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Cultura e canti di una comunità plurilingue

Renato Morelli, Identità musicale della Val dei Mòcheni. Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina- Istituto Culturale Mocheno-Cimbro, pp. 663+Cd allegato, £.100.000.

Costantino Nigra, cui è intitolato il premio, fu un diplomatico del governo Cavour e padre dell’etnomusicologia italiana; e Renato Morelli, che questo premio ha vinto, è musicista, sociologo, etnomusicologo cresciuto alla scuola milanese di Roberto Leydi e regista R.A.I. Il suo libro, "Identità musicale della Val dei Mòcheni", frutto di dieci anni di ricerche etnomusicologiche, ha vinto il prestigioso riconoscimento, assegnato da una giuria composta da docenti di antropologia culturale e dall’etnomusicologo Leydi. Questo libro individua gli elementi costitutivi del ricco repertorio musicale della musica mòchena, composto da canti in lingua italiana, in dialetto trentino, in latino ed in mòcheno-tedesco. Bella soddisfazione per Morelli che si è confrontato con le oltre 90 opere demo-etno-antropologiche ed etnomusicologiche in concorso, pubblicate tra il ’95 ed il ’98 e provenienti da tutta Europa.

"Il lavoro di Morelli - recita la motivazione del premio - costituisce, per ricchezza documentaria, frutto di ricerca sul campo, elaborazione critica e organicità, uno dei contributi di maggior impegno alla conoscenza della musica popolare dell’area amministrativa italiana, finora apparsi. Nella sua articolazione il volume di Morelli supera la definizione di ‘raccolta di canti’ per proporsi, attraverso i documenti musicali, quale rappresentazione globale di una comunità e dei suoi rapporti con comunità circostanti, ad anche lontane. La conoscenza della tradizione della Valle germanofona dei Mòcheni non è soltanto interessante per gli etnomusicologi, ma propone anche un invito concreto a proiettare gli studi demologici nel quadro, anche politico, dei rapporti fra i popoli di lingue e culture diverse dell’Arco Alpino, popoli che le vicende storiche e la strumentalizzazione politica hanno, nel tempo, posto tra loro in conflitto, al servizio di interessi e costrutti ideologici a loro in realtà estranei". Il premio, (che si aggiunge al Cardo d’Argento, Premio ITAS del libro della montagna ricevuto nel ’97 e al premio letterarioEtnia Arbereshe, che gli verrà ufficialmente consegnato in primavera) riconosce il carattere scientifico delle ricerche di Morelli, il quale si è avvalso degli strumenti più rigorosi dell’etnomusicologia per un’indagine estremamente attenta su questa zona del territorio trentino, limitata ma rilevante per la complessità delle sue vicende storiche ed etnografiche. E così, in un decennio di raffronti e controlli analitici, trascrizioni musicali e progressivo ampliamento delle prospettive, il patrimonio di riti e tradizioni viene qui approfondito e analizzato in dettaglio, grazie anche ai contributi notevoli di linguisti, glottologi, etnografi e storici.

Allegato al ponderoso volume, anche un CD contenente una selezione di 32 brani tra i 521 registrati. E questo CD è un altro aspetto importante perché, nonostante il Trentino sia universalmente noto per i suoi "cori di montagna" (un genere di elaborazione squisitamente colta), resta forse l’unica regione italiana ad essere rimasta estranea alla pubblicazione discografica delle espressioni musicali di tradizione orale. Non a caso la ricerca di Morelli è stata sostenuta dal Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina di S. Michele e dall’Istituto Culturale Mòcheno Cimbro. Mentre per ciò che riguarda la sorte futura delle tradizioni musicali ricordiamo che Renato Morelli è l’ideatore e responsabile dell’ A.P.T.O. (Archivio Provinciale della Tradizione Orale), archivio informatico molto sofisticato e all’avanguardia in Italia, costituito sul modello dell’Archivio Comunicazione Orale della Regione Lombardia.

Il testo è suddiviso in tre sezioni, nella prima delle quali vengono esposti gli aspetti socio-antropologici legati alla vita musicale in Val dei Mòcheni. Ad esempio, a Palù esiste un vasto ciclo rituale-cerimoniale-simbolico ancora in funzione secondo modalità tradizionali, gravitante soprattutto attorno a due "poli", rispettivamente religioso e profano, della Stella (Stéla) e dei Vecchi (Bèce). I dati emersi dalla ricerca sul campo hanno permesso di dimostrare che entrambi questi poli, come del resto l’intera struttura cerimoniale del ciclo dell’anno, si configurano in realtà come un unico rito di passaggio dei giovani coscritti (Koskrotn) all’età adulta. Un passaggio sancito dal superamento di prove fissate dalla tradizione, come ad esempio, l’organizzazione della Stéla, del Carnevale e di alcune processioni. Costante ed indispensabile la presenza dell’elemento musicale che accompagna incessantemente l’intero ciclo dei Koskrotn: vi è il repertorio polivocale paraliturgico della Stéla, che a Palù è costituito da sei canti in italiano ed uno in latino, eseguiti da due cori a struttura antifonale. Per il polo profano sono esemplari gli aspetti coreutico-strumentali del carnevale, identificabili nell’inseparabile onnipresente fisarmonica, che accompagna sempre e comunque i Koskrotn, durante le serate di capodanno, il corteo, i balli, le baraonde carnevalesche, le feste per la visita di leva, le foto ricordo.

In Val dei Mòcheni l’accompagnamento strumentale dei balli è affidato ad un solo strumento: la fisarmonica, non a caso chiamata semplicemente musica. E se i brani strumentali destinati al ballo costituiscono una parte rilevante del repertorio mòcheno, sono particolarmente degne di interesse anche le danze, studiate a fondo da Placida Staro. I risultati delle ricerche sul repertorio coreutico non compaiono però in questo volume, ma verranno pubblicati tra breve. La seconda parte dell’opera descrive dettagliatamente, documenta e commenta il rito della Stéla, proprio per la ricchezza delle sue implicazioni: rito di passaggio, debutto sociale dei coscritti, questua, azione paraliturgica del ciclo natalizio, piacere ludico del canto, simbolica aggregazione celebrata con itinerari codificati lungo i masi sparsi. Nella terza parte sono stati pubblicati i testi dei brani con relative analisi metriche e trascrizioni musicali che seguono le indicazioni dell’odierna etnomusicologia. I documenti sono stati ordinati sulla base dei registri linguistici dei canti: quello epico-lirico delle ballate, italiano-dialetto trentino, latino e poi mòcheno-tedesco. In particolare il corpus di ballate registrato in Val dei Mòcheni costituisce uno dei risultati più significativi dell’intera ricerca, oltre che per quantità di documenti e singole varianti, anche per le caratteristiche stilistico-espressive delle esecuzioni a più voci e dei profili melodici. Le ballate costituiscono un insieme di canti di tipo narrativo, diffuse, con caratteristiche comuni, dalla Scozia all’Italia meridionale, dalla Penisola Iberica all’Arco Alpino. La ballata era cantata dai predecessori degli attuali cantastorie, i cantori, ambulanti, spesso ciechi, che si accompagnavano con la ghironda; il periodo di produzione delle ballate va posto tra il Medioevo e l’Ottocento. Concludiamo con un aneddoto che ci impone una riflessione a proposito di ciò che si potrebbe definire croce e delizia della globalizzazione - anche musicale- operata dai mass media, che ci fa conoscere (e confondere!) musiche di ogni parte del mondo, a scapito, crediamo, di quelle a noi più vicine: quando il jazzista roveretano Lorenzo Frizzera ha fatto ascoltare ai suoi allievi il lamento funebre mòcheno, contenuto nel CD di Morelli, tutti credevano che si trattasse di musica lappone, polinesiana, dei pigmei, di chissaddove... Stupore ed incredulità quando hanno saputo che si trattava di un canto di una valle trentina, di un luogo certo meno esotico ma sicuramente più vicino.

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