L’urbanistica, la speculazione, il nuovo sindaco
Da Trento-nord al centro artigianale, la recente espansione urbana del capoluogo è stata un disastro, che ha soprattutto arricchito i soliti noti. Quali idee sullo sviluppo urbano, sulla speculazione hanno Eccher e Pacher, candidati a sindaco? E innanzittutto, intendono voltar pagina?
Il Tir proveniente da Verona, imboccata la tangenziale gira bruscamente a destra, verso un insieme di edifici dai gioiosi colori da giocattolo: ma l’autista non avrà tempo né voglia per apprezzare l’ironia dell’ammiccante architettura dei capannoni: nelle quattro viuzze dovrà fare manovre e contromanovre, se incontra una macchina deve innestare la marcia indietro, se incontra un altro autotreno sono entrambi bloccati.
Il rappresentante di Milano dall’autostrada vede Trento per la prima volta: le montagne, le torri di Madonna Bianca, il verde lungo l’Adige; "Dicono siano gente seria, questi trentini" - pensa; poi imbocca l’anonima via Maccani, si infila e si perde nel sedicente Centro Commerciale, un ammasso informe di costruzioni, senza marciapiedi, indicazioni zero, verde neanche parlarne, squallore; entra in un capannone: "Sapete dirmi dov’è la ditta..." "No, ma guardi, vada a destra, poi la seconda a sinistra, poi ancora la terza a destra, trova il bar, e lì forse sanno dirle qualcosa..."; la fiducia nei trentini è già sepolta.
Il signor G si è comperato un appartamento in località Centochiavi "nella nuova prestigiosa zona residenziale-commerciale-direzionale" - recitava la pubblicità. E difatti i grandi scatoloni di negozi, condomini e uffici ci sono: manca tutto il resto, i servizi, il verde, una piazza; e i grandi vialoni sono pieni di macchine, mancano i parcheggi; e si continua a costruire, gli edifici più alti della città, arriveranno nuovi uffici, nuove automobili, nuovi abitanti, destinati a essere scontenti, come il signor G, che si sente vagamente turlupinato.
Perchè tutto questo? Il Centro artigianale sud, il Centro Commerciale, Trento-Nord dai Solteri a Centochiavi, sono aree urbanizzate ex-novo, un foglio bianco su cui si poteva progettare a piacimento, e realizzare le parti migliori della città; sono invece le peggiori, le meno vivibili per chi vi risiede, pessimo biglietto da visita per chi vi lavora. Perché?
Più in generale, la Trento cresciuta nel dopoguerra (Clarina e Gardolo soprattutto) è la parte peggiore della città. Come mai?
La risposta è semplice e - ahimé - scoraggiante. Come si insegna in tutte le facoltà di architettura, l’Italia del dopoguerra è un caso da manuale di prevaricazione degli interessi, sostanzialmente parassitari, di rendita fondiaria e speculazione edilizia. Gli intrecci tra questi interessi e il ceto politico hanno dato i risultati che sono sotto i nostri occhi. Né Trento ha fatto eccezione: i rapporti stretti, in alcuni casi personali, tra i sindaci e i signori del mattone, hanno portato ai nuovi quartieri a misura di immobiliare: le viuzze anguste dei vari "centri" (commerciale o artigianale), i quartieri dormitorio, le volumetrie dissennate di Trento nord, non sono frutto solo di carenze culturali (come invece spesso si dice per risolvere il problema a tarallucci e vino), ma anche di adesioni politiche - e spesso personali - a specifici interessi privati.
Insomma, il primo problema del capoluogo dovrebbe essere la speculazione. Di questo però, nei loro programmi, i candidati a sindaco pudicamente non parlano. Abbiamo allora posto noi il problema.
I guasti urbanistici ci sono: è un dato innegabile, oggettivo - ci risponde l’attuale sindaco Alberto Pacher (Ds) in pole position per la riconferma - E derivano da una fragilità politica di fondo: espandersi, costruire, senza avere un’idea di città. La nostra giunta, pur alla fine del suo mandato, ha avviato un iter diverso per il nuovo Piano Regolatore, operando in contatto con i vari soggetti che si occupano di territorio, perché vorrei che la città valutasse il proprio futuro, e da questo - quale città, quale rapporto con il territorio? - far scaturire il Prg."
Questo è un apprezzabilissimo discorso culturale; che però sembra eludere il problema vero, quello del prevalere degli interessi forti...
"Chiamare la città a un ragionamento sul suo assetto (e finora abbiamo avuto una risposta straordinaria), vuol dire operare delle scelte condivise, e controllabili. Che poi ci siano stravolgimenti per soddisfare altri interessi diversi da quelli dei cittadini, beh, questo è un problema che sinceramente non mi pongo: non ho dubbi che la mia squadra saprà far rispettare standard di qualità."
E perché il cittadino dovrebbe credervi? Quali credenziali potete esibire di diversità dai vostri predecessori?
"Non posso offrire alcuna fidejussione; posso solo dire che questo è il nostro obiettivo ed impegno."
Qualche nota possiamo aggiungerla noi. La giunta Dellai, in cui Pacher era vicesindaco, non è stata insensibile alla tentazione di concludere affari con lo speculatore Tosolini (mitica nella sua demenzialità la proposta di costruire il nuovo ospedale sui terreni inquinati di Trento-nord di proprietà dello speculatore bolzanino; una cosa da commedia di Dario Fo), con assoluto disprezzo degli interessi collettivi (via via l’Università, l’ospedale, la cittadinanza, le casse pubbliche ecc); e anche sui più discreti rapporti con il noto e fortunato affarista del settore Angelo Pallaoro, ci sarebbe da dire. Ma sono state operazioni condotte in prima persona dall’ex-sindaco; cui anzi i Ds - pur tra sbandamenti dovuti alla sudditanza al mito Dellai - si sono opposti, riuscendo almeno a stoppare gli "affari" con Tosolini.
Che un vice-sindaco non parta lancia in resta contro l’urbanistica della sua giunta è comprensibile; meno scontati sono i toni soft da parte del suo principale antagonista, il prof. Claudio Eccher, candidato del centro-destra. Eccher nel suo programma mai accenna alla presenza a Trento della speculazione o della rendita, e si limita a una generica constatazione sulla "crescita disorganica della città".
Anche a voce usa concetti moderati: "In questi giorni ho girato la città guardandola con gli occhi dell’amministratore e parlando con i cittadini: e mi sono reso conto di come Trento abbia subito una crescita senza un piano organico, una visione superiore, in tema di traffico, parcheggi, vivibilità. Per questo nel programma abbiamo parlato di interventi che devono essere attuati ‘senza scelte estemporanee, ma seguendo un programma...’"
E in base a quale ragionamento il cittadino dovrebbe aspettarsi da Eccher quello che gli altri sindaci non hanno saputo dare?
"Perché Eccher è un professionista, un pragmatico, sganciato dai partiti e dagli schieramenti, estraneo ai giochi di potere. E perché vuole operare con il metodo della programmazione, con al centro la città e il cittadino."
Eppure fra i principali sostenitori di Eccher figura l’ex-sindaco Goio, notoriamente fautore di progetti coinvolgenti gli interessi di Tosolini, e contiguo politicamente a quell’ing. Bruno Gentilini, ora defunto, che ebbe parte non secondaria nel sistema trentino delle tangenti... Non ci sembra una grande credenziale di discontinuità.
"Goio è stato uno dei pochi sindaci da salvare nella storia della città, e viene criticato come spesso succede alle persone che si danno da fare. La discontinuità sta nel fatto che io sono estraneo alle logiche di partito; e non capisco invece come un vice-sindaco (Pacher, n.d.r.) possa sottrarsi a queste logiche."
Intendiamoci, Trento è globalmente una città vivibile. "Anzi - ci dice Renato Bocchi, trentino, docente ad Architettura a Venezia, autore del piano del centro storico che negli anni ’80 riuscì a riqualificare e rilanciare la parte più delicata del capoluogo - è una città di tono alto quanto a standard di servizi, livelli di vita, qualità dell’ambiente, crescita culturale e sociale." E tutte le ricerche, le statistiche che anche con grosse approssimazioni mettono a confronto le città italiane, ci vedono sempre piazzati piuttosto bene.
Ma questo è dovuto a due fattori: uno di base, strutturale: è difficile che oggi una città del Nord Italia, sui centomila abitanti, sia poco vivibile. Il secondo è l’opera degli amministratori, tesa a riqualificare il tessuto urbano.
Tutti i documenti, non solo di questa campagna elettorale, parlano di riequilibri, ricuciture di zone compromesse: tutte operazioni costose, che rimediano ai danni passati. In buona sostanza, prima si costruisce male, favorendo tutta una serie di arricchimenti privati; poi si rimedia, naturalmente con i soldi pubblici. Il risultato finale non è eccelso: si spende tanto, con un travaso di denaro dal pubblico al privato. Comunque si riesce a tamponare, almeno finché ci sono i soldi dell’Autonomia...
Un esempio di questo modo di procedere lo abbiamo sotto gli occhi con la tangenziale di Mattarello. Il meccanismo è lo stesso che possiamo incontrare da Trento-sud a Canazei: attorno alla (vecchia) tangenziale si costruisce, non viene fornita una rete viaria locale, i proprietari ottengono (magari con abusi, facilmente sanati) i passi carrai sulla tangenziale, che pericolosamente si trasforma in asse viario urbano, e così occorre una nuova tangenziale. Così si ha, nell’ordine: uno sviluppo urbano disordinato, un po’ di morti in incidenti, una spesa di svariati miliardi per la nuova strada, il consumo di altro territorio.
Ora abbbiamo di fronte una straordinaria occasione - ci dice Pacher - possiamo stendere un Piano Regolatore senza prevedere ulteriore consumo di territorio. Sia perché si è consumato solo una parte - il 60% - dei terreni previsti come edificabili nel precedente piano; sia perché si apre una partita, grossa, importante, come quella del riuso delle aree industriali - Michelin, Trento Nord, Italcementi - e delle caserme, aree oggi pregiatissime. Possiamo veramente riqualificare la città."
L’occasione c’è. La coglieranno gli speculatori o la coglierà la città?
"Della necessità di ripristinare un rapporto della città con il fiume, con il suo intorno montano, di preservare le aree collinari, ecc., si è parlato e riparlato in molteplici occasioni - ci dice Bocchi - Ma poi nella realtà le trasformazioni attuate si sono spesso rivelate degli attentati contro questi fattori geografici. Ecco, se c’è un punto su cui credo necessaria una svolta è proprio questo: ripensare la forma della città in relazione con il dato geografico, con il paesaggio. Finora questa grossolana trascuratezza è stata, proprio per Trento, un fattore decisamente grave, molto più che in altre situazioni urbane."
Vediamo allora nel concreto dei casi specifici. Il più eclatante è l’area che si affaccia sull’Adige, dal ponte di San Lorenzo alle caserme alla costruenda cittadella dello sport: area di primaria importanza, a ridosso del centro e contemporaneamente a contatto con il verde e l’acqua di Adige e Adigetto; area di massima visibilità, scorre a fianco di autostrada, ferrovia, tangenziale, è il biglietto da visita con cui Trento appare ai milioni che transitano lungo il Brennero. "Sarebbero da considerare brani di territorio che ci vengono restituiti, restituiti all’area fluviale, al paesaggio delle sue rive - commenta Bocchi - Invece temo che vengano pensati come aree da lottizzare; ed è catastrofico che alcuni brani di questo territorio prezioso siano già stati sottratti a una più organica riprogettazione della fascia fluviale."
Infatti dopo il mostro della Motorizzazione Civile in prossimità dell’Italcementi, dopo gli orrendi condomini costruiti a fianco dello stadio (a proposito, tutti parlano di spostare lo stadio; ma le schifezze costruite vicino?) la giunta Dellai ci ha messo - e pesantemente - del suo: al ponte di San Lorenzo è previsto una megapalazzo per uffici comunali che dovrebbe superare (di 11 metri!) le altezze massime del Prg, rovinando la visuale del centro storico; e allo sbocco sul fiume di via Verdi - nuovo asse di penetrazione verso la città - è in fase di ultimazione l’ennesimo condominiaccio (del ben noto Pallaoro), con il cemento a ridosso di via Sanseverino e dell’Adigetto. Queste le prime avvisaglie di quello che dovrebbe essere la declamata finestra sull’Adige (e così infatti Pallaoro ha chiamato il suo condominio).
Non solo. C’è anche una questione di cultura, di idee. Con l’area fluviale sembrerebbero compatibili, in un’ampia area verde, edifici legati all’Università, alla cultura, allo sport, alla ricerca... Invece si ipotizza di localizzarvi un’area espositiva: ma le Fiere dappertutto vengono portate via dal centro, perché creano grandissimi afflussi per pochi giorni e difficilmente hanno qualità architettonica; insomma, la proposta sembra sorgere solo come conseguenza dell’attuale dinamismo (di per sé assolutamente positivo) del contiguo Centro Trentino Esposizioni. Che visione complessiva c’è allora?
E peggio ancora: sempre nella mitica finestra sull’Adige, nella prima delle caserme dismesse cosa si intende fare? Il nuovo carcere! Sembra che nelle nuove aree si voglia ficcare tutto quanto non trova posto altrove.
Infine il grosso sospetto. La pregiatissima area Michelin verrà acquistata e gestita da una società mista pubblica-privata (il pubblico - si dice - non ha i soldi per acquistare l’area). La cosa potrebbe funzionare; il fatto è che vi è prevista (non si capisce perché, anche qui le idee sembrano latitare) anche una destinazione residenziale: e allora, non è che poi il pubblico-privato finisce con i privati che fanno i soliti condomini, il pubblico il Palafiere, sull’Adigetto si fa un bel parcheggio, e la finestra sul fiume viene murata per sempre?
"Il dibattito è appena partito - risponde Pacher - Ed essendo un’area così pregiata, è comprensibile che tutti vogliano inserirvi i propri progetti. Però abbiamo già approvato un ordine del giorno - vincolante - che stabilisce le destinazioni, tutte pregiate, che vi si possono collocare.
L’idea del polo espositivo è sorta perché abbiamo visto che nella Michelin c’è un capannone di eccezionale bellezza, un reperto di architettura industriale di pregio, che tutti ritengono dover preservare. Una grande sala di quelle dimensioni (22.000 metri quadri) adibita ad uso polivalente, non solo esposizioni ma anche feste,come peraltro viene già usata la sede del Cte alle ex-Ortofrutticole, può essere un’ipotesi. Ma di sicuro non sarà quello fieristico l’aspetto caratterizzante. Dovrà essere un mix di funzioni: strutture formative di livello elevato, attività culturali, un polo residenziale."
Il solito condominio? E perché?
"Vorremmo assolutamente evitare la speculazione con costruzioni di bassa qualità. Stabilite le funzioni, la progettazione dovrà essere unitaria, di altissima qualità (stiamo parlando di una gara europea), un primo tassello di un disegno urbanistico che riguarderà poi le caserme."
Eppure i primi passi sono in tutt’altra direzione: gli uffici comunali, la sedicente Finestra sull’Adige di Pallaoro, addirittura il carcere alle caserme Bresciani...
"Sia la partita degli uffici comunali, che quella del carcere, sono sorte prima che, con la disponibilità della Michelin, si potesse pensare al nuovo comparto. Ora sull’impatto del palazzo comunale dovrà essere fatta qualche riflessione; e la zona della Questura-carcere, in prossimità di uno svincolo, interclusa tra più strade, non è molto pregiata, e contemporaneamente facilmente accessibile. Non credo che queste due realizzazioni possano presentare un vincolo eccessivo.
Il grosso della partita si gioca dalle caserme Pizzolato al nuovo ponte sull’Adige, e lì si può fare un discorso di continuità. E poi sull’altra sponda ci sarà l’Italcementi, l’affaccio di Piedicastello fino all’attuale cantiere della Nettezza Urbana, che sarà spostato ma non per edificare, e può invece felicemente essere una porzione di parco fluviale."
Veniamo a Trento-nord. Intesa come area dai Solteri a Centochiavi è il noto disastro. Il Piano Regolatore dell’89 prevedeva una bonifica partendo dalla trasformazione di via Brennero in strada urbana alberata, con portici, panchine ecc: oggi ci sono solo i guard- rail. Trento-nord intesa come area Sloi e Carbochimica: potrebbe essere l’ultima occasione di riqualificazione, ma - a parte tutta la partita sull’inquinamento - anche qui sembra mancare l’idea forte, si parlava di centro fieristico (qui si appropriato) ma l’idea è svanita, rimane il solito mix di negozi e condomini, senza alcun progetto per dare un’anima al quartiere, per formare una comunità.
"Anche qui vale lo stesso discorso fatto per Michelin e caserme: le funzioni di Trento-nord vanno legate alla riflessione sulle funzioni di tutta la città. - risponde Pacher - In ogni modo, per il riequilibrio dell’area, la vera soluzione l’avremo con lo spostamento dell’attuale deposito dell’Atesina: lì credo sia la vera occasione per fare dei Solteri un vero quartiere."
Poniamo le stesse questioni a Eccher. Che ci rimanda al suo programma, che con assoluta schematicità elenca da una parte le aree dismesse da recuperare (Trento-Nord, Michelin ecc) e dall’altra "problemi di diversa dislocazione di uffici e servizi: la Questura, il polo giudiziario e annesso carcere, lo stadio, gli uffici comunali, la caserma dei Vigili del Fuoco, il comando della Polizia Municipale, il nuovo ospedale regionale."
Eccher spiega: "Ci sono queste aree e ci sono questi problemi: è una questione di metodo, dobbiamo pianificare attentamente come collocare questi servizi dentro tali aree."
La cosa non ci convince proprio. Quelle elencate non ci sembrano proprio funzioni di pregio da localizzare in aree così centrali e delicate. Ad Eccher, primario, chiediamo: ma le sembra proprio che il nuovo ospedale vada localizzato alla Michelin?
"No, per l’ospedale è diverso; va costruito in una zona più decentrata."
Ma insomma, queste aree così centrali, per essere valorizzate, non hanno bisogno di un’idea forte, di una funzione che le caratterizzi? Mi sembra che questo manchi nel suo programma.
"Su questo mi permetta di essere vago. E’ solo da un mese che mi occupo di questi problemi. Nel programma pongo solo una questione di metodo, che mi sembra prioritaria."