Trasporto pubblico: allarme rosso
L'Europa verso la deregulation in nome dell'efficienza. La sicurezza e la giustizia sociale vengono in secondo piano...
Se in Svezia, al posto di un centinaio di piccole e medie imprese nel settore del trasporto pubblico, ne rimangono appena una dozzina... Se la Svedbus e la Linjebus, due delle più grandi di queste imprese, vengono acquisite dalla francese Gea Spa, monopolio privato nel settore dell'acqua (rifornimenti di acqua potabile e smaltimento delle acque di scarico), terza nella qualifica dei grandi costruttori europei... E se la Gea diventa proprietaria di imprese medie del trasporto in tutta Europa, dal Portogallo alla Germania ed al Regno Unito, cosa è? Libero mercato, benefica competizione? E chi ci crede?
La Commissione UÈ; la quale, già nel 1995, ha fatto pubblicare sulla Rete dei Cittadini (COM 95 (601) fin.) un "libro verde" nel quale rileva che, mentre "I sistemi di trasporto pubblico sono spesso di proprietà pubblica - fatto che favorisce la diretta realizzazione di una politica del trasporto ", questa struttura pubblico-monopolistica è "caratterizzata dall'assenza di incentivi economici per aumentare sia l'efficienza che la qualità del servizio".
E chi ha qualcosa da ridire? I trasporti pubblici metropolitani sono quelli che conosciamo....
D'altronde, in Gran Bretagna la deregolazione totale ha di fatto rovinato il servizio pubblico esistente, e dunque la Commissione deve concedere, bontà sua, che "le forze del mercato, da sole, non riescono a garantire una sufficiente qualità del servizio pubblico che favorisca la realizzazione degli obiettivi fondamentali delle politiche economiche, sociali e regionali ".
Ciononostante, con la comunicazione della Commissione dell' 11 marzo 1998, vengono annunciati nuovi decreti comunitari che dovrebbero sostituire il decreto n. 1893/91 che disciplina il trasporto pubblico. Obiettivo: più mercato al posto del monopolio pubblico, anche nel trasporto pubblico cittadino e metropolitano. Il comune dovrà dunque bandire un concorso per le linee o per tutta la rete cittadina. In teoria, tutto bene, ed evviva la competizione e l'efficienza.
In realtà, però, c'è qualche piccolo problema, visto che le cose non funzionano sempre come dovrebbero secondo il manuale di economia (neo-classica).
1. Le imprese private medio-piccole, che qui da noi fanno parte, insieme all'impresa comunale, del consorzio che gestisce la rete provinciale, saranno efficienti e produttive, ma non sono degli european players, cioè non godono dell'economia di scala, e nemmeno possono concedersi il lusso di offrire "prezzi di battaglia". D'altra parte, la Gea o la Stagecoach, con il loro giro d'affari, nel settore trasporti, attorno ai 2-3.000 miliardi, possono anche permettersi perdite iniziali per entrare nel mercato, con la prospettiva di ulteriori utili oligopolistici qualche anno dopo, quando avranno spazzato via i concorrenti piccoli. Insomma, "aprendo il mercato", togliendo il monopolio pubblico territoriale, si finisce per creare una situazione di oligopolio privato, come si è visto nel settore della telecomunicazione.
2. Le imprese comunali, anche quando non sono pigre ed immobili imprese monopolistiche, hanno una struttura dei costi che non permette loro di resistere alla competizione dei grandi privati: alla \ Ivb di Innsbruck, un km/bus costa 6.570 lire. Ad una grande impresa privata ne costa 2.930.
E perché? Il manovratore comunale costa 49.000 lire all'ora, e guida 1.500 ore l'anno, mentre quello privato, con un contratto diverso, costa 17.140 lire e guida 2.400 ore.
Embè? Vogliamo, in nome dell'efficienza, che tutti gli autisti (che debbono manovrare magari un filobus del valore di 700 milioni, con centinaia di migliaia di passeggeri annuali, nel traffico metropolitano) facciano questo mestiere per la miseria di 17.140 lire l'ora? Lo dica il legislatore, prima di forzare l'apertura del mercato.
E vorremmo anche sapere cosa farà per evitare i famigerati stranded investments, cioè gli investimenti comunali nel settore del trasporto pubblico, che saranno perduti quando i privati avranno fatto fuori le aziende comunali.
Sia benvenuta la competizione, la qualità e l'efficienza. A patto che ci siano delle norme e dei contratti che garantiscano un minimo livello di sicurezza, anche per i lavoratori, e che tutelino anche le piccole e medie aziende.