L'anti-mafia di maniera: il balletto delle autorità
Funzionari e papaveri si pavoneggiano in comitati e protocolli. Ma in valle scelgono come referenti l’area grigia.
Racconta Saverio Lodato (curatore, con il dott. Nino di Matteo, del libro “Il colpo di spugna”, sulla sentenza della Cassazione in merito alla “Trattativa Stato Mafia”) che solo il grido nelle piazze “Lu re non è nudo!”, da parte di un funzionario del re, aveva avvalorato quanto prima gridato da qualcuno nell’indifferenza quasi generale: “Lu re è nudo!”. Tuttavia qualcuno aveva provveduto a riferire al re la grave ingiuria e da qui l’atto riparatorio preteso dal sovrano che, non passandoinosservato, rese finalmente convincente quanto prima distrattamente udito.
Questo è senz’altro l’effetto dell’ennesima parata presso il municipio di Lases, con sindaco, prefetto e comandante provinciale dell’Arma, a sbandierare l’avvenuto risanamento del Comune il cui punto di approdo sarebbe costituito dalla sottoscrizione, lo scorso 16 aprile, di un “Protocollo di sicurezza cittadina”. Come se non bastasse, due giorni dopo, con squillo di trombe e rullo di tamburi, il presidente della Provincia ha annunciato la conferenza in sala Depero a Trento sul “Rischio infiltrazioni della criminalità organizzata”. Anche in questo caso grande parata di uniformi e cariche istituzionali, dal prefetto al procuratore della Repubblica, politici, funzionari e segretari generali delle confederazioni sindacali, tutti a vantare grandi risultati nel contrasto alla criminalità organizzata.
Quanta somiglianza con quel ligio funzionario inviato per informare che “Lu re, nudo non è!”. Tanto che in molti si sono ricordati che quegli stessi personaggi (o loro omologhi sugli scranni delle più alte istituzioni), fino a pochi anni fa, negavano recisamente malaffare e presenze mafiose nella nostra “immune” provincia autonoma. Tornando poi in Valle di Cembra, colpisce in particolare che nel protocollo firmato a Lona-Lases, stando a quanto riportato dalla stampa, non compaia nemmeno la parola “mafia”; a riprova che il re ha dato precise istruzioni.
Non è casuale che i soggetti individuati quali gruppi di riferimento per le eventuali segnalazioni, con un solo coordinatore abilitato a tenere i contatti con il Comune o il 112, (un filtro, per così dire, teso a delegittimare l’opera di denuncia del malaffare da parte di cittadini liberi da condizionamenti) siano i Vigili del Fuoco, i cacciatori e l’Asuc.
Sarebbe interessante sapere quante segnalazioni, negli ultimi 30 anni, siano pervenute alle autorità preposte da parte di questi soggetti. D’altronde cosa si poteva pretendere da enti e associazioni che in questi anni, lautamente foraggiate, hanno costituito la base del consenso di amministrazioni comunali sostenute e partecipate da soggetti condannati in primo grado per associazione mafiosa? Basti dire che il Comitato Asuc eletto nel 2011 vedeva uno di tali soggetti nominato responsabile cave e che il presidente dell’ente era quel Roberto Dalmonego per tre volte eletto sindaco di Lona-Lases e di cui è stato richiesto il rinvio a giudizio per voto di scambio politico-mafioso: Dalmonego, che è stato a lungo comandante degli stessi Vigili del Fuoco (ricoprendo anche l’incarico di Ispettore distrettuale), nei quali ritroviamo una folta rappresentanza di ex amministratori comunali nelle varie maggioranze supportate dai fratelli Battaglia (condannati in primo grado per associazione mafiosa).
Per quanto riguarda poi la locale Associazione cacciatori, vale la pena far notare la presenza, in sede di firma del protocollo in Comune il 16 aprile, di Marco Casagranda quale rappresentante dei cacciatori della Valle all’interno dell’Associazione provinciale.
Come dimenticare che anch’egli è stato eletto per ben tre volte sindaco di Lona-Lases (la prima volta rivestiva anche la carica di Provveditore della locale Sezione cacciatori) con l’appoggio degli stessi fratelli Battaglia? E che dire del fatto che a lui si deve la nomina ad assessore esterno alle cave di Giuseppe Battaglia?
Quel Giuseppe Battaglia che ha gestito la Anesi srl (concessionaria di cava a Lona-Lases) e in maniera occulta la Cava Porfido srl (concessionaria di cava ad Albiano) sfruttando ferocemente i lavoratori (condanna in primo grado per caporalato), portando le ditte al fallimento e lasciando centinaia di migliaia di euro di contributi assicurativi non versati (250 mila quelli della Cava Porfido). Il tutto sotto l’occhio vigile di sindacati confederali impegnati a sottoscrivere accordi di conciliazione finalizzati, più che a tutelare gli operai, a mettere al riparo le ditte da eventuali provvedimenti sanzionatori da parte di amministrazioni comunali incalzate dagli esposti del CLP.
Quei fratelli Battaglia assieme ai quali Marco Casagranda affermava pubblicamente (mediante lettera alla stampa) di essere impegnato per “il bene del paese”! Come non ricordare che nei confronti di Marco Casagranda si era aperto un procedimento per abuso d’ufficio proprio in relazione alle ultime vicende relative alla ditta Anesi srl (sparo mine non autorizzato e abbattimento fuori lotto di 2.500 mc di roccia) avvolto da una fitta nebbia e destinato all’oblio in virtù della ormai prossima definitiva abolizione del reato per mano del ministro Nordio?
Fratelli Battaglia con i quali i noti e potenti cugini Odorizzi di Albiano (uno dei quali sindaco, vicesindaco e consigliere provinciale) non si facevano scrupolo nel condurre in porto affari miliardari (acquisto della cava di Camparta) in odore di riciclaggio, stando all’arringa, nel processo Perfido, della PM Colpani. Se questi sono i soggetti chiamati a segnalare stiamo freschi!
Addirittura ridicolo appare poi l’annuncio fatto dal neo sindaco dell’installazione di telecamere ad ogni angolo di strada, dal momento che il problema è: chi poi guarda i monitor? I mafiosi e sodali – a dar credito a indagini, richieste di rinvio a giudizio, prime condanne - comodamente seduti nelle loro stanze di assessori o di sindaci o di comandanti della stazione dei Carabinieri? Insomma, se non si parte dalle risultanze processuali, non si va da nessuna parte.
Inoltre, continuando a dire che in questo modo si intende riabilitare Lona-Lases, si fa intendere che tutto è veramente avvenuto solo all’interno di questo piccolo comune della zona del porfido, mentre le indagini condotte dal ROS dei Carabinieri ci hanno restituito l’immagine di una ben più estesa e radicata presenza ‘ndranghetista in provincia di Trento, coinvolgendo a vario titolo giudici del Tribunale di Trento, politici provinciali, membri delle Forze Armate, e che tra le frequentazioni di Giulio Carini (figura importante anche se non compare nella richiesta di rinvio a giudizio) vi erano pure alcuni dei predecessori del dott. Santarelli.
Il pericolo sono gli schiamazzi serali?
Che le telecamere e la cartellonistica dissuasiva possano realmente contrastare queste metodologie silenti di infiltrazione che, occorre sottolinearlo, hanno trovato ampie disponibilità alla collaborazione da parte di una cospicua quantità di trentini operanti in vari settori economici o ricoprenti vari ruoli politico-amministrativi, non lo crederebbero nemmeno i bambini. Pare piuttosto che tutto ciò, messo in mano a certi soggetti, possa tradursi in realtà in maggior controllo sociale da parte di chi in valle ha esercitato ed esercita il potere economico e politico e sia volto eventualmente a reprimere quei piccoli comportamenti devianti derivanti da un diffuso malessere sociale.
In questo senso va certamente interpretata l’affermazione contenuta nel protocollo (e riportata dalla stampa) relativa al fatto che “fenomeni correlati al disagio socio-economico possono determinare degrado dei comportamenti e forme di illegalità che incidono sulle fasce più vulnerabili della popolazione”. Par di capire che, in sintonia col governo Meloni, l’attenzione venga puntata ai livelli più bassi al fine di distoglierla dai colletti bianchi. In linea certo con quanto già facevano le amministrazioni locali, basti solo ricordare l’intervento in paese nel 2016 dell’allora consigliere di opposizione Fugatti, sollecitato dal consigliere comunale Fulvio Micheli e dal sindaco Marco Casagranda, per evidenziare il grave problema degli schiamazzi serali, con relativo disturbo della quiete pubblica, da parte di ragazzini extracomunitari.
Non una parola sulle gravi condizioni in cui versavano molti operai extracomunitari occupati nelle cave! Fugatti, che in sede di discussione della modifica della legge cave nel 2017, faceva appello “agli amici autonomisti” affinché si opponessero all’introduzione nella norma della possibilità di avvalersi per il controllo nelle cave di corpi di polizia statali, dicendosi scandalizzato che nell’autonomo Trentino si potesse far ricorso alle autorità italiane “per nar a controlar i cavadori”. Su questa linea, di fatto, i prefetti di Trento si sono diligentemente mossi in questi anni, evitando di richiedere l’invio di una Commissione d’accesso a Lona-Lases, disconoscendo in tal modo l’autorità della Repubblica in territorio trentino.
Ed è lo stesso Fugatti che, audito nel 2022 dalla Commissione parlamentare antimafia nella sua veste di presidente della Provincia, ha nascosto alla stessa le risultanze che erano emerse nella relazione del Gruppo di lavoro presieduto dall’ex procuratore Dragone, attirando su di sé, per le apparentemente ingenue sue affermazioni, il sarcasmo del presidente Nicola Morra. Stride pertanto, e non poco, l’attivismo attuale del prefetto e di tutte le autorità politico-istituzionali che si affannano a proclamare risolto ogni problema, solo perché a Lona-Lases non si è intaccato in alcun modo il potere del “Comitato d’affari” nel quale, per lunghi anni, si sono interfacciati esponenti della potente lobby locale e rappresentanti di una ancor più potente holding internazionale chiamata ‘ndrangheta. Anche in questo caso pare che si intendano rimuovere i problemi con un colpo di spugna per non disturbare gli affari del re che, si badi bene, “nudo non è”.