L’armadio del disonore
15.000 vittime che da oltre cinquant’anni aspettano una giustizia negata per ragioni di opportunità politica.
Fra le relazioni che hanno inaugurato l’anno giudiziario 2001 una delle più interessanti è stata senza dubbio quella del procuratore generale militare Vindicio Bonagura, svolta a Roma alla presenza dei vertici delle Forze Armate, dei massimi magistrati militari e del Ministro della Difesa on. Sergio Mattarella.
Le notizie fornite dal dott. Bonagura non sono del tutto nuove, in parte erano trapelate in passato e ne avevano scritto i giornali. Nuovo e determinato invece è stato l’annuncio di voler riaprire "l’armadio della vergogna" e di voler portare fino in fondo le indagini sui crimini di guerra compiuti nel periodo 1943-45.
Quando stava indagando su Priebke, il procuratore militare Antonio Intelisano scoprì per caso negli uffici giudiziari militari centrali un armadio messo con le porte contro il muro. Dentro c’erano 695 fascicoli, tutti con il numero di registro, i nomi delle vittime, degli indiziati e delle fonti di prove (rapporti dei Carabinieri, denunce di privati, testimonianze, ecc.).
Ogni fascicolo contiene, secondo le parole del dr. Bonagura, "notizie circostanziate e documentate di crimini ed eccidi compiuti in Italia tra il ‘43 e il ‘45 dalle Forze Armate tedesche". Per fare qualche esempio, tra quei fascicoli c’è la strage di Sant’Anna di Stazzema (560 morti), l’eccidio del campo di concentramento di Bolzano (50 fucilati), quello di Fossoli (66 morti), quello di Torlano (33 uccisi, fra cui 11 bambini fra i due e i quindici anni di età), e altri. Complessivamente 15.000 vittime, la cui storia non è mai stata scritta, i cui assassini non sono mai stati cercati nonostante ci fossero gli indizi e le prove per arrivare ai colpevoli. Su ciascuno dei fascicoli era stato messo il timbro "provvisoriamente archiviato". Poi l’armadio era stato voltato con le porte verso il muro e tutto era affondato nella dimenticanza. L’armadio della vergogna si trasforma così nella immagine della ‘collina del disonore": un cumulo di macerie e di terra, di case distrutte o bruciate, di 15.000 lapidi immaginarie che corrispondono a 15.000 cadaveri reali, i quali accusano dalle tenebre dell’oblio.
Come è stato possibile? Il procuratore generale Bonagura non ha dubbi, cita nella sua relazione la corrispondenza fra il Ministro della Difesa di allora e il Ministro degli Esteri che così si scrivevano: "In un periodo caratterizzato dalla necessità politica di valorizzare il ruolo della Germania del dopoguerra, è consigliabile evitare iniziative suscettibili di alimentare la polemica sul comportamento dei soldati tedeschi". Fu così che l’armadio della vergogna fu voltato contro il muro. Le conclusioni del dott. Bonagura sono inequivocabili: "I responsabili (del silenzio) ci sono e vanno individuati in quegli esponenti di Governo che nel dopoguerra hanno fatto prevalere la Ragion di Stato alla legge". Ma ora "basta con l’inammissibile inerzia del passato. Bisogna andare fino in fondo", bisogna rendere giustizia ai 15.000 italiani, uomini, donne, spesso donne e bambini trucidati in prossimità del fronte dalle SS e dai corpi speciali repubblichini. Non è solo per tener viva la memoria degli orrori del passato, ma per una questione di principio, che in uno Stato di diritto non dovrebbe mai essere dimenticata.
La magistratura militare ha già dimostrato di voler far seguire i fatti alle parole. Recentemente sono stati celebrati tre processi, che si sono conclusi con la condanna all’ergastolo.
Da parte sua la Commissione Giustizia della Camera ha disposto un’indagine conoscitiva per accertare chi in ltalia ha potuto decidere, violando la legge, che 15.000 italiani vittime dei nazifascisti potevano essere tranquillamente dimenticati. 0, come sarcasticamente scrive Claudia Fusani, "temporaneamente archiviati".