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Il primo sindaco di sinistra si toglie gli scarponi

Rovereto, si cambia

"Io, con gli scarponi, ci stavo benissimo; non mi pesavano proprio" ci dice il sindaco Bruno Ballardini, per ribaltare un’affermazione attribuitagli dall’Alto Adige - "è stato come togliermi gli scarponi" - su un suo presunto sollievo nel rinunciare alla rielezione. Nell’episodio c’è un po’ il succo dell’esperienza di Ballardini: primo sindaco di sinistra a guidare una città del bianco Trentino, una prova intensa e difficile, al punto di far credere in un suo esaurimento. "Invece no, sia chiaro - riafferma con orgoglio - non ricandido solo per motivi di salute. Altrimenti non ho dubbi: sarei rieletto con la maggioranza assoluta al primo turno."

Forse ha ragione. Anche perchè gli avversari del centro-destra si stanno presentando sparpagliati, unificati solo dal sostenere, ciascuno per conto proprio, candidati di scarsa levatura. Però l’esperienza della giunta Ballardini è stata complessa; e i rapporti con la città non facili.

Iniziamo dagli aspetti sicuramente positivi. Che non sono di poco conto. Il primo e forse più importante è stato il ribaltamento della storica posizione competitiva-vittimistica della città rispetto a Trento. Basta con i piagnistei, le invidie, le competizioni spicciole con l’odiato capoluogo (su cui avevano basato le proprie piccole fortune politiche tanti esponenti roveretani, a iniziare dal sindaco Michelini); con Trento si collabora, in una visione d’insieme della realtà urbana dell’asta dell’Adige. In quest’ottica - peraltro già avviata dal precedente sindaco Monti - si mettono insieme i patrimoni artistici delle due municipalità e si dà comunemente vita al Mart, si fondono le aziende municipalizzate Asm e Sit per avere un soggetto più competitivo, si avvia un - non facile - lavoro di decentramento dell’Università anche a Rovereto, per irrobustirne la vocazione a centro culturale. Tutti passaggi tutt’altro che scontati, potenzialmente molto fecondi, e peraltro impensabili in un clima che non fosse di sintonia tra le due amministrazioni, e di convinto superamento delle tentazioni campanilistiche. E questo è forse il lascito maggiore di Ballardini alla sua città.

Il secondo punto è l’impostazione di una decisa politica urbanistica. Il piano del traffico, pur con alcuni errori anche vistosi (la sua attuazione proprio nei giorni di Natale; l’incomprensibile orgia semaforica, autentico attentato alla salute psichica e coscienza civica dell’automobilista) è stato, dopo le prime accese proteste, assimilato dalla città, e si vede che funziona. Il nuovo Piano regolatore, attualmente in discussione, è innovativo e al contempo assennato, basato sul rispetto, recupero e qualificazione del territorio e di parti degradate della città (Qualcosa di sinistra). E’ quantomai sintomatico che le opposizioni stiano scatenando una campagna contraria tanto accesa quanto debole, esclusivamente basata su questioni di metodo (come è stato presentato alla popolazione, come verrà approvato); e quando ci si indigna per supposti metodi antidemocratici, ma nulla si dice nel merito di una cosa così importante come un Prg, di fatto lo si accetta.

Altro si potrebbe dire (sul fronte della cultura con il rilancio del Museo Civico, su quello dei servizi alla persona con l’apertura di centri per anziani, disabili, e - prossimamente - donne in difficoltà); e altro ancora è ordinaria amministrazione.

Poi ci sono gli aspetti negativi. Che possiamo ridurre a due ordini di problemi.Il primo è la sopravvivenza dei vecchi metodi, che francamente non ci saremmo - ingenui - aspettati in un’amministrazione così caratterizzata da personalità cresciute in ben diversi contesti culturali. Le nomine nei grossi enti puzzano sostanzialmente tutte di vecchio regime: spartizioni con il manuale Cencelli, presidenze a incompetenti ammanicati ecc. Così abbiamo il figlio del senatore a presiedere l’Asm, il negoziante di panciere nel cda del Mart. E, nella stessa ottica, ci si è ben presto acconciati a convivere con le varie burocrazie e i loro difetti (con la lodevolissima eccezione della Casa di Riposo - da sempre disastrata dalla conduzione personalistica dei propri vertici - di cui è stata avviata una lenta azione di bonifica).

Quest’approccio, nella società competitiva del duemila, non porta lontano. Lo si sta vedendo nel caso del Mart, Museo in rapida decadenza (MART: un museo sempre più piccolo). Non contrastata, anzi nemmeno riconosciuta come tale dall’amministrazione roveretana. Che proprio nel nuovo Polo museale aveva individuato un fattore di sviluppo della città, facendovi investire miliardi, prevedendo collegamenti con il turismo e l’università; ma che poi non ha saputo nè indirizzare nè vigilare sull’istituzione: oggi nel cda del Museo siedono, tranne l’assessore alla cultura del Comune di Trento, solo cittadini roveretani. Siedono, e basta.

Il Polo museale ci porta anche al secondo aspetto negativo della giunta Ballardini: la pessima comunicazione (nel senso più ampio del termine) con la cittadinanza. La telenovela della frana a monte della nuova costruzione (con le ville sovrastanti pesantemente lesionate "ma si sa da sempre che quella è una località franosa" - e allora, perchè ci scavate sotto una voragine? - il tira e molla con i proprietari su sgomberi, assunzioni di responsabilità ecc) è stata un esempio di autolesionismo politico, che ha indotto nel cittadino il vago sospetto di non essere tenuto in alcuna considerazione.

Il fatto è che la giunta, senza dubbio costituita da persone di notevole spessore intellettuale, ha troppo spesso dato prova di atteggiamenti aristocratici, quando non sprezzanti: nei confronti degli oppositori, trattati da poveri dementi (e che così si sono incarogniti, scatenando quattro anni di guerriglia continua); nei confronti della stampa, ritenuta sempre insufficiente o asservita al nemico (un assessore, per evidenziare il suo disprezzo, si rifiuta persino di rettificare notizie o dichiarazioni che ritiene non veritiere: il che significa, in fin dei conti, infischiarsene di quel che può pensare il cittadino); nei confronti degli stessi cittadini, troppo spesso trattati con - magari inconsapevole - sufficienza nei vari incontri pubblici.

Tutto questo ha provocato un esteso mal di pancia negli elettori di sinistra, che hanno finito con il non sentire come propria la giunta Ballardini, di cui salverebbero soprattutto il sindaco. Speravano in un Ballardini 2, che proseguisse nelle linee di fondo, e si liberasse di spocchia e vecchia politica.

Ma il sindaco si toglie gli scarponi.