La società civile cerca di crescere
Il Patto per lo Sviluppo, sottoscritto da tutte le associazioni, sindacati ecc. Non è tutto oro, comunque...
Non è tutto oro quello che luccica. Ma certamente è un’altra cosa rispetto ai modesti compitini finora usciti dagli incontri senza fine fra i partiti del dopo 22 novembre, sempre tesi a chiedere reciprocamente all’altro con chi intende andare, piuttosto che a chiarire quello che ciascuno vuol fare. Parliamo del documento presentato, qualche giorno fa, dalle forze della società civile trentina, quella che un tempo si definiva come il mondo che "opera, produce e lavora". C’è nel documento l’apporto evidente dei temi emersi nel convegno confindustriale dello scorso anno ed emerge l’impostazione del sindacato proposta alla vigilia delle elezioni. E vi si avverte l’afflato dell’associazionismo cattolico, l’apporto delle ACLI trentine.
A differenza di altri documenti del passato, questo non appare però come un semplice assemblaggio di rivendicazioni. C’è effettivamente una tensione in più. A cominciare dall’esplicito riconoscimento della necessità di recuperare valori essenziali di riferimento anche parlando del tipo di sviluppo economico e sociale che il Trentino si prefigge.
Un documento firmato da tutto il mondo dell’imprenditoria trentina che accetta "la centralità dell’uomo" come valore fondante di una società consapevole del valore che ciascuno può offrire agli altri, consapevole dell’essere piuttosto che dell’ avere, merita di essere valutato con attenzione. Un documento che propone l’etica dei comportamenti in una società abituata in termini parassitari a rivendicazioni e rimostranze solo per accaparrarsi la propria quota delle risorse collettive, è tema che coinvolge strategie e politiche degli imprenditori, dei sindacati, di tutti i cittadini nel rapporto con l’istituzione.
Porre come primo mattone del patto fra le componenti della società trentina i temi della giustizia e dell’etica, da questi far discendere il valore cultura, la cultura d’impresa, ma anche il valore del lavoro e in questo il valore dell’auto-realizzazione quale stimolo "per raggiungere mete altrimenti utopistiche", è linguaggio fresco e nuovo, che alimenta timidi segni d’ottimismo e di speranza.
Nel Trentino di oggi, così cristallizzato nelle sue opulente, fragili corporazioni, un documento che pone la "solidarietà" come elemento di saldatura fra componenti forti e componenti deboli per crescere insieme, apre prospettive che sono anni luce in avanti rispetto ai miserevoli toni dei dibattiti che mortificano, da troppi anni, prospettive e speranze. Per un decennio, i segni massimi di responsabilità verso i mondi esterni erano dati dai codici di autoregolamentazione delle categorie produttive. Qui invece la proposta è di avere codici deontologici di responsabilità per l’individuo, l’impresa, l’istituzione pubblica: quindi si vuole passare dalla "autoregolamentazione" che in realtà è acqua fresca, ai "codici", che presuppongono l’accettazione di un’autorità superiore in grado di vigilare e intervenire.
Sembra che il Trentino per un attimo sia riuscito, dopo anni di depressione culturale ad agganciarsi al dibattito europeo, quello che discute su come superare i limiti del mercato e del liberalismo senza limiti, che timidamente è riproposto come "terza via".
E in questa terza via ci sono le coordinate per ritrovare nelle caratteristiche economiche e territoriali del Trentino non un limite, ma una risorsa, uno sviluppo in grado d’esaltare i segni di una storia, anche di quella civile oltreché ambientale, senza cedere a progetti che tutto omologano e banalizzano. Da qui i progetti, le proposte specifiche "per un Trentino delle alleanze e dello sviluppo".
A
bbiamo detto che non è tutto oro quello che viene proposto. Riemergono antichi luoghi comuni che hanno accompagnato le polemiche di questi anni. La richiesta di "flessibilità" nelle scelte urbanistiche è troppo scopertamente legata alla rivendicazione di un fare e di un lasciar fare incompatibile con la rigidità delle qualità del nostro territorio, bello, ma fragile. C’è anche una solidarietà ambientale che va rispettata e che impone di non cedere ai poteri forti pronti a denunciare lacci e laccioli per le loro imprese per chiedere poi che il pubblico si accolli il costo dei danni provocati perché quei lacci, meglio quelle regole non si sono volute rispettare.
Comunque, a parte questi e probabilmente altri rilievi, siamo davanti a un contributo importante, da prendere in considerazione per uscire dalle secche in cui ci siamo arenati; importante soprattutto perché, pur essendoci tra i promotori le locomotive e i rimorchi (fra i primi, sicuramente l’Associazione Industriali e la Cgil, e già quest’accoppiata è un evento assai positivo), è espresso insieme da tutti.
L’incognita rimane la politica. In questi giorni pare sbloccarsi la paralisi istituzionale. Avremo quindi un governo del Trentino formato da forze politiche per le quali sarebbe naturale attingere a quei "valori dello sviluppo" così pianamente enunciati nel documento che abbiamo commentato.
Riusciranno a reincontrarsi i progetti della politica e quelli di una società che non s’arrende a una sopravvivenza assistita, parassitaria e deresponsabilizzata? Nei prossimi mesi sapremo se la parte di Trentino consapevole e non rassegnato che col documento si è espressa, troverà interlocutori adeguati in chi deve gestire risorse umane, ambientali, culturali e finanziarie. E sapremo anche se aneliti di speranza potranno essere ancora coltivati o se la depressione morale del Trentino è destinata a continuare.