La battaglia delle ambulanze
Il 118 rischia di essere privatizzato, mentre Fugatti lo usa come strumento di lotta contro Fratelli d'Italia.
Cosa succede quando dobbiamo portare a casa il nonno dimesso dall’ospedale, ma che non cammina? Oppure anche: come si fa a trasferire la zia dall’ospedale alla casa di riposo, se lei non è in grado di infilarsi in un’automobile? Semplice: l’ospedale ci prenota un’ambulanza del 118 che porta i nostri vecchietti dove devono andare. Un servizio per il quale non ci viene richiesto di pagare e che diamo per scontato.
Finora è sempre stato così, ma non è detto che tale rimanga. E anche questa è una storia (tentata, per ora) di privatizzazione sottobanco di un altro pezzo della nostra sanità pubblica.
I fatti nudi e crudi sono questi. Il trasporto programmato di malati - quello che riguarda le emergenze è una storia in parte diversa - è affidato in Trentino ad alcune associazioni di volontariato. Prima di tutto la Croce Rossa, che svolge circa la metà dei trasporti, e poi alcune altre come Croce Bianca, Orsa maggiore, Federazione volontariato socio sanitario e Misericordia, che si dividono il resto del lavoro.
Un lavoro imponente: parliamo di milioni di chilometri percorsi ogni anno e dell’impegno di circa 4.00 volontari oltre a circa 300 dipendenti.
La Provincia paga questo servizio in base a una convenzione con le associazioni che vengono remunerate con una tariffa basata su chilometri e ore impegnate. Denaro che non paga il lavoro dei volontari, ma che serve a mantenere il parco ambulanze, a pagare la benzina, gli stipendi dei dipendenti, a dare le divise ai volontari, a gestire il coordinamento del lavoro e via dicendo.
Per molto tempo il sistema ha funzionato bene. Dal 2018 però qualcosa stava cambiando: l’azienda sanitaria faceva sempre più richieste di interventi, anche oltre le quantità previste dalla convenzione. Inoltre alcune novità normative, come quella sulla privacy o la legge sul Terzo settore, mettevano in difficoltà le organizzazioni, che avevano cominciato a discutere con la Provincia dei loro problemi, cercando una soluzione negoziata.
Con l’avvento di Fugatti, soprattutto la Croce Rossa aveva alzato l’asticella delle aspettative. Non è un mistero che - a livello nazionale - la Croce Rossa sia da parecchi anni un vero e proprio feudo di Fratelli d’Italia. Quindi, era il ragionamento, Fugatti è un presidente “amico”. E in effetti per un bel po’, Fugatti affida a Croce Rossa vari compiti, compreso quello di gestire le residenze per migranti.
Il problema del 118 rimane sottotraccia, in attesa di chiarire anche aspetti complessi come quelli innescati dalla legge del Terzo settore. E poi arriva il Covid. Chi ha tempo di discutere tariffe e condizioni mentre il mondo è in allarme rosso? Tutti tirano la carretta e fanno quel che serve.
Ma è all’inizio del 2021 che accade un evento apparentemente ininfluente su questa vicenda: la consigliera della Lega Alessia Ambrosi decide di saltare il fosso e passare a Fratelli d’Italia. È noto che il presidente leghista non l’aveva presa bene.
Ipotizziamo, a ragion veduta, che sia in quel momento che Fugatti se la lega al dito contro i Fratelli coltelli.
E infatti a fine 2021 c’è quella che, vista da fuori, sembra una vera e propria rappresaglia: il dirigente dell’assessorato alla sanità, Giancarlo Ruscitti, fa letteralmente fuori la Croce Rossa dalla gestione dei migranti. Inaspettatamente, con modi spicci e senza nessuna spiegazione affida il compito alla cooperativa Kaleidoscopio (e anche con modalità che sollevano dubbi di illegittimità delle sue decisioni, tanto che recentemente la Croce Rossa ha presentato un esposto alla Corte dei Conti proprio su quelle delibere).
Il problema del 118 rimane a languire anche se, a fine 2021, scade la convenzione che inquadrava il servizio di tutte le associazioni di volontariato. Ma un modo di tamponare si trova sempre e quindi il lavoro dei volontari prosegue, in attesa di un chiarimento definitivo della situazione.
In prima fila a cercare di risolvere i problemi c’è sempre Croce Rossa perché è la più grande tra le associazioni, che copre circa la metà dell’intero servizio e anche quella che, per ovvi motivi, può fare la voce grossa. Da dentro, le voci che circolavano parlavano di un Fugatti che “ha tradito le promesse”, mollando al suo destino la Croce Rossa. Ma, diciamo noi, anche lasciando a marcire un problema che non riguarda solo i rapporti inaciditi tra Fugatti e Fratelli d’Italia.
Riguarda tutte le associazioni, tutti i 4.000 volontari e il grande senso sociale che un impegno così imponente crea e mantiene. E riguarda tutti i cittadini che, ignari, continuano ad avere un servizio importante, ma non sanno che questo servizio è al centro di una battaglia i cui obiettivi sono, a nostro parere, estremamente distorti e non hanno niente a che fare con il bene collettivo dei trentini.
Ma di tutto questo, a noi pare, in piazza Dante non gliene può importare di meno. Sulla pelle del valore sociale del volontariato e sulle necessità dei cittadini di avere un servizio adeguato, si scatena da una parte una lotta interna di potere tra Fugatti e Fratelli d’Italia, ma dall’altra anche una fortissima spinta a espellere le associazioni dal sistema sanitario a favore di una qualche impresa privata. Questa seconda, a nostro parere, scelta preferita del dirigente della sanità Ruscitti che certamente ha l’avallo del presidente per le decisioni che prende, ma che - visto il percorso degli ultimi anni - pensiamo prediliga il privato al pubblico anche di suo. Dirigente che ha avuto le mani molto libere nei cinque anni della prima giunta Fugatti, considerata l’inconsistenza politica di Stefania Segnana come assessore alla sanità.
Tra 2022 e 2023 i rapporti tra la giunta e le associazioni diventano molto tesi e ogni tentativo di comporre la situazione e trovare nuovi accordi finisce in niente. Ad ogni riunione si confrontano le associazioni e il dirigente Ruscitti, ma è un dialogo tra sordi.
Nel frattempo succedono altre cose che apparentemente non c’entrano. Una di queste è la formidabile ascesa di Francesca Gerosa dentro i ranghi di Fratelli d’Italia.
Associazionismo e politica
E la Croce Rossa in questo fa la sua parte. Stiamo ben attenti: quando parliamo di Croce Rossa qui escludiamo i volontari. Parliamo di vertici, anzi di uno specifico personaggio: tale Carlo Monti, che fino a fine 2022 è stato direttore del Comitato trentino per poi passare direttamente al ministero della sanità, da quando Giorgia è al potere a Roma. Il romano Monti è un personaggio influente dentro Fratelli d’Italia, sta nei giri stretti.
Peraltro il legame di Gerosa con la Croce Rossa trentina è anche familiare: la madre, Maria Chiara Torzi Gerosa, è stata per anni vicepresidente del comitato di Trento.
Per tutto il 2022 Monti fa da chaperon a Francesca Gerosa negli ambienti dove la Croce Rossa di Trento lavora. Occasioni d’oro per conoscere un'enorme quantità di gente e farsi conoscere. Con il chiaro supporto del direttore che, dicono i ben informati, la porta in palma di mano.
Insomma, niente che non abbiamo già visto in tempi passati, con i vigili del fuoco volontari o con i cori e le bande: le grandi associazioni, che riuniscono migliaia di persone e vivono di denaro pubblico, sono, per un politico, spettacolari bacini elettorali in cui pescare, se trova il canale giusto.
Pensiamo di dire un’ovvietà affermando che tra Fugatti e Gerosa non scorre buon sangue. Neanche adesso che, volente o nolente, il presidente leghista ha dovuto accettarla come vicepresidente. E pensiamo pure che non abbia intenzione di renderle la vita facile in futuro. Quindi, cosa c’è di meglio che cominciare a segarle l’erba sotto i piedi in un ambito dove Gerosa ha pascolato molto e verosimilmente conta di raccogliere voti anche in futuro? Cosa importa se per farlo deve mandare a gambe all’aria una storia lunga e importante, molto trentina, di impegno sociale?
Il bando
Siamo sempre nel campo dell’interpretazione delle vibrazioni fugattiane, ma il 7 dicembre - esattamente il giorno dopo la firma di Fugatti che concede la vicepresidenza a Gerosa - l’azienda sanitaria emana una delibera con la quale mette a gara il servizio di trasporto programmato del 118.
Un bando di gara che è tagliato perfettamente per un soggetto d’impresa. Cosa che né Croce Rossa, né tantomeno le altre più piccole associazioni, sono. E al quale farebbero molta fatica a partecipare con quasi nulle possibilità di vincerlo. Un bando che affida il servizio per sei anni alla modica cifra di 52 milioni. Un bando che sposta il baricentro del sistema e ci porta verso il modello privatistico di altre regioni, nelle quali per portare a casa il nonno che non cammina, l’ambulanza se la paga il cittadino.
Dentro le associazioni scatta il panico, ma è sempre Croce Rossa che si muove: il 17 dicembre annuncia che dal 1° gennaio 2024 non farà più il servizio di trasporto programmato. Un ricatto bello e buono, perché manderebbe quasi in tilt il sistema dei trasporti con le ambulanze.
A cercare di spegnere l’incendio, a quel punto, arriva il pompiere Mario Tonina, fresco assessore alla sanità. Tra Natale e Capodanno convoca tutte le associazioni, le ascolta, è attento alla loro richiesta di fare come a Bolzano dove le associazioni di volontariato sono state inserite organicamente dentro l’azienda sanitaria, e dice: “Sospendo il bando”. Deve valutare, deve capire, ci deve pensare. Quello che Tonina sa perfettamente, da politico di lungo corso, è il valore elettorale di quei quattromila volontari che ora aspettano con ansia di sapere se potranno continuare in un impegno che li gratifica e ritengono importante per la comunità.
Ne dovremo parlare ancora, di questa vicenda, perché capire come andrà a finire ci potrebbe dire molto anche sulle vere intenzioni del neo-assessore alla sanità per quanto riguarda il peso da dare al privato nel nostro sistema sanitario.
Per ora vi lasciamo con un piccolo cameo: alla cruciale riunione post-natalizia Tonina si è portato il dirigente generale della Provincia Paolo Nicoletti. Lasciando a casa Giancarlo Ruscitti. A volte un’assenza dice molto più di una presenza.