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QT n. 3, marzo 2024 Cover story

ITEA, l’incuria

L’ITEA non si cura delle spese di riscaldamento, che travolgono la vita degli inquilini

Per raccontarvi la vera storia della “crisi delle bollette pazze” dei condomìni ITEA dobbiamo partire da lontano, perché la tempesta perfetta che abbiamo visto esplodere nelle ultime settimane, con decine di avvisi di sfratto già inviati e centinaia di altri in arrivo, motivati dalla morosità sulle spese condominiali, comincia in realtà nel 2020. E dovrete avere la pazienza di seguirci passo passo in questa ricostruzione degli eventi che, spoileriamo un po’, ci porterà alla conclusione che ITEA non ha fatto bene il suo lavoro.

Dunque, verso la fine dell’anno primo del Covid, in molti condomìni fino a quel momento gestiti in toto dall’ITEA, c’è un cambiamento epocale: si passa dalla gestione onnicompresiva di ITEA a quella di amministratori privati. La ragione è in una recente legge nazionale secondo cui, quando in un condominio ci sono più di otto proprietari, è obbligatorio nominare un amministratore professionale.

Questa è ad oggi la situazione di molti complessi dove, nel tempo, una parte degli inquilini ha riscattato il proprio alloggio e ne è diventato proprietario. In Trentino, ha affermato l’anno scorso Francesca Gerosa, allora presidente dell’Istituto, ci sono ben 307 grandi edifici in questa situazione.

Vi facciamo l’esempio delle torri di Man. Su 14 torri, ormai solo due sono in totale proprietà dell’Istituto provinciale per la casa. Di questi ultimi ITEA ha mantenuto l’amministrazione. Nelle altre 12 ci sono parecchi piccoli proprietari. Ma attenzione: in quasi tutti ITEA mantiene una quota di proprietà che va oltre la maggioranza dei millesimi proprietari. E la stessa situazione di preponderanza si trova in molti altri dei 307 condomini “misti”. Quindi dichiararsi, come è stato fatto spesso da ITEA, un normale condomino è una presa in giro: nelle assemblee condominiali l’istituto poteva di fatto decidere tutto in assoluta autonomia.

Il passaggio comunque non è semplice. È praticamente una partenza da zero: ad esempio, in molti edifici è necessario perfino fare la ripartizione dei millesimi di proprietà, parametro fondamentale per l’attribuzione delle spese condominiali.

Non sappiamo tutto di come sia stato gestito il passaggio, ma una cosa è certa: ci sono casi in cui anche i piccoli proprietari avevano chiesto ad ITEA di assumere il ruolo di amministratore. Ma ITEA graziosamente declina, affermando che non vuole fare l’amministratore perché “al momento non sussistono le capacità di organico e professionalità per far fronte a tale impegno”.

Prima domanda: e prima chi faceva questo lavoro? Visto che comunque fino a quel momento i condomìni li aveva gestiti in proprio?

Abbiamo raccolto una voce, che vi giriamo, senza conferma: ad un certo punto ITEA avrebbe riorganizzato gli uffici smantellando quelli che si occupavano delle amministrazioni degli stabili.

Dai documenti in nostro possesso poi ricaviamo la sensazione che l'Istituto sia ben contento di potersi liberare del complicato lavoro di gestire gli stabili. Vedendo come sono proseguite le cose, potremmo perfino ipotizzare che ITEA si disinteressi proprio di come vengono gestiti i condomìni.

Il secondo problema che si pone, subito dopo la “privatizzazione dell’amministratore”, è quello dei contratti che il condominio deve stipulare (e che prima erano in capo a ITEA la quale poi suddivideva le spese tra gli inquilini): si va da quelli per la manutenzione degli ascensori, alla polizza di assicurazione e così via. Compreso quello che riguarda il riscaldamento degli edifici, praticamente tutti con sistemi centralizzati.

Storia di una torre Itea

Da qui in poi vi raccontiamo la storia di una specifica torre di Man, quella per la quale abbiamo la documentazione più o meno completa. Tenete presente però che abbiamo vari indizi (documenti) che ci consentono di considerare la storia della nostra torre-tipo come uno schema che si è ripetuto in molti casi, e non solo a Trento.

A metà 2021 quindi si deve decidere da chi comprare il gas per il riscaldamento. Nell’assemblea della nostra torre vengono presentati tre preventivi di possibili fornitori.

Quello che viene scelto, apparentemente il più economico, è proposto da una società che si chiama Comat spa, con sede a Rivoli, provincia di Torino.

Un inciso: gli amministratori “privati” che si sono aggiudicati il contratto per l’amministrazione degli ex-ITEA non sono molti. Sia a Trento che a Rovereto che a Riva del Garda girano sempre gli stessi tre o quattro nomi.

Niente di strano: i complessi sono grandi e richiedono amministratori con un’organizzazione dei propri uffici che non tutti i professionisti del settore hanno.

In molti casi anche i preventivi proposti per il gas sono più o meno gli stessi dappertutto. E la Comat si aggiudica parecchi di questi contratti di fornitura. Non sappiamo quanti, ma sul totale è una partita commerciale che conta gli euro in milioni.

Torniamo alla nostra torre, dove ITEA potrebbe fare il bello e cattivo tempo. Invece approva il contratto con Comat senza fare un plissé.

Seconda domanda: chi ha controllato quel contratto prima di firmarlo? A nostro avviso doveva farlo in primis l’amministratore, ma poi anche il superproprietario ITEA.

Per tre motivi.

Primo, perché ITEA deve sapere che sta lanciando i propri inquilini (quelli che per mission istituzionale deve aiutare) nel mare tempestoso del mercato del gas. Inquilini che fino a quel momento godevano di un contratto stipulato da ITEA con Edison per tutti i propri stabili. Provate a immaginare che condizioni commerciali può ottenere un soggetto come ITEA per tutte le sue proprietà. Tanto che vari condomìni chiedono di potersi accodare a quel contratto, ma, per ragioni secondo noi un po’ strumentali, ITEA dice che non si può fare.

Secondo, anche per il banale motivo che ITEA paga, con i nostri soldi, una quota di quei costi. Tutti i costi fissi di riscaldamento relativi agli appartamenti vuoti (e solo alle torri di Man ce ne sono parecchi a quanto pare).

Terzo, perché, da codice civile, le spese condominiali non pagate dall’inquilino ricadono sul proprietario. Che poi magari lo sfratta, ma i costi restano del proprietario, cioè noi, posto che ITEA riceve i propri fondi dalla Provincia.

Infine, in quel momento, c’è un motivo in più: il prezzo del gas era salito sulle montagne russe già da un po’, visto che il contratto della nostra torre viene firmato a ottobre 2021. Pensate solo che tra giugno e ottobre di quell’anno il prezzo del gas all’origine era triplicato.

Il mondo dei contratti del gas è un delirio tecnico-giuridico. Capire se un contratto è davvero conveniente richiede esperti del settore. Niente che possiamo fare noi, voi e nemmeno i piccoli proprietari. Forse invece gli uffici tecnici dell’ITEA un’idea ce l’hanno. O dovrebbero averla. A vedere le conseguenze di oggi, si direbbe che non l’abbiano nemmeno letto.

Perché ci siamo fatti spiegare per bene quel contratto e ci sono aspetti che avrebbero dovuto far suonare campanelli d’allarme.

Prima di tutto questa Comat non è un fornitore diretto di gas, ma un intermediario.

In Italia i fornitori diretti di gas - come sono ad esempio Dolomiti o Eni - sono iscritti in una specie di albo del ministero dell’Ambiente e Sicurezza Energetica.

Comat invece è una società che si occupa di efficientamento energetico. Sia sul piano del miglioramento degli impianti, che su quello della gestione del calore. Il contratto della nostra torre però non prevede alcun miglioramento strutturale degli impianti, ma semplicemente la vendita del gas. Che Comat a sua volta deve comprare da uno dei fornitori accreditati.

Se il mercato del gas è una follia, quello dell’intermediazione è una roulette russa, dove operano soggetti di ogni tipo. Scegliere, apparentemente senza nessun controllo all’origine, un soggetto di questo genere è decisamente poco accorto. In ogni caso le cose, magari, sarebbero potute andare più o meno lisce, se il prezzo del gas non fosse impazzito.

Secondo spoiler: ITEA, da due anni, ripete che le bollette pazze non sono colpa sua, dipendono dai prezzi del gas andati alle stelle. Leggendo il contratto Comat della torre-tipo dobbiamo dissentire.

I conti Vi diamo qualche cifra per i confronti. Abbiamo preso una bolletta di casa a mercato libero. Tenete presente che i condomìni ITEA sono in una categoria in parte tutelata e quindi godono di un prezzo decisamente calmierato rispetto al nostro esempio.

Tra l’inverno 2020-2021 e quello 2021-2022 il costo del riscaldamento di casa è quasi raddoppiato, da 800 a 1500 euro circa. L’inverno successivo, 2022-2023, il costo è andato a due volte e mezzo rispetto al primo anno preso in considerazione e arriva a quasi 2.500 euro.

Il problema, con la nostra torre tipo, è che nell’inverno base 2020-2021 vengono spesi circa 40mila euro per il riscaldamento. Il costo preventivato dal contratto Comat per l’inverno successivo è di circa 45mila euro più iva. Ma a fine stagione si arriva a 118mila euro e nell’inverno 2022-2023 quadruplica a 162mila euro.

Secondo i parametri che ci siamo fatti sulla casa singola, il conto corretto anche in condominio sarebbe dovuto essere intorno agli 80mila euro per l’inverno 2021-2022 e circa 100mila per il 2022-2023. In realtà il prezzo del gas nell’inverno scorso era di fatto triplicato, ma tutti noi siamo stati sparagnini con il riscaldamento, terrorizzati dal prezzo del gas. E anche nella nostra torre i consumi devono essere stati meno del consueto, visto che alcuni inquilini ci hanno detto che in casa faceva freddo.

In due anni quindi i condomìni della torre tipo, secondo noi, hanno pagato 80mila euro in più del dovuto, pur calcolando sul prezzo libero del gas.

Una prima ragione di questa differenza inspiegabile potrebbe essere che da ottobre 2021 il governo - per cercare di tamponare una situazione oggettivamente fuori controllo - ha tagliato drasticamente l’Iva sul gas dal 22 al 5 per cento e ridotto anche i cosiddetti oneri di sistema per un altro 2,5 per cento. In pratica dal totale delle bollette ha tolto quasi un 20 per cento che tutti noi abbiamo risparmiato. Ma non gli inquilini che avevano il contratto con Comat.

Perché Comat ha sempre fatturato i costi più il 22 per cento di Iva. E non sappiamo se abbia scalato i costi di sistema.

Può anche darsi che non potesse fare diversamente. Perché, essendo un intermediario, vende fiscalmente servizi e non gas. Quindi non poteva tagliare l'Iva sulle sue fatture. Anche se la società, di suo, l’Iva l’ha pagata al 5 per cento, visto che fiscalmente è lei ad essere l’utilizzatrice finale del gas.

Ma chi ha firmato quel contratto si è posto il problema di cosa comportava avere un intermediario invece che un fornitore diretto?

Tenete inoltre presente che all’articolo 30 del suddetto contratto, Comat dice che “eventuali contributi pubblici… saranno di pertinenza di Comat Servizi Energetici spa”. E probabilmente non sapete che il governo, per dare una mano ai grandi consumatori di gas, ha concesso tra il 2022 e il 2023 dei cosiddetti “crediti energetici” misurati sul consumo. Cifre che possono ballare tra il 5 e il 10/12 per cento dei costi sostenuti e che il consumatore - che è sempre Comat, per il fisco - poteva usare per pagare le tasse.

Comat li ha avuti? Ci sono buone ragioni generali per pensare che possa averli avuti. Però non lo sappiamo e la società non ha nessun dovere di dircelo. E sicuramente non li ha “regalati” alla nostra torre.

A questo punto potreste giustamente obiettare: ma se il contratto originale era conveniente, come è possibile, legalmente, far andare i conti alle stelle? Qui succedono alcune cose anomale.

La premessa è che il prezzo unitario che si trova nel contratto Comat sembra fisso, ma non lo è. C’è un meccanismo bizantino di aggiornamento del prezzo legato alla crescita della materia prima gas che consente variazioni anche grandi del prezzo unitario, e magari farsi venire un dubbio su quel meccanismo era una bella idea, se qualcuno avesse letto le carte prima di firmare.

Poi, a contratto già in corso, ci sono due passaggi fondamentali.

Il primo è che - firmato il contratto il 1° ottobre 2021 - viene chiesta a marzo 2022 una “rata straordinaria”. Che equivale a oltre due terzi in più del costo preventivato. Quindi sui circa 45mila più Iva del preventivo si chiedono altri 36mila200 euro, sempre più Iva.

Una banale letterina mandata agli amministratori dei condomini.

Che a quel punto avrebbero dovuto cadere dalle sedie e correre da ITEA a dirgli “Houston, abbiamo un problema!

Ma anche se non l’hanno fatto, ITEA autonomamente avrebbe potuto (e dovuto) accorgersi che stava esplodendo una bomba, perché la richiesta straordinaria è stata riversata subito sulle rate dei condomìni, che hanno visto arrivare spese condominiali come se piovesse.

Solo a fine 2022, con gli inquilini scesi in strada coi forconi (metaforicamente), con i conti chiusi e con fatture probabilmente non più contestabili legalmente, ITEA, per bocca della sua presidente Francesca Gerosa, dice pubblicamente che stanno facendo dei riconteggi. Dando il via al peana che comunque “è colpa del gas”.

La tempesta perfetta a quel punto aveva già preso una forza difficile da contenere.

Dai riconteggi annunciati via stampa gli inquilini non hanno visto nessun risultato.

Ma mentre Francesca Gerosa parlava di riconteggi, Comat il 22 ottobre 2022 inviava agli amministratori un’altra bella letterina, in cui sostanzialmente cambiava il parametro per determinare il prezzo del gas e di fatto lo trasformava da prezzo fisso com’era in origine (anche se i bizantinismi contrattuali davano a Comat un ampio margine di manovra) a prezzo variabile che quindi segue le fluttuazioni del mercato.

La forza contrattuale di Itea: non pervenuta

In quel momento il prezzo del gas era molto alto e sarebbe salito ancora per poco. Ma gli addetti ai lavori in quel momento prevedevano già un vero e proprio crollo del prezzo nei mesi a venire.

In ogni caso Comat si cautela. Dice che prende come prezzo base quello del mese di novembre 2022 (molto alto). E dice pure che se le fluttuazioni dovessero variare del 10 per cento o più manderà un’altra comunicazione per rifissare il prezzo. Ma, aggiunge, “tale rideterminazione sarà una mera facoltà di Comat”. Noi la leggiamo così: se il prezzo sale ti chiedo i soldi, se scende non ci penso nemmeno ad abbassare il prezzo.

Questa lettera però deve essere firmata per accettazione dai clienti: è a tutti gli effetti una variazione del contratto.

Qualche amministratore la firma, qualcun altro no.

Comat, riteniamo, continua a fatturare al prezzo esplosivo di novembre 2022. La nostra ipotesi è che da qui derivi la quadruplicazione dei costi che abbiamo visto sopra. Ma il prezzo del gas, da gennaio 2023 scende in un mese di un terzo e subito dopo si dimezza.

ITEA ha visto questa variazione di contratto? Ha valutato se fosse possibile trattare?

Perché una cosa è il singolo amministratore che dice no, non firmo, ma ha il problema di un braccio di ferro col fornitore che se non ottiene quel che vuole si dice pronto a chiudere il gas nel pieno dell’inverno. Un’altra è che la signora ITEA tiri su il telefono e chiami il capo della Comat e gli chieda, dritto per dritto: “Che c…o state facendo?” (La signora ITEA non direbbe mai “che c…o”, ovvio, ma il concetto è quello). Ottenendo, verosimilmente, un veloce rinculo della Comat. Qualche amministratore comunque prova a trattare e qualcosa ottiene. Ci sono infatti torri che hanno avuto degli sconti corposi sul totale dei costi. Non tutte. Ma sono la prova che si poteva trattare.

Ma ITEA su questi aspetti doveva mettere tutto il suo peso contrattuale. Che esiste e non è piccolo.

Invece l’unico momento in cui l’Istituto si manifesta, con la forza di un ectoplasma, è al momento di chiudere i conti del 2022-2023, a luglio scorso. In assemblea il rappresentante di ITEA dice che si astiene sull’approvazione del bilancio. E fa sapere in giro che stanno facendo ricalcoli perché anche agli uffici dell’Istituto, qualcosa non torna.

Ci sono vari casi di condomìni ITEA dove le assemblee non hanno approvato i bilanci consuntivi del 2023 proprio per le spese di riscaldamento.

Partono gli sfratti

Ora che abbiamo sondato in dettaglio, per quanto possibile, le cause delle bollette pazze (che sarebbero state comunque alte, ma probabilmente non pazze), cosa possiamo dire della decisione di ITEA di far partire gli sfratti contro inquilini che non sono riusciti a pagare le cifre folli che sono state richieste? Tenete presente che quasi tutti gli inquilini hanno pagato una parte dei costi, fin dove potevano. E forse, con conti più corretti, magari rateizzando, sarebbero riusciti a superare il momento difficile. Invece si ritrovano con degli sfratti che non fanno altro che aumentare il caos della situazione.

L’Istituto Trentino Edilizia Abitativa ha mancato completamente ai suoi compiti istituzionali, in questa situazione. E la gestione di Francesca Gerosa, che l’ha diretto fino a novembre scorso, si è dimostrata viziata da un’incuria difficile da immaginare.

Un solo esempio: se a marzo 2022 qualcuno avesse preso nota dell’aumento straordinario richiesto, sarebbe stato possibile, per l’inverno successivo, fare un cambio di fornitore, visto che i contratti sono annuali. Il problema è stato lasciato a marcire.

Quanto alla Provincia, l’azionista di ITEA, non ha vigilato apparentemente in nessun modo perché il presidente Fugatti si è accorto che esiste un problema casa (che va ben oltre quello delle spese) solo quando la bomba gli è scoppiata in faccia.

Quello che vorremmo è che il Consiglio provinciale varasse una commissione d’inchiesta per controllare con precisione quali azioni e decisioni ha preso ITEA su questa specifica vicenda nel corso degli ultimi due anni.

Ma state tranquilli: lo sappiamo che ci stiamo illudendo.

Post scriptum: le due torri di Man ancora sotto gestione diretta ITEA non hanno subìto, a detta degli inquilini, gli stessi enormi aumenti del riscaldamento delle altre 12. Quindi un modo per tenere le persone al riparo da un mercato furioso, evidentemente, c’era. Bastava volerlo.

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