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L’uranio e la Costituzione

L’uso dei proiettili ad uranio impoverito può provocare la leucemia. In questo periodo i giornali sono pieni di titoli contro "il metallo del disonore", contro "l’uranio che uccide". Durante la guerra del Golfo, poi in Bosnia e in Kossovo i cacciabombardieri Usa hanno fatto largo uso di quest’arma, efficacissima nel penetrare le corazze dei carri armati e ogni genere di blindatura. Al momento dell’impatto il grande calore polverizza in parte il metallo che si disperde nell’aria, nell’acqua e sulla terra. Se la polvere in sospensione viene respirata, un forte agente cancerogeno penetra nell’organismo. Le particelle radioattive si fissano per sempre nelle ossa, irradiano il midollo spinale ed entro un anno comincia il processo tumorale.

Solo nell’area di Pec Diakovica in Kossovo gli americani hanno lanciato migliaia di proiettili contro l’esercito serbo, ed è in quella zona che dall’estate 1999 operano i 5.000 uomini del contingente italiano fra cui si sono verificati i primi casi di leucemia, le prime morti sospette. Le indagini stabiliranno se esiste il nesso di causalità o meno. Non ho motivo di dubitare dell’onesta promessa del ministro Mattarella.

Ciò che ora mi preme sottolineare è che la NATO ha utilizzato armi nocive non solo per i militari e i civili serbi, ma anche per le stesse truppe alleate. Non può sfuggire la singolarità: un conto infatti è tentare di colpire il bersaglio nemico restando indenni, altro conto è usare un arma boomerang che può danneggiare anche i propri uomini. Utilizzando proiettili ad uranio impoverito la NATO ha prodotto una doppia illecita situazione di pericolo: nei confronti (quanto meno) dei civili serbi innocenti (fra cui i bambini), e nei confronti dei propri militari. La radiazione cancerogena contenuta nelle polveri dell’uranio non può infatti essere considerata un "effetto collaterale" (cioè non voluto e non previsto). Si sapeva da tempo quali potevano essere le conseguenze, almeno dalla guerra del Golfo, dove a causa dell’uranio sono morti migliaia di bambini secondo una recente dichiarazione del nostro Ministero degli Esteri. Per questa ragione "L’Osservatorio delle Forze Armate" ha parlato di "tradimento" in danno dei nostri soldati.

La cosa sorprendente e riprovevole non è tanto l’aver occultato il rapporto causa-effetto tra uranio e leucemia (che nel caso specifico dei militari italiani va provato), ma il fatto che si taccia la natura criminale dell’uso di questi proiettili boomerang. Come potrebbe essere diversamente definito il bombardamento (voluto, consapevole) di un proprio reparto? Non vedo altro termine che "crimine di guerra".

Nell’emozione del momento questo aspetto sfugge, o viene rimosso. L’opinione pubblica ha questa percezione: nell’ambito di una guerra legittima l’uso dell’uranio è stato un episodio spiacevole, in quanto le sue conseguenze sono state tenute nascoste, i militari non sono stati adeguatamente informati, e successivamente non sono stati eseguiti periodici controlli medici.

Tutto vero, ma non è questo il punto. L’utilizzazione dei proiettili ad uranio impoverito va invece considerato come un crimine all’interno del crimine più grande che è stata la recente guerra balcanica.

Se l’uranio provoca la leucemia, la violazione delle norme di diritto internazionale e della Costituzione provoca l’anemia democratica. Prima di decidere la partecipazione alla guerra il popolo italiano non è stato consultato, il Parlamento non ha deliberato, il Capo dello Stato è rimasto in silenzio. Le violazioni degli articoli 11, 78 e 87 della Costituzione sono state macroscopiche. La guerra non dichiarata e priva dell’esplicita autorizzazione del popolo ha inferto una ferita profonda nella carne viva della democrazia, provocando una sorta di anestesia morale. Una limpida autocritica, un chiaro riconoscimento dell’errore commesso sarebbero molto più convincenti delle attuali interrogazioni parlamentari, degli allarmati articoli sui giornali e delle risposte prudenti del ministro Mattarella.

Ma evidentemente la classe dirigente (di Governo e di opposizione) esprime una politica, una strategia e una cultura sempre più lontana dai principi della Costituzione (vorrei tanto sbagliarmi). Se si può fare una guerra senza interpellare i cittadini nelle forme previste dalla legge, che altro non si può fare? Tutto diventa possibile in un orizzonte privo di regole, entro cui valgono solo gli interessi di mera potenza.

Se uranio è uguale a leucemia, la violazione (rimossa, non riconosciuta) della Carta fondamentale della Repubblica provoca anemia democratica. E’ giusto allarmarsi per le morti sospette dei nostri giovani militari, ma bisognerebbe anche domandarsi perché sono stati mandati in guerra, con quale autorizzazione e con quali prospettive.

La Repubblica è di tutti (res-publica), non solo di chi ci governa, che spesso e volentieri non vuole rendere conto delle proprie azioni.