Trentino da salvare: S.Apollinare per cominciare
Bellezze artistiche e ambientali sconciate, trascurate o tenute nascoste. Una nuova rubrica per segnalare gli esempi più evidenti del Trentino degradato.
Questa rubrica, mensile, si occuperà dei giacimenti culturali minacciati nella nostra provincia e per questo le è stato dato il titolo volutamente drammatico e anche un tantino retorico di "Trentino da salvare".
Giacimenti culturali, per usare le parole di Umberto Eco, non sono solo i beni artistici ma anche il folklore, le foreste, i parchi, le specie animali, le tecniche di coltivazione obsolete, ma soprattutto il paesaggio, che testimonia della cultura che lo ha lavorato.
Il Trentino, per il suo limitato sviluppo industriale e urbano, può contare ancora su un insieme di giacimenti culturali il cui grande valore è progressivamente minacciato da attacchi di ogni genere, derivati dalla speculazione vera e propria, da una burocrazia insipiente e sciatta o da interventi di cosiddetto restauro che non tengono conto della storia e dell'ambiente. Se un tempo la provincia di Trento era all'avanguardia nel campo della salvaguardia ambientale, ora invece segna il passo o addirittura mostra segni di involuzione preoccupanti, proprio in un momento in cui il turismo si fa estremamente concorrenziale e si basa sempre di più sull'offerta qualificata.
Così l'indiscriminato sviluppo delle strade rischia di compromettere definitivamente intere zone: valga come esempio la valle dell'Adige, il cui armonioso paesaggio agricolo sarà totalmente sovvertito se verranno realizzate la bretella della Piana Rotaliana, la terza corsia dell'Autobrennero e il grande viadotto di Avio che, tagliando l'intera valle, comprometterà la veduta del castello e distruggerà un paesaggio di grande fascino che costituisce il biglietto da visita del Trentino per chi viene da Sud.
Accanto alle strade, un altro attacco è costituito dal proliferare delle seconde case (sei volte più numerose in Trentino che nel vicino Sudtirolo), che hanno ormai rovinato intere aree, quali l'altopiano di Piné e quello di Fai della Raganella.
Insediamenti industriali e artigianali non pianificati hanno alterato irreversibilmente ambienti spesso significativi dal punto di vista storico ed estetico, come la destra Adige fra Villa Lagarina e Isera.
Anche sui parchi naturali, fiore all'occhiello del Trentino, incalza la minaccia di impianti di risalita, di strade aperte al traffico automobilistico (val di Genova) e di zone rese accessibili ai cacciatori, complici gli interessi di gruppi di pressione economica e di Comuni miopi.
I centri storici sono a loro volta stravolti da arredi urbani che, non tenendo conto del contesto storico, introducono tipologie e materiali estranei, come è successo a Villamontagna e attorno alla chiesa di Sant'Apollinare, per rimanere a Trento.
Infine i giacimenti culturali nascosti, come le arche dei Castelbarco a Loppio, che giacciono ancora nelle casse a sei anni dal restauro, la chiesa di Zambana vecchia, con gli affreschi gotici e le tombe monumentali, il muro tardoromano di casa ex Zadra a Piedicastello, la Torre Franca a Mattarello, o quelli insidiati gravemente dall'incuria, come palazzo Lodron a Ponte Caffaro, Castel Balasi in vai di Non, la Montecatini di Mori, i mulini in vai di Rabbi...
Una rubrica di riscossa, dunque, e di promozione dei giacimenti culturali minacciati, occultati, sottratti alla fruizione pubblica, una rubrica che richiede la partecipazione attiva dei lettori con segnalazioni e suggerimenti e che è idealmente dedicata a coloro che, più o meno ufficialmente, con il loro impegno e il loro entusiasmo si sono battuti in questi ultimi anni per la salvaguardia dei giacimenti culturali, andando incontro spesso a incomprensioni e frustrazioni ma sortendo a volte risultati di grande importanza, come la sventata copertura dell'Adigetto a Trento, frutto dell'azione combinata di circoscrizioni, comitati, associazioni e singoli difensori dell'ambiente.
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Sant'Apollinare a Piedicastello: ristrutturare o cancellare?
Il commento di Italia Nostra sulla ristrutturazione dell'area circostante la Chiesa di Sant'Apollinare è stato lapidario: "E' esattamente quello che non si doveva fare".
Il muro di recinzione, secondo l'architetto Lupo, maestro del restauro di edifici storici, andava bene per un'autostrada, non per una zona monumentale che era rimasta pressoché intatta dai tempi in cui Dürer l'aveva fissata nel celebre acquerello. Ad essi si associano i partecipanti alle visite guidate al quartiere effettuate nel maggio scorso, molti abitanti di Piedicastello e i membri della comunità parrocchiale.
Voluto dal Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici e finanziato in maniera consistente dal Comune di Trento, che ha sborsato trecento dei settecento milioni necessari, il progetto di ristrutturazione è stato affidato allo studio tecnico dell'ingegner Paolo Franceschini. Non c'è stato alcun concorso dunque per la sistemazione di un'area tra le più importanti di Trento per il valore storico artistico e ambientale.
Non solo: il progetto è stato presentato alla comunità in maniera parziale (non vi compare la rete metallica di recinzione), scarsamente leggibile e soprattutto pochissimo tempo prima della sua realizzazione, togliendo quindi ogni possibilità di confronto e discussione.
Ne è uscito un compromesso che ha scontentato sia i parrocchiani che volevano il mantenimento del campo da calcio, sia gli appassionati d'arte e di storia che avrebbero voluto finalmente realizzato l'auspicio dell'ex sovrintendente Rasmo di rimettere in luce la parte basamentale della chiesa con il prezioso parato di lapidi romane. Ne è uscito un ibrido tra campo da calcio e area prativa che sconcerta per la sua freddezza e per l'impatto ambientale e rattrista per il sovvertimento del luogo, caratterizzato dalla chiesa gotica, dall'antica casa abbaziale (ora canonica), dal cimitero sul sagrato e dai vecchi muri di recinzione, quei muri misti in ciottoli e pietre che costituiscono il tessuto connettivo del paesaggio trentino e che troppo spesso vengono sacrificati con il pretesto della viabilità o della funzionalità.
Così, onde allargare la strada di accesso, il vecchio muro di recinzione del prato attorno alla chiesa di sant'Apollinare è stato sostituito da un'asettica muraglia in cemento rivestita di pietre da taglio giuntate al millimetro, fatte arrivare dalla val di Sole (mancavano le cave nei dintorni di Trento?) e sormontato da una rete metallica che stride con l'ambiente circostante.
L'aggiunta di una costruzione coperta in rame, aggressiva e malamente camuffata, aggiunge un ulteriore elemento dissonante, ma è soprattutto il tratto di muraglia verso il lung'Adige a suscitare il disappunto. Il muro, provvisto di rete metallica, esegue una brusca rientranza ad angolo che insiste direttamente sull'abside ottocentesca con il risultato di tagliarne la visione dal lato sinistro.
La distruzione del vecchio muro di cinta, l'aggressività di quello nuovo, l'utilizzo di materiali estranei alla tradizione locale, la definizione rigidamente geometrica degli spazi, hanno quindi sconvolto la caratteristica del luogo, quella di essere uno spazio fluido, filtro tra il fiume, l'antico sobborgo di Piedicastello, che conserva ancora il suo aspetto campagnolo, e il fondale del Dos Trento.
Resta, magra consolazione, la chiusura della piazza ai veicoli (non ancora realizzata peraltro) e resta l'inquietudine per la seconda parte del progetto, quella che interessa la piazzetta fra la chiesa e la canonica.
Il progetto prevede una rampa di accesso a gradoni e una pavimentazione in pietra a griglia che nulla hanno a che fare con un sobborgo antico come quello di Piedicastello, un sobborgo che negli anni Sessanta ha fornito gli ultimi maestri selciatori per la zona antistante il castello del Buonconsiglio.