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QT n. 6, giugno 2022 L’editoriale

"Interesse nazionale"

L'apparente buon senso da bottegai in tanti commentatori di politica internazionale: si privilegiano minuscoli interessi immediati, a scapito di una visione più ampia

Leggiamo spesso in queste settimane, l’invito – o le reprimende – al governo affinchè nell’affrontare la crisi e la guerra ucraina, tenga in maggior conto l’”interesse nazionale”.

A noi queste posizioni ricordano altre, simili, in alcuni passaggi della costruzione dell’Unione Europea: i governi italiani venivano redarguiti perché non tenevano conto abbastanza di questo interesse nazionale: avremmo dovuto seguire l’esempio di altri partner, più arcigni e decisi, a iniziare dalla Francia.

In tale posizione possono esserci elementi di verità: per trattare proficuamente bisogna anche saper essere duri, e non è sempre il caso di fare i Cirenei.

Ma è la sottostante cultura di fondo che ci pare profondamente sbagliata e improduttiva. Una visione micragnosa, dagli orizzonti ristrettissimi.

Prendiamo appunto il caso dell’Unione Europea: secondo questi predicatori era sbagliato tendere a costruire un interesse europeo, bisognava anteporvi, sempre, l’immediato interesse italiano. Un nazionalismo spicciolo, che guarda alle piccole cose e all’interesse dell’oggi, e che in sostanza non costruisce niente. Perché naturalmente, può essere spinto oltre: perché mai, all’interesse italiano non si dovrebbe anteporre l’interesse lombardo, o trentino, o ancora più ridotto, quello della Val di Non, o quello di Piedicastello?

Dove mai si va, cosa si costruisce con questa visione da bottegai (con tutto il rispetto per i bottegai, che infatti per tutelarsi danno vita alle associazioni commercianti)?

Difatti l’Europa da questa mancanza di orizzonti larghi è stata azzoppata. La tutela del singolo immediato interesse ha portato alla necessità dell’unanimità delle decisioni. E quindi alle non-decisioni, ai rinvii, all’assenza di una politica estera. In conclusione, alla scomparsa dalla politica mondiale del continente economicamente più forte.

E’ così che si tutela l’”interesse nazionale”?

Anche adesso siamo di fronte a un’analoga deriva. Tranne per frange di vetero-comunisti per i quali la Russia ha sempre e comunque ragione, o di singoli affascinati dalla retorica putiniana dell’uomo forte contro la corrotta inane democrazia, l’opinione europea è nell’assoluta maggioranza convinta di alcuni punti base: l’espansionismo russo va fermato, e al contempo la Russia va rassicurata sull’assenza di mire contro di essa. Però, per far camminare questi principi, occorrono azioni coordinate: se si è convinti che sono molto meglio le sanzioni dei soldati, si pagherà un prezzo in soldi invece che in sangue. Non si può però poi litigare sulla ripartizione del prezzo, con il risultato di varare sanzioni poco efficaci, ed essere quindi poco o nulla incisivi. E di fatto quindi delegare al fratello maggiore, gli Stati Uniti, il compito di sbrogliare una (drammatica) crisi europea. Salvo poi piagnucolare sull’invasività americana, o peggio, accusare i governi di favorire gli “interessi” americani.

Insomma, torniamo sempre lì, alla contrapposizione tra politica di ampio respiro e interessi di corto raggio. Stupisce che i secondi siano sponsorizzati non solo dai nostrani politici da discoteca, ma anche da tanti seriosi opinion maker, italiani ed europei.

Ci si permetta una riflessione su un altro punto. E’ valutazione comune di come lo scontro vero non sia quello Nato-Russia, ma quello America-Cina. In cui noi saremo, balbettanti e divisi, presi in mezzo.

Qui non concordiamo. Perché mai dovrebbe essere inevitabile uno scontro, naturalmente militare (si rizzano i capelli) con la Cina? Perché non può essere un confronto economico e tecnologico, punto e basta? Nel senso che se diventa una competizione, perché chi arriva secondo dovrebbe ribaltare il tavolo e mettere mano alle pistole?

Prendiamo l’esempio dal vituperato capitalismo. Se Volkswagen e Toyota competono,e Volkswagen perde e si deve accontentare di quote di mercato inferiori, cosa fa? Manda uno squadrone di killer a far fuori il cda di Toyota? Ma per favore...

E allora, non si potrebbe trasferire la stessa cultura del limite nella competizione anche a livello di nazioni?