Roccolo: famigerato e fallimentare
In un mese catturati 1 merlo, 3 tordi e 2 cesene. Il crudele marchingegno sembra che non funzioni. E anche se funzionasse...
Il famigerato roccolo lo si raggiunge facilmente percorrendo la strada da Cortesano ai masi Saracini, sulla collina di Trento verso Lavis. Sistemato quasi in cima a un dosso che da un lato scivola verso la Val d’Adige e dall’altro si apre su una valletta, si allunga con rete a semicerchio per 70 metri. Il presidente Dellai, delega sulla caccia in mano, ha scucito 25 milioni per farsi affittare il dosso dai proprietari, i Sassudelli, per l’acquisto della rete, il restauro del gabbiotto di osservazione, il taglio di alberi, i soldi per la sorveglianza della rete cui sono addette due persone, il sig. Gretter che percepirà un forfait e il sig. Casagranda, dipendente del servizio forestale distaccato con ordine di servizio. Non è dato sapere se Casagranda sia compreso nei costi.
Per gli uccelli il dosso è in posizione strategica perché da lassù possono tener sotto controllo il terreno circostante ben coltivato, notare predatori o presenze sgradite e in caso di pericolo scappare via volando tra le fronde.
Il roccolo qui non è una novità e più che di nuovo allestimento bisogna parlare di ripristino di uno vecchio. Funziona in modo classico: non appena un certo numero di uccelli (ma visto l’andazzo delle catture nelle prime tre settimane ne basta anche uno solo) si poggiano presso il roccolo, i sorveglianti li costringono a volar via agitando uno spaventapasseri. Gli uccelli tentano la fuga lanciandosi verso il basso perché così è più facile per loro prendere velocità, ma è proprio qui che vengono intercettati dalla rete: voilà.. il gioco è fatto! Gli addetti si avvicinano e li sbrogliano mentre disperati si attorcigliano sempre più nella trama della rete. "Liberati" e messi in gabbia, vengono portati alla fine di ogni settimana al Casteller per essere inanellati e, più avanti, affidati ai cacciatori che, dopo averli infilati nel bagagliaio dell’auto, se ne vanno. Il roccolo è in attività dal lunedì al venerdì mentre nel fine settimana lascia spazio ai cacciatori nel vicino capanno. Questi arrivano il sabato mattina, collocano le gabbiette sulle pergole attorno al capanno e si preparano a tirare fucilate, ma pare che due giorni non siano sufficienti per mettere assieme "na bela magnada de polenta e osei". Sono scontenti di questi turni, ma una legge impone una distanza minima tra roccolo e capanno, che qui non c’è.
Ma sul campo, quali i risultati concreti delle prime quattro settimane? Ben pochi, in verità, tanto da far pensare più ad uno spaventapasseri che ad una trappola per uccelli. Prima settimana: un merlo. Seconda: niente. Terza: 2 merli, 3 tordi sasselli, 2 cesene. Quarta: niente.
Colpa del tempo, assicurano i tecnici, che contano di rifarsi nella quarta. Ma a quel punto sarà possibile solo la cattura di cesene: merli e tordi caduti nella rete dovranno subito essere liberati. Così ha imposto l’INFS (Istituto Nazionale Fauna Selvatica), cui spetta il rilascio delle autorizzazioni per allestire roccoli a vario titolo in giro per l’Italia. L’istituto, nel concedere solo 500 catture, ha anche ribadito l’aspetto assolutamente sperimentale dell’operazione.
Fin qui l’operazione roccolo nelle sue misere dimensioni, ma ora lasciamo spazio a qualche dubbio, il primo dei quali riguarda il numero di addetti al roccolo: è indispensabile un presenza assidua per evitare lunghe permanenze degli uccelli nella rete con conseguenti ferite gravi, perdita di penne o soffocamento. I due di Cortesano sono sufficienti a garantire interventi rapidi e sicuri? Tanto per un confronto, il roccolo allestito a scopi statistici dal Museo di scienze alla foce dell’Avisio è seguito da 7-8 persone.
Una considerazione numerica: se gli uccelli in mano ai ben 4.000 appassionati di caccia al capanno sono 17.000, a cosa ne serviranno 500? A spingere i cacciatori a procurarsene altri da sé?
Gira voce che, ben che vada, al 31 dicembre (data di scadenza dell’accordo coi Sassudelli) le catture ammonteranno a 2-300 esemplari, per lo più cesene, contro i 500 concessi dall’Infs, i 1000 previsti dalla delibera Dellai, i 2000 ipotizzati dai cacciatori, i 2380 richiesti con nome e cognome da 550 cacciatori ed i ben 17.000 al momento legalmente in mano ai cacciatori "ufficiali", per non parlare di quelli non censiti.
E allora, perché incoraggiare questa tipo di caccia, lasciar intendere che in fin dei conti si può anche fare? Non era meglio predisporre invece controlli più serrati? Invece di sponsorizzare il roccolo non si poteva far cultura dell’ambiente?
Il roccolo non distingue tra uccelli, né tra maschi e femmine: chi lo farà?
Usciti dal cancello del Casteller, chi controllerà come vengono tenuti? Chi che non vengano scambiati? Chi li farà diventare uccelli da richiamo? Saranno messi "en muda" per far creder loro di essere in primavera invece che in autunno? In cattività poi gli uccelli rinchiusi in gabbiette non vivono a lungo, in genere non più di due anni: mezzo per cacciare e non fine di allevamento per il piacere dell’appassionato di voliere, vengono tenuti come attrezzi nei garage, in cantine, nel volt al buio e alla bell’ e meglio.
Nella caccia al capanno con richiamo vivo sono permesse catture di 4 specie (merlo, cesena, tordo e tordo bottaccio), ma come si è visto agli esami per licenza di caccia, vi sono cacciatori in grado di scambiare un cervo con un capriolo: cosa succederà con sospettosissimi uccelli a 30 metri, seminascosti tra le fronde ed in continuo movimento?
Si sparerà per verificare?
Tra gli stessi cacciatori c’è malcontento per i modi in cui è stata gestita l’intera faccenda: per le poche catture concesse (500 uccelli per 4000 cacciatori = 0,12 uccelli a testa), per la pessima ribalta avuta sulla stampa, per la concorrenza tra gli stessi cacciatori, per le assegnazioni al Casteller (2380 richieste per 500 uccelli concessi), per la pubblicità data ad un tipo di caccia particolarmente inviso: sparare ad uccelli come merli e tordi che abitano con noi le città, raccolgono le briciole, cinguettano sulle ringhiere dei nostri poggioli, si intrufolano tra le nostre gambe mentre camminiamo è ormai ritenuto odioso da tutti. Polemiche che hanno lasciato il segno anche nella famiglia Sassudelli, che pare non intenda rinnovare l’accordo per l’affitto del dosso.
Ultima annotazione: i 25 milioni spesi per i richiami serviranno per catturare a fucilate altri uccelli. E quelli che solo feriti verranno recuperati stremati da qualche passante?
Ci penserà naturalmente la Provincia ad ospitarli, sempre a sue spese, al centro delle Viote per un ciclo di cure: aria fine, buon cibo, premure, niente rischi fino al giorno della liberazione…
Allora sì che cominceranno i guai!
In concreto, il roccolo per delibera provinciale è servito a legalizzare un tipo di cattura divenuto illegale nelle coscienze di gran parte dell’opinione pubblica ed a fare un regalo ai cacciatori. In Veneto, Lombarda e Friuli gli uccelli da richiamo arrivano a costare 250 mila e più, qui sono ceduti a 30.000 contro un costo di produzione di 50.