Cosa accade in Algeria?
Cosa accade in Algeria? Da tre mesi ormai la Cabilia è in rivolta e il potere centrale di Algeri sembra impotente a domarla. La Cabilia è una regione importante ed è abitata da Berberi, che pur essendo mussulmani non sono arabi. Cosa vogliono? L’autonomia? Il diritto di parlare la lingua madre? Ci si chiede in altre parole se si tratta di una rivolta etnica su base autonomistica, oppure se è diventata un’altra cosa. La questione non può lasciarci indifferenti o distratti, come parrebbe leggendo i giornali (la TV è addirittura muta), dato che l’Algeria si trova a poche centinaia di chilometri da noi sull’altra sponda del Mediterraneo, e con essa abbiamo stretti rapporti commerciali, primo fra tutti la fornitura di gas metano.
Gli eventi odierni hanno come punto di partenza due tragici fatti: il 25 giugno di tre anni fa veniva assassinato dal regime militare Lounes Matoub, il più noto e amato cantante della Cabilia, simbolo dell’orgoglio dell’etnia berbera. Da allora è nata una crescente e inarrestabile protesta contro il potere di Algeri, che il popolo berbero vede ormai come un intreccio tra mafia politico-affaristica e Forze Armate.
Il secondo evento è l’uccisione per arma da fuoco di Mohamad Guermah, avvenuta in circostanze misteriose nella gendarmeria di Beni Duala il 18 aprile di quest’anno. La morte del giovane berbero, che in lingua Tamazigh si chiamava Massinissa, ha scatenato la collera a lungo repressa e anche la fede in una possibile riscossa. I Berberi sono molto sensibili ai simboli: Massinissa è il nome di colui che 200 anni prima di Cristo divenne re della Numidia sconfiggendo Cartagine. Dopo l’uccisione di Mohamad Guermah vi furono la imponente "marcia nera" di Tizi Ozou il 21 maggio di quest’anno che vide radunate 500.000 persone, e la successiva manifestazione del 31 maggio che paralizzò Algeri.
Oltre alle originarie rivendicazioni autonomistiche e identitarie (lingua berbera, scuola berbera, amministrazione berbera) nei due grandi cortei sono comparsi per la prima volta migliaia di cartelli inneggianti alla democrazia e al pluralismo culturale e linguistico. Sembra dunque che vi sia un passaggio di fase. Da fatto locale la rivolta berbera diventa fatto nazionale e mette in discussione il potere di Bouteflika e dei generali.
Il prossimo appuntamento del 25 giugno, terzo anniversario della morte di Lounes Matoub potrebbe essere la prova del fuoco, e l’Algeria potrebbe, grazie ai Berberi, ritrovare l’antico spirito di libertà che la guidò nella lotta contro la Francia.
I Berberi hanno una lunga tradizione di lotta per la democrazia. Prendendo in considerazione soltanto gli ultimi vent’anni, va ricordato che nel 1980 esplose la "Primavera della Cabilia" contro il tentativo del Fronte di Liberazione nazionale, allora al potere, di imporre l’arabizzazione forzata in tutto il paese. Da quella vivace opposizione nacquero i successivi movimenti libertari e democratici che portarono al successo del multipartitismo nel 1989 e alle prime elezioni libere nel 1991. Tutto fu poi bloccato, come è noto, dal golpe militare del 1992. Da allora i Berberi sono stati le principali vittime dello scontro fra i generali e gli integralisti islamici.
Oggi la nuova primavera berbera fa sperare in cambiamenti radicali. Non è chiaro al momento il gioco dei generali algerini che si dicono impotenti a riportare l’ordine in Cabilia e nella stessa Algeri: dichiarazione alquanto sorprendente in bocca a dei militari. Da parte sua, il presidente Bouteflika ha annunciato le dimissioni, ma non le ha ancora date. Il Fronte islamico si dichiara contrario alle rivendicazioni berbere, ma non sembra dare alcun appoggio concreto alla repressione. Nessuno al momento può prevedere quello che succederà.
E’ un elemento di speranza che in tutte le manifestazioni le donne berbere si trovino in prima fila, con tutta la loro carica emotiva e la loro dolorosa esperienza di madri e di mogli. Non è escluso che proprio dalle donne il popolo algerino venga riportato sulla strada della democrazia.