Alla paura non si comanda
Il sentimento di insicurezza dei cittadini nei confronti della criminalità: come nasce e come si combatte.
La paura è un sentimento soggettivo che si sperimenta, nel corso della propria vita, per cause diverse e spesso del tutto personali. Esiste, però, un particolare tipo di paura che è comune a tutti: la paura del crimine. Si tende ad avere paura soprattutto di quei reati di cui pensiamo di poter essere vittima in qualunque momento, mentre camminiamo per strada, facciamo la spesa o andiamo al lavoro. Si tratta di quelli che vengono definiti, forse impropriamente, reati di microcriminalità: scippi, rapine, aggressioni, furti. Nell’ambito dello studio sull’andamento di questi reati, a Transcrime ci occupiamo anche del tema della paura del crimine. Questo argomento, oggi all’ordine del giorno, non è stato particolarmente approfondito nell’ambiente scientifico italiano.
All’estero invece, soprattutto negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Francia, sono state condotte una serie di interessanti ricerche che hanno investigato le cause della paura del crimine e le conseguenze della stessa. Dai risultati di queste ricerche sembra che le insicurezze dei cittadini di fronte al crimine possano essere di tipo diverso. Molti vivono una generale preoccupazione sociale per il crimine, comune a tutti quelli che leggono i giornali e partecipano di quanto accade attorno a loro. Così, un qualunque cittadino di Trento è portato a preoccuparsi quando apprende che, ad esempio, nella centralissima piazza Fiera, c’è stato uno scippo o un’aggressione.
La preoccupazione sociale per la criminalità può giocare un ruolo importante perché è indicatore di quanto i singoli si sentano coinvolti nei problemi delle città in cui vivono. Il fatto che i cittadini siano partecipi alle problematiche relative alla sicurezza può favorire, così, la formazione di gruppi di quartiere che possono collaborare al controllo e alla gestione del territorio. Ma comporta anche che i cittadini che si sentono insicuri si rivolgano alle Forze dell’ordine per chiedere una maggiore presenza sul territorio o che apprezzino l’adozione di sistemi di controllo quali le telecamere dislocate in zone strategiche della città.
Esiste, però, un secondo livello di insicurezza che può divenire vera e propria paura del crimine. E’ un sentimento più personale, legato alle caratteristiche e alle esperienze di vita di ciascuno e non, necessariamente, all’andamento della criminalità. Esiste, infatti, quello che alcuni autori definiscono il "paradosso della paura del crimine": questo sentimento è, cioè, molto più diffuso della vittimizzazione reale, cioè del numero di persone che concretamente sono state vittime di reati.
Questo ci fa capire come nelle dinamiche della paura intervengano fattori che prescindono dall’effettiva diffusione dei fenomeni criminali. Oltre ad essere molte di più le persone che hanno paura rispetto a quelle che hanno subito un reato, i più spaventati dalla criminalità sono, in realtà, i meno vittimizzati. Sono infatti soprattutto le donne e gli anziani ad avere paura del crimine mentre le categorie che subiscono più reati sono quelle dei giovani e della popolazione di sesso maschile. Non è comunque il caso di considerare la paura delle donne o degli anziani come irrazionale, frutto di un’immagine deformata della realtà o magari dell’allarmismo diffuso dai mass media. Proprio in un articolo pubblicato lo scorso mese su questa rivista, si è messo in evidenza come per un anziano le conseguenze di uno scippo o di un’aggressione siano diverse, sia in termini fisici che psicologici o economici, rispetto a quelle che, per gli stessi reati, si presentano per vittime più giovani.
Lo stesso vale per le donne che corrono rischi di cui gli uomini non sono partecipi, quelli di subire atti di violenza o molestie sessuali. Gli studi sulla paura del crimine e sul senso di insicurezza diffuso tra i cittadini producono conoscenze fondamentali sulla realtà criminale per tutti coloro che possono avere un ruolo nel migliorare la vivibilità delle città. La paura di essere vittime di reati porta infatti con sé una serie di conseguenze negative per la qualità della vita di ciascuno. Le persone tendono a modificare le loro abitudini e a ridurre la loro partecipazione alla vita sociale: non escono la sera e non frequentano le vie meno illuminate o alcune zone considerate pericolose. In questo modo si instaura però un circolo vizioso per cui proprio nelle aree meno frequentate si vengono a concentrare attività criminali quali lo spaccio di droga o gli atti di vandalismo. Gli insegnamenti che si possono trarre dallo studio delle dinamiche della paura valgono prima di tutto per le Forze dell’ordine. Ma anche le istituzioni locali possono fare molto, spesso con interventi di facile realizzazione, semplicemente migliorando l’illuminazione di una via o valorizzando alcune zone più degradate della città. Basta questo, a volte, per far sentire sicuro chi cammina per strada e ha il diritto di godersi la sua città.