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QT n. 9, 1 maggio 1999 Servizi

25 aprile: la Resistenza è in lutto

La Resistenza è in lutto. Quest’anno il 25 aprile ricorreva mentre era in atto l’attacco armato della Nato contro la Repubblica Federale Jugoslava e mentre si consumava la repressione etnica da parte dei Serbi contro i Kosovari.

Io come partigiano mi sento in lutto e credo che tutti coloro che hanno partecipato alla Resistenza siano come me angosciati e indignati. Sento il dovere come partigiano di dire quella che ritengo essere la verità, se non altro per rispetto ai miei compagni morti durante la Resistenza e la Liberazione per restituirci la libertà e la pace. La verità sconvolgente è che la guerra in cui è coinvolta l’Italia è priva di legittimazione giuridica, e viola clamorosamente la nostra Costituzione. Non solo l’art. 11 secondo il quale "L’Italia ripudia la guerra" (eccettuata quella per legittima difesa), ma anche l’art. 78 e l’art. 87. La guerra infatti per essere legale deve essere "dichiarata" dal Presidente della Repubblica. Noi ci troviamo in guerra senza che queste due norme siano state applicate e in contrasto con la lettera e con lo spirito dell’art. 11. Il Governo fa la guerra ma non ha il coraggio di dichiararla. Osservo inoltre che nessuno ci ha aggredito e che quindi non è in gioco il "sacro dovere" di difendere la Patria, stabilito dall’art. 52 della Costituzione.

Voglio ricordare per completezza di ragionamento che la Costituzione è il frutto migliore della Resistenza, la traduzione giuridica dei suoi principi. In 51 anni, da quando è entrata in vigore (1° gennaio 1948), è la prima volta che viene portato un attacco così grave ad alcuni suoi punti fondamentali. E ciò avviene con un Governo di cui fanno parte uomini e partiti che si richiamano alla Resistenza. Questa è la ragione della mia indignazione e del mio lutto.

La Costituzione, conviene ribadirlo, non è stata una fantasia di "anime belle" (come qualche sconsiderato ha scritto), ma è il frutto dell’esperienza dell’antifascismo e della sanguinosa tragedia della seconda guerra mondiale: in altre parole essa è il fondamento culturale, etico e politico della Repubblica, il suo Dna costitutivo. Violarla significa snaturare l’identità della Repubblica e farci regredire a una situazione in cui i principi non valgono più nulla e vale solo la legge del più forte.

Non potendo negare la violazione della Costituzione, il Governo giustifica la guerra in atto definendola "intervento umanitario". Non si poteva, cioè, stare a guardare senza reagire la pulizia etnica operata dai Serbi contro i Kosovari. "Chi è sopraffatto deve essere soccorso", scrive Adriano Sofri su L’Unità del 17 aprile, ripetendo lo slogan abituale del Governo. Quando scrive queste sciocchezze Sofri non sa quello che dice. Io almeno non riesco a immaginare un’opera di "intervento umanitario", che distrugge non solo obiettivi militari ma fabbriche, scuole, ospedali, ponti, strade, case di abitazione causando migliaia di morti. In questo modo non si soccorrono i kosovari, ma si ammazzano i serbi risparmiando Milosevic. E’ paradossale e menzognero affermare che si tratta comunque di un "intervento umanitario" diretto a fermare la repressione serba, quando aerei americani bombardano (per errore) un convoglio di profughi albanesi ammazzandone 75. Non riesco a immaginare un’opera di soccorso che invece di aiutare colpisce le vittime.

Le bugie hanno le gambe corte. Gli italiani sono più intelligenti di quello che immaginano i generali della Nato e il nostro stesso Governo. La verità comincia a farsi strada e i cittadini sempre più spesso fanno domande imbarazzanti: perché si bombardano i civili serbi? Perché si bombardano i civili kosovari? Perché vengono distrutte dagli aerei Nato case di abitazione, scuole, ospedali fabbriche a Belgrado e in tutta la Serbia? Perché si arma l’Uck? Quali sono gli obiettivi della guerra? Cosa ci guadagnano l’Italia e l’Europa? Perché a Rambouillet non è stata invitata la Russia, che ora viene invece invocata perché ci tolga le castagne dal fuoco? Quando finirà? I nostri giovani verranno mandati a combattere e a morire nei Balcani? Noi partigiani abbiamo il dovere di fare in modo che a queste domande siano date risposte vere, che il popolo non sia ingannato, che sia evitata alla nostra gioventù la sorte di diventare carne da macello, come è già successo nella prima e nella seconda guerra mondiale.

Nella introduzione al libro "Lettere di condannati a morte della Resistenza europea", Thomas Mann riporta una frase scritta da un giovane di 19 anni poco prima di essere fucilato: "Credo che dopo questa guerra comincerà una vita di felicità". E commenta: "Tutti credono nel futuro, questi morenti... Tutto ciò sarebbe stato invano? Inutile, sciupato il loro sogno e la loro morte? No, non può essere".

Anch’io la penso così, anche se rabbrividisco nel costatare in che mondo viviamo, di insufficienza intellettuale e morale che ha nelle mani armi distruttive di raccapricciante violenza e non esita a usarle. Tuttavia ricordo a me stesso, per farmi coraggio, "che non c’è idea per cui gli uomini abbiano combattuto e sofferto con cuore puro, e abbiamo dato la vita, che sia andata distrutta" (ancora Thomas Mann). Lo ricordino coloro che hanno le responsabilità di governarci, perché tutti i prepotenti, sono destinati alla rovina. La Bibbia ci ammonisce: "Quos Deus perdere vult, prius dementat" (A coloro che vuol mandare in rovina, Dio prima fa perdere la ragione).