Radio e tv private: allarme rosso
Già dimezzate dopo il boom degli anni '80, le emittenti private trentine rischiano di sparire o di essere fagocitate dai grandi network. E con esse scomparirebbe un bel pezzo dell'informazione locale.
Una ventina di persone in tutto, compresi i relatori, erano presenti sabato scorso alla prima conferenza delle radio e televisioni locali: una circostanza che il prof. Renato Porro, presidente del Comitato Provinciale per i Servizi Radiotelevisivi (Corerat), come sempre senza peli sulla lingua, ha giudicato emblematica per capire la situazione odierna, non proprio ideale, delle reti radiotelevisive private nella nostra provincia.
Eppure gli inizi dell'avventura dell'emittenza privata erano stati, in apparenza, splendidi: quando nel 1977 nacque Televisione delle Alpi (Tva), la prima emittente televisiva trentina deteneva il monopolio dell'informazione televisiva provinciale, visto che ancora non esisteva il Tg3 regionale. A dire il vero, molto presto gli osservatori più attenti cominciarono a profetizzare che la cuccagna non poteva durare: quattro televisioni (a Tva si aggiunsero Rttr, Tea ed Europa Tv) non potevano reperire le risorse per sopravvivere a lungo in un bacino d'utenza di sole 400.000 persone come la provincia di Trento; e difatti se il castello di carte rimase in piedi fino ai primi anni '90, è perché c'era il trucco: "Era un mercato drogato ci spiegava nell'ottobre del '93 Giuseppe Speccher, direttore prima a Tva poi a Rttr Sia sul versante delle imprese, che spesso confondevano il mezzo con il fine, facevano cioè pubblicità non per vendere, ma per apparire; sia sul versante politico e istituzionale, che si è in più occasioni inventato la necessità di certe committenze solo per fornire alle Tv un supporto condizionante".
E così, in coincidenza non del tutto casuale col dilagare di Tangentopoli, le emittenti locali si sfoltirono rapidamente. Quelle televisive si dimezzarono da quattro a due (e morirono proprio quelle con maggiori ambizioni); mentre sul versante radiofonico il fenomeno fu ancora più appariscente. Le radio private che diffondevano il loro segnale in Trentino, negli anni d'oro arrivarono ad essere complessivamente 101 (comprese quelle di origine extraprovinciale): tutti i comprensori, con la sola eccezione della vai di Sole, avevano una loro radio, mentre a Trento ce n'erano addirittura 27; oggi, di tutto quel ben di Dio, rimangono 44 radio, di cui solo 18 con sede in Trentino.
Una salutare razionalizzazione, che però ci consegna un panorama tutt'altro che equilibrato e soddisfacente.
I dati sopra riportati, e molti altri che in parte riferiremo, provenienti dalla tesi di laurea del dott. Ferdinando Andreatta o raccolti direttamente dal Corerat, ci descrivono infatti una situazione estremamente diversificata, che vanno da un dilettantismo impresentabile a buoni livelli di professionalità: insomma, appare fuorviante comprendere l'insieme di questo mondo, in maniera uguale per tutti, nella categoria della "emittenza locale".
A parte il discorso della qualità, che lo stesso utente ha modo di verificare, le stesse strutture aziendali si presentano con caratteristiche molto diverse, soprattutto nella radiofonia: quasi metà delle emittenti non ha personale dipendente ed è lo stesso editore a fare il factotum; il costo di uno spot di 30 secondi varia fra le 1.000 e le 23.000 lire; il fatturato, in ben sei casi, è sotto i 100 milioni, e solo per due radio supera il mezzo miliardo.
Con strutture tanto fragili, la qualità lascia molto a desiderare, soprattutto nel settore informativo, che spesso vede impegnati dei volonterosi volontari che difficilmente sono capaci di andare oltre la lettura dei quotidiani e dei fax provenienti dai vari Palazzi. In queste condizioni, le radio locali sopravvissute rischiano di essere fagocitate (come già è successo) dai network nazionali ed interregionali, fino alla definitiva scomparsa di quell'informazione riguardante il territorio e di quel legame con la società circostante che dovrebbe essere la prima ragion d'essere di una piccola emittente.
Nel settore televisivo, le cose vanno appena meglio, nel senso che le due reti sopravvissute Rttr e Tea sono al momento in grado di reggere sul piano economico: ma con quali risultati?
Secondo i dati fomiti dalle stesse reti, in entrambe il palinsesto è occupato soprattutto da televendite, pubblicità e promozioni. I notiziari faticano a fare concorrenza a quelli di Rai3 (come accadeva invece ai tempi di Tva). E le autoproduzioni sono quello che sono: vedi "Franz e Bepi".
A giustificare queste reti, in definitiva, rimangono le cronache di sport locale, alcuni dibattiti politici, e le riprese delle sedute consiliari (della Provincia e dei comuni di Trento e Rovereto). Un po' poco, ci pare.
Rino Perego, vicepresidente del Corerat, lamenta la "incapacità da parte dell'imprenditoria locale di inserirsi con professionalità in un settore che, nelle vicine province, è in rapida fase di consolidamento e di espansione"; sicché "il Trentino televisivo è oggi terra di conquista per le realtà a noi vicine".
Una conclusione, quest'ultima, che come spettatori forse potremmo addirittura auspicare: chi abbia occasione di seguire la programmazione di una tv locale come la veronese "Telenuovo" non può che augurarsi che anche la realtà trentina possa venire quanto prima investigata e raccontata con la stessa attenzione, curiosità e professionalità. Per cominciare, è già al lavoro da tempo, in Trentino, una redazione locale di "Telepace".