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QT n. 1, 14 gennaio 2006 Servizi

Due regali di fine d’anno ai cacciatori

Il famigerato roccolo provinciale per la cattura di richiami vivi torna d’attualità.

Nati liberi, destinati al volo, dotati della meraviglia delle ali: sono bellissimi da vedere mentre volano e rendono le nostre vite più allegre, eppure il destino di tanti uccelletti selvatici di alcune specie è quello di essere catturati con le reti per finire la loro vita in gabbia, rinchiusi nelle cantine o in stanze buie per diversi mesi; e poi, in autunno, essere messi davanti ad un capanno di caccia e, illusi dalla luce improvvisamente ritrovata che sia finalmente primavera, cantare, attirando in tal modo verso gli spari del cacciatore altre piccole vittime di quel gioco crudele che è la caccia dal capanno con richiamo vivo.

Mentre per la maggior parte dei cittadini (come mostrano tutti i sondaggi effettuati negli anni da vari istituti di ricerca) la caccia risulta un’attività poco simpatica e comunque da regolamentare con maggior rigore, la Giunta provinciale di Trento ha semplificato ancora una volta la vita dei cacciatori (non quella degli animali), con una delibera (la n° 2896 del 30 dicembre 2005) che modifica le norme che regolano la detenzione dei richiami vivi. Promotore, il Presidente Dellai, che anche in questa legislatura si è tenuto la delega sulla caccia e presiede il Comitato Faunistico. Tutti i membri della Giunta hanno votato a favore, tranne Iva Berasi, assessore del gruppo verde.

La regola ora abolita prevedeva l’obbligo per il cacciatore di riconsegnare l’anello degli animali morti, affinché si evitasse di poterlo mettere a nuovi richiami ottenuti in modo difforme dalla legge. Si trattava, insomma, di un piccolo elemento di controllo in una pratica venatoria barbara e anacronistica, già di per sé suscettibile di scarse verifiche: infatti, chi mai va a controllare le condizioni reali delle creature, così maltrattate nelle loro gabbiette?

La cosa incredibile è la motivazione ufficiale che Dellai ha addotto nell’introduzione alla delibera portata in Giunta, e cioè: "La gestione a regime ha evidenziato delle obiettive difficoltà nell’aggiornamento del registro generale dei richiami vivi, connesse alla notevole mole dei dati da gestire ma, soprattutto, alla complessità, intrinseca al sistema, del passaggio delle informazioni di base, necessarie all’aggiornamento stesso, fra i vari livelli gestionali coinvolti. Pertanto, si ritiene opportuno adottare, per il reperimento dei dati statistici necessari a definire lo status del patrimonio dei richiami vivi provinciale, una procedura semplificata ma ugualmente efficace…".

La "notevole mole dei dati" significa che sono stimati circa 15-17.000 richiami vivi, ma vanno registrati solo i numeri degli anelli degli individui morti; si tratterebbe quindi di circa 500/1.000 dati all’anno, a farla larga! Cioè: l’uomo si appresta a sbarcare su Marte, ma la ricca Provincia di Trento non riesce a fare i conti in merito alle torture inflitte agli uccellini!

E quando (con linguaggio degno della peggior burocrazia) si parla di "complessità intrinseca del passaggio delle informazioni di base" si intende dire che riesce troppo difficile far parlare i cacciatori con l’Associazione Cacciatori, la quale, essendo l’ente gestore, deve passare quelle notizie al Servizio preposto in Provincia!

Giova qui ricordare che la legge nazionale e quella provinciale sulla fauna e caccia consentono (ma certo non rendono obbligatoria) la caccia dal capanno e anche l’attività di un impianto di cattura per uccelli; questo fu infatti il frutto di un faticoso compromesso fra società civile e cacciatori (gruppo minoritario in Italia come in Trentino: si tratta di meno del 2% dei cittadini) che portò alla legge nazionale negli anni Novanta.

Certo nessuno avvertiva però nel 2000 l’urgenza di attivare il "roccolo" provinciale (cioè una struttura pubblica che fornisse ai cacciatori dei richiami vivi), che invece venne attivato per vendere a prezzo politico le vittime-uccelli ai cacciatori. Fu allora infatti che sempre il Presidente Dellai lavorò con dedizione degna di altre cause nel Comitato Faunistico e poi in Giunta per far approvare e finanziare il roccolo, attuando così quell’articolo di legge che era rimasto solo un’ipotesi. Allora si sollevò una forte protesta e le associazioni ambientaliste raccolsero 4.000 firme (cioè qualcosa più del numero dei cacciatori capannisti) contro la caccia con richiamo, chiedendo di cambiare la legge, ma la Giunta non se ne curò.

Così non solo con denaro pubblico, in spregio alla comune sensibilità verso gli animali, si catturano e imprigionano delle bestiole, impegnando in questa attività del personale forestale che sarebbe invece prezioso per ben altri scopi, ma si rendono labili le regole che dovrebbero rendere questa forma di tortura almeno verificabile.

A completare il quadro, nella stessa seduta di Giunta si è anche approvata una eloquente delibera di proroga per mettere in regola i capanni di caccia (anche in questo caso i cacciatori godono del privilegio di costruire nei boschi e nei prati e anche su terreni privati dei capanni di appostamento, dai quali poco sportivamente sparano senza essere visti, per i quali ovviamente esistono norme di tipo urbanistico). E così scopriamo che "il Servizio Faunistico, di concerto con il Servizio Urbanistica, e con il coinvolgimento del Servizio Foreste, ha provveduto a formulare una proposta di criteri generali per l’allestimento degli appostamenti fissi, che la Giunta provinciale ha adottato con deliberazione n. 2844 di data 23 ottobre 2003.

Con il citato provvedimento la Giunta ha stabilito che gli appostamenti fissi di caccia non conformi ai prescritti criteri dovessero essere adeguati agli stessi entro il 30 giugno 2004. Successivamente, con deliberazione della Giunta provinciale n. 1387 di data 18 giugno 2004, tale termine è stato prorogato al 31 dicembre 2004, con deliberazione n. 3179 di data 30 dicembre 2004 è stato ulteriormente prorogato al 31 marzo 2005, ed infine con deliberazione n. 542 di data 25 marzo 2005 è stato portato al 31 dicembre 2005.

Considerato che lo scopo dell’Amministrazione è quello di assicurare la regolamentazione della materia relativa agli appostamenti fissi e la loro completa regolarizzazione su tutto il territorio della provincia, e che il periodo integrativo utile per la regolarizzazione degli appostamenti concesso dalle proroghe non è stato sufficiente a consentire l’adeguamento di tutte le strutture, si ritiene di proporre un’ulteriore proroga del termine al 31 agosto 2006".

In pratica, per mettere a posto delle cassette di legno abbarbicate sugli alberi, sono state concesse ben quattro proroghe, per un totale di due anni e un mese (considerato il fatto che fra la prima delibera e la data della prima vera scadenza vi era anche un lasso di tempo di 8 mesi).

In conclusione, fra un provvedimento e l’altro, due bei regali di fine d’anno ai cacciatori di cui proprio non sentivamo il bisogno.