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Il centro non c’è più

All'indomani del voto a Rovereto: approvata la giunta Ballardini, sconfitta l'opposizione urlata, scomparso il centro.

Il test di Rovereto era senz’altro il più importante di questa tornata elettorale: per la rilevanza della città, ovviamente, ma anche perchè il primo rendiconto elettorale di una giunta capeggiata dalla sinistra.

Partiamo dagli schieramenti politici. Il dato inequivocabile è la sconfitta della destra. Nonostante la tendenza positiva che si è affermata in tutto il resto del paese, Forza Italia rimane al palo di un insoddisfacente 8%, il Ccd-Cdu cala dal 5,65 al 3,7%, la Lega crolla dall’11,2 al 5,5%. Con il pur ottimo risultato di An (17,3%), fa un totale inferiore al 35%: evidentemente non ci siamo. E’ il frutto di un’opposizione tanto estrema nelle forme, quanto deficitaria nei contenuti: una serie di No durissimi, di ostruzionismi, a tutto ciò che proponesse Ballardini, ma senza non dico uno straccio di proposta alternativa, ma anche senza una motivazione ragionata: sull’unificazione Sit-Asm, sul piano del traffico, sul bilancio, sui rapporti con Trento, sul Prg...

Ma la politica dell’urlo è stata rovinosa sul piano interno: ha prima portato al distacco da Forza Italia di Giuseppe Speccher, forse l’unico che dava consistenza ai berlusconiani; poi alle risse intestine che hanno portato il Polo a frammentarsi in tre candidati sindaco; infine all’insuccesso nelle urne, dovuto anche alla quota di elettori di destra riversatisi nell’8% di nuove astensioni. Rafforza questo discorso la stessa affermazione di Marco Zenatti (An, andrà al ballottaggio con il 17,2% dei voti): di antica scuola democristiana, è uno dei pochi del gruppone in grado di proporre con civiltà i propri (non esaltanti) argomenti; ne è uscito premiato sul piano personale e di partito: ora, con questo risultato, An a Rovereto è ufficialmente sdoganata.

Proprio il discorso su Zenatti porta al secondo dato: l’insuccesso del centro, secondo noi ancora più importante, ancorchè meno evidente. C’è chi ha voluto vedere, nel ballottaggio tra Zenatti e Maffei, entrambi ex-Dc, l’eterno riproporsi della balena bianca. Noi siamo di parere opposto. Innanzitutto per l’assenza di alcun candidato di centro, sostenuto da liste di centro, secondo un programma di centro; assenza di cui nessuno si è lamentato, anzi, non è stata nemmeno notata. Ma poi per la caratterizzazione dei due candidati al ballottaggio. Zenatti, sarà un ex-Dc, da cui ha anche mutuato il mestiere, ma ha fatto una campagna con contenuti squisitamente di destra, a iniziare dall’allarme criminalità, sicurezza cittadini ecc. E così Maffei, non si è presentato come la svolta moderata dopo Ballardini, ma come il suo erede. Non solo: i voti riversati su Maffei indicano - ancora una volta - la fine degli steccati. Prima del voto abbiamo da tanti sentito dire "la sinistra, figurarsi, non voterà un democristiano" ragionamento identico e speculare al più diffuso "i moderati non votano un esponente di sinistra"; i risultati hanno ancora una volta smentito l’assunto, gli elettori di sinistra a Rovereto hanno votato Maffei, come (anzi, in misura maggiore) i moderati a Trento avevano votato Pacher. Insomma, gli steccati non ci sono più; ed era proprio sulla loro esistenza che ha vissuto il centrismo (e cerca ancora di sopravvivere, vedi il Mastella nazionale che vuole "un cattolico" a guidare il centro-sinistra). Se a questo aggiungiamo il non esaltante risultato della Margherita (15,5%, terzo partito dopo gli "estremisti" Ds e An, pur contando sul candidato sindaco più votato) abbiamo la conferma che il centro non è più il luogo che dà automaticamente rendite di posizione.

Infine la sinistra. Sommando i suoi tre candidati (Maffei, Loss, Filippi) va oltre il 54%. Quindi un successo indubbio, evidentemente ascrivibile a un giudizio degli elettori sulla giunta Ballardini complessivamente positivo. Abbiamo già sottolineato i meriti di Ballardini: aver dato e perseguito una coerente visione della città (mettendo come priorità istruzione, cultura, tecnologia); aver capovolto la lagnosa e rivendicativa sudditanza verso Trento in un rapporto di paritaria collaborazione (unificazione Sit-Asm, Mart); aver varato un Prg innovativo. Non sono cose di poco conto. I punti negativi (inetta o cattiva gestione del Mart come Museo e del Polo come costruzione, rapporti vagamente aristocratici con la cittadinanza, nomine vecchio stampo negli enti) sono stati evidentemente giudicati secondari.

Hanno però provocato dei malesseri. Che in parte sono probabilmente confluiti nel vistoso 8% di nuovi astenuti; e che in ogni caso hanno favorito la frantumazione del centro-sinistra in tre candidati, analoga a quella della destra. A questo proposito siginificativo il risultato di Donata Loss, candidatura di rottura all’interno del centro-sinistra. Una candidatura lanciata dalla piccola partitocrazia (il politicante verde Finocchiaro; il turista politico Previdi, in realtà lobbysta per conto della dirigenza della Casa di Riposo; l’ipersocialista Zoller, un habitué delle nostre cronache satiriche) che però la Loss stessa è riuscita a trasformare in una candidatura anti-partito, alla Bonino per intenderci, intercettando (il suo risultato personale è di gran lunga migliore di quello delle listarelle che la sostengono) il voto di una serie di delusi della politica altrimenti destinati a ulteriormente incrementare l’astensionismo.