Italia Nostra nella Piana Rotaliana
Centro commerciale, PRG di S. Michele, convitto dell’Istituto Agrario... Le ultime battaglie dell’ associazione ambientalista.
Italia Nostra ha decisamente preso a cuore alcuni problemi della piana Rotaliana. Si tratta ovviamente di questioni che riguardano la salvaguardia dell’ambiente ma, come si vedrà, con risvolti che interessano qualche sperpero di denaro pubblico.
Nel corso dell’estate l’associazione è più volte intervenuta, ad esempio, sul grande centro commerciale che si vorrebbe costruire ai piedi di Castel Montereale ed ha invitato pubblicamente le amministrazioni comunali di Faedo e S. Michele ad attivarsi maggiormente per la tutela del loro territorio, che presenta alcuni tratti (in particolare la zona collinare dei vigneti) degni di attenzione. Italia Nostra, come riportato nella scheda a fianco, nel tentativo di smuovere le acque ha perfino presentato degli esposti con tanto di nomi e cognomi per denunciare una situazione, quella del centro commerciale, in cui il ruolo avuto da alcuni tecnici non è chiaro: "Eticamente non è il massimo" - ha ammesso l’assessore provinciale Roberto Pinter, commentando l’esposto. Tra le altre coincidenze anche il fatto che uno dei proprietari dei terreni oggetto dell’investimento commerciale nonché progettista del capannone è stato per vari anni (almeno dal 1990 al ‘95, periodo nel quale il piano di fabbrica veniva modificato) tecnico di fiducia del comune di Faedo.
E proprio in questi giorni la vicenda ha trovato una prima, provvisoria conclusione, con la Provincia che ha bocciato il progetto così com’è.
Italia nostra si è poi spesa su altre vicende locali: dal piano regolatore di S. Michele che in sede di revisione ha esteso oltre ogni buon senso l’area artigianale-commerciale, alla paventata realizzazione di un nuovo collegamento stradale sulla collina di Faedo. Contro ognuna di queste iniziative l’associazione ha inviato puntuali osservazioni e proposte a tutti gli organi competenti, Provincia innanzi tutto. Ma è presto per dire con quali risultati concreti. Un fatto è certo: nonostante una buona copertura giornalistica assicurata da L’Adige e più modestamente da QT, scarseggiano gli alleati nelle battaglie dell’associazione ambientalista. A parte alcune apprezzabili eccezioni (contro la costruzione si è ovviamente pronunciato anche il WWF) come la coraggiosa opposizione al mega centro commerciale portata avanti dall’amministrazione comunale di Faedo, prevale il silenzio, spesso interessato. Tuttavia, qualche piccolo risultato sembra già raggiunto: il previsto collegamento stradale tra Faedo e S. Michele pare non sia destinato a tradursi nell’ennesimo nastro d’asfalto, ma diverrà una strada ad uso prevalentemente agricolo e con fondo in terra battuta e pietra naturale.
In questi giorni l’associazione torna alla carica a proposito della vicenda del nuovo convitto dell’Istituto Agrario provinciale. Dal fotomontaggio che pubblichiamo è facile intuire le ragioni della contrarietà di Italia Nostra all’iniziativa: il nuovo convitto, una costruzione moderna alta quasi 14 metri e del volume di oltre 15.000 mc. (paragonabile ad un condominio di quaranta appartamenti) dovrebbe sorgere a poche decine di metri e in posizione sopraelevata rispetto all’antico convento agostiniano, originaria sede dell’Istituto Agrario fondato da Cecco Beppe nel 1874, destinata ad un radicale quanto delicato restaruro. Il monastero fortificato sorge sullo scoglio roccioso che sbarrava naturalmente la valle atesina e controllava la strada all’imbocco della Val di Non. Documentato a partire dal 1145, pur avendo subito radicali trasformazioni, esso rappresenta assieme alla chiesa seicentesca una straordinaria testimonianza storica di alto valore paesaggistico è . Fu convento dei padri agostiniani, sotto il patronato diretto dei conti del Tirolo. Ospitò per alcuni giorni l’imperatore Massimiliano I, che allora concesse a S. Michele il titolo di borgata. L’antica abbazia agostiniana rappresenta inoltre il logo dell’Istituto Agrario. Ora, come si vede dall’immagine, la costruzione del nuovo convitto, alta e voluminosa, le cui dimensioni risulteranno ancor più esaltate dalla posizione collinare, cancellerà definitivamente, oltre al sottostante campo sportivo (che vale pur sempre qualche miliardo), una delle vedute più caratteristiche dell’Istituto Agrario che è spesso riprodotta fotograficamente dalla stampa locale ad illustrazione di articoli che dell’Istituto trattano.
Se la Provincia procederà come da progetto, la costruzione del convitto comporterà l’eliminazione del campo di calcio utilizzato dalla locale squadra di calcio. Dovrà quindi essere realizzato prima di tutto un nuovo campo sportivo: 4,3 miliardi, oltre al valore del terreno agricolo, più di un ettaro e mezzo, destinato ad ospitare la nuova struttura sportiva. Serviranno anni di lavoro e tanto danaro e intanto gli studenti continueranno la trasferta. Infatti, gli studenti che soggiornavano nelle austere stanze del convento agostiniano sono ancora (è già il quarto anno) ospitati in un albergo di Salorno e trasportati giornalmente a S. Michele con un servizio di autobus per un costo annuale di circa 800 milioni l’anno.
Italia Nostra vuole sapere anche perché il progetto del 1990, che prevedeva di collocare il convitto in una posizione paesaggisticamente defilata, non è stato preso in considerazione, e se sì, perché è stato scartato.
Il problema del convitto non è nuovo: su richiesta dell’allora direttore dell’Istituto, prof. Attilio Scienza, la Giunta provinciale dell’epoca aveva già approvato un progetto, con tanto di plastico, che collocava il nuovo edificio dietro la parte moderna dell’Istituto, quella che attualmente ospita le aule scolastiche e i laboratori. Poi era sorto il sospetto che nell’area destinata alla costruzione vi fossero ruderi di interesse archeologico, per cui di lì a pochi mesi, con una successiva deliberazione, la Giunta provinciale bloccò tutto. La questione venne però risolta poco dopo con alcuni sondaggi che confermarono trattarsi di un falso allarme.
Italia Nostra si chiede anche se il nuovo convitto non possa trovare ospitalità all’interno dei volumi, opportunamente trasformati, che attualmente sono poco o niente utilizzati, come la stalla e i magazzini dell’Istituto stesso.