Centro-sinistra: non si costruisce tacendo, nascondendo i problemi
Il consigliere regionale dei Democratici di Sinistra Vincenzo Passerini ci ha chiesto di pubblicare il testo di un suo intervento al coordinamento DS-Rete-Solidarietà del 13 ottobre scorso. Aderiamo volentieri a questa richiesta.
Sono più che mai convinto che o c’è una svolta, o il centro sinistra affonda. O c’è una svolta, o la sinistra perde l’ultimo residuo di dignità che le è rimasto; o c’è una svolta, o continueremo ad alimentare il distacco verso la politica di tante persone, di tanti gruppi che in questi anni hanno dato vita, energie e speranze a un progetto di cambiamento. Non credo di esprimere soltanto un sentimento personale o di gruppo. Credo siano in tanti, in tantissimi a pensarla così, dentro e fuori la sinistra.
Questa è una riflessione che non ha la pretesa di essere esaustiva. Solo i temi e le proposte che ritengo si debbano prendere in considerazione per continuare a garantire la nostra fiducia all’azione del governo provinciale.
1. Ritrovare il senso profondo della democrazia
Per scrivere questo intervento ho dovuto resistere alla tentazione di dire: tanto, non serve a nulla. Queste riunioni, così come altre, servono solo a piangere su quanto è accaduto, a dare espressione impotente al malessere, diffuso e forte. Non sono luogo di confronto utile e quindi di orientamento efficace.Tanto meno di decisione. Ma quanto avviene qui avviene su scala più generale.
Si va perdendo il senso profondo della politica e della democrazia. Il dibattito e il confronto vengono guardati con diffidenza se non con ostilità. Quello che conta è la decisione del governo, si dice (comunale, provinciale, regionale, nazionale che sia). Per il resto, facciamo fondazioni (D’Alema e oggi D’Antoni), facciamo società per azioni, deleghiamo ad esecutivi e consigli di amministrazione, a governatori e capi.
Contano, nella determinazione delle decisioni pubbliche, i gruppi di pressione e di potere, le cordate locali, quelli che dicono di fare opinione.
Ma noi non possiamo accettare questa deriva. Noi crediamo in una democrazia che ha il gusto della partecipazione e del confronto, che vuole allargare e non restringere il numero di coloro che hanno voce in capitolo nel determinare i destini collettivi, oltre che il proprio destino. Dobbiamo capire quello che sta accadendo, che è pericoloso, e porvi rimedio.
2. Ridisegnare un progetto per il Trentino
Le speranze di cambiamento suscitate dall’Ulivo e dalla coalizione di governo provinciale sono state deluse. Bisogna partire da questa amara constatazione. Non si è visto un disegno complessivo per il Trentino. Non si è vista la coerenza e la forza di un progetto. Tanti provvedimenti, contraddittori, tante forzature, tanti scontri.
Si sono accentuati a dismisura alcuni aspetti, facendoli diventare decisivi per il futuro economico e sociale di questa terra (si pensi agli impianti di risalita e alla retorica dello sviluppo in valli dove l’unica cosa che non manca è proprio quello sviluppo) e se ne sono dimenticati altri. Ma non un progetto complessivo e coerente per questa terra.
Si dà la sensazione che non si sa dove si vuole andare. Occorre darsi un progetto per il Trentino che recuperi il senso profondo del programma dell’Ulivo, e smetterla di agire in modo frammentario e contraddittorio sull’onda delle pressioni locali, elettorali, personali.
3. Uscire dall’immobilismo, fare le riforme annunciate
Dopo due anni ci si chiede: dove sono le riforme? Siamo a metà legislatura e siamo in gravissimo ritardo su ogni riforma annunciata: riforma istituzionale, riforma dello Stato sociale, riforma della pubblica amministrazione. In Provincia si assiste a un nuovo centralismo attorno alla Presidenza come mai si era verificato in passato. Semplificare il rapporto tra pubblica amministrazione e cittadini non può continuare ad essere uno slogan mai seguito da atti concreti inevitabilmente coraggiosi.
4. Dare centralità ai soggetti deboli
Un governo di centrosinistra deve porre al centro della sua azione i soggetti deboli. Nuove povertà stanno crescendo, spesso nascoste: noi le dobbiamo conoscere e dobbiamo saper intervenire correggendo le nostre politiche di intervento. E’urgente una seria politica nei confronti degli immigrati (casa, sanità, integrazione, rapporti con gli uffici pubblici) che attualmente manca, mentre ci si comporta come fossimo sempre in emergenza e non di fronte ad un fenomeno che fa parte integrante della nostra società.
Per gli anziani non siamo ancora di fronte ad una presa d’atto dell’imponenza del problema e dobbiamo rincorrere affannosamente le nuove situazioni.
Anche per i disabili occorre ridisegnare le politiche di intervento (scuola, trasporti, inserimento nel lavoro): viviamo troppo di rendita sulle politiche del passato, ma non basta più.
5. Sanità e scuola oltre la normale amministrazione
Attorno alla realizzazione del nuovo ospedale c’è da sviluppare una seria riflessione che ancora è mancata. Intanto la sanità si burocratizza sempre più e i medici di base sono sempre più costretti a compilare carte e moduli sacrificando la professionalità e l’incontro con il paziente. E’ urgente ristabilire un rapporto di fiducia con i medici di base.
Anche la scuola soffre di un eccesso di burocratizzazione che mortifica la professione insegnante. Occorre tornare a discutere sui tempi della scuola e i tempi della famiglia: gli orari scolastici diventano sempre più pesanti e intollerabili. La riforma dei cicli scolastici deve essere l’occasione per noi per riflettere sui tempi della scuola, evitando di trasformare la scuola in un luogo dove si fa di tutto e sempre di più. Occorre riaprire il dibattito sul senso della scuola oggi, al di là delle riforme strutturali che si stanno facendo.
In quanto alla cultura, è tempo anche qui di un progetto che manca mentre ci si affida a provvedimenti episodici, slegati l’uno dell’altro, senza un disegno complessivo e coerente (si pensi ai musei, ad esempio).
6. Il limite ambientale è stato superato
Dove è finito il patto territoriale per lo sviluppo sostenibile di cui si parlava nel programma dell’Ulivo?
In questi mesi abbiamo assistito a continue prove di forza, tutte terminate con una sconfitta, non di questa o quella parte politica, ma di un’idea di Trentino consapevole che il limite ambientale è stato superato. Ogni giorno vede nuove fette di territorio sacrificate sull’altare di una folle concezione dello sviluppo. Cresce ogni giorno l’inquinamento, la qualità delle acque peggiora, non abbiamo ancora adottato un’organica politica dei rifiuti, mentre le discariche scoppiano e si prosegue con allegra incoscienza. Gli allarmi lanciati a tutti i livelli e ripetutamente per salvaguardare il territorio alpino, delicato e compromesso, alimentano solo gli atti dei congressi e non gli atti di governo. Si parla in un modo e si agisce in un altro. Si mettono in discussione le regole fondamentali, come la Valutazione di impatto ambientale. Sembra che dal passato, che anche in questa terra è segnato da dolorose ferite e tragedie, si sia imparato ben poco.
Intanto si continua a lavorare per l’aeroporto (inutile, costoso), invece di creare un rapporto di collaborazione con quello di Bolzano; si porta avanti l’autostrada della Valdastico, diffondendo dati ambigui e prospettando scenari di sviluppo inaccettabili.
Occorre urgentemente invertire la rotta e ritrovare il senso profondo di una politica del territorio consapevole dei limiti.
7. Regione: ascoltare l’appello degli ex presidenti
L'appello lanciato nei giorni scorsi dagli ex-presidenti della Regione non va liquidato come espressione di vecchie nostalgie conservatrici. Esso esprime una diffusa preoccupazione sul destino della Regione.
La Regione è la casa di tutti. Il suo destino appartiene a tutti, non alla maggioranza del momento o al governo del momento. La Regione la dobbiamo riformare, ma dobbiamo fare un’azione di coinvolgimento ampia e autorevole nel disegnarne il futuro. Di sicuro il suo destino non va compromesso sull’altare di contingenti soluzioni di governo, sempre fragili e provvisorie.
La posta in gioco è troppo alta.
8. Ritrovare lo spirito profondo dell’Ulivo
Il nostro intento è profondamene costruttivo. Ma non si costruisce tacendo, nascondendo i problemi, non guardando le contraddizioni di questi due anni di governo provinciale. Tanti cittadini ed elettori dell’Ulivo si sentono traditi. Va ritrovato lo spirito della coalizione, anche nell’azione di governo. La convention dovrà essere un momento serio di autocritica, di ascolto e di seria progettazione, non una celebrazione propagandistica. Dobbiamo ricostruire il perduto rapporto di fiducia con i cittadini prima che sia troppo tardi.