parte dei casi ciò non avviene dato che l’intervento del PM deve avvenire entro 48 ore e quella del G.I.P. entro le altre successive 48 ore. Inoltre l’interessato deve essere avvertito che ha la facoltà di presentare, anche tramite avvocato, memorie e deduzioni a sua difesa al G.I.P. prima che questi decida. Infine le prescrizioni imposte dal Questore cessano di avere efficacia se il G.I.P. non ne dispone la convalida nel tempo brevissimo di 48 ore.

Come deciderà la Corte Costituzionale? E’ difficile prevederlo. Al legislatore comunque non costerebbe nulla aggiungere all’art. 6 comma 2° dopo "il Questore può prescrivere" le parole "in casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati espressamente dalla legge".

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