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QT n. 4, aprile 2021 Monitor: Arte

“Pollock e Rothko. Il gesto e il respiro”

Vite parallele. Gregorio Botta. Einaudi, Stile Libero, pp.190, € 15.

Jackson Pollock, Full Fathom Five, 1947. New York, Museum of Modern Art.

In mancanza di mostre da visitare, ma non di tempo per leggere, ho pensato di segnalare questo libro uscito da poco su due artisti che hanno segnato la storia dell’arte non solo americana alla metà del secolo scorso, capofila il primo, Pollock, degli action painters; il secondo, Rothko, dei color field painters.

Ho trovato attraente il fatto che proprio il confronto tra due polarità estreme della pittura, sorte pressoché negli stessi anni, aiuta a comprenderne meglio i caratteri specifici e complementari. E anche il fatto che l’autore, Gregorio Botta, mette in queste biografie parallele non solo certe qualità narrative maturate nella sua esperienza di giornalista, ma soprattutto lo sguardo di artista di valore, quale lui è, con opere esposte nei grandi musei d’arte contemporanea.

Perciò, se nelle pagine più biografiche vediamo all’opera la sua capacità di lavorare e scegliere nella grande quantità di scritti prodotti fino agli anni recenti, nell’interpretazione della loro arte vediamo una forte e piacevole componente di sguardo personale.

Il libro, va però detto, ha un limite (editoriale) non piccolo, contiene cioè solo due immagini (oltre alla foto di gruppo del 1950 degli artisti astratti americani noti col nome “Gli Irascibili”, pubblicata su Life), il che costringe ad accompagnare la lettura con opportune ricerche, vuoi sul web vuoi cartacee, per supportare in particolare le meno note fasi di avvicinamento ai risultati che conosciamo, cioè quegli anni Trenta segnati dalla grande depressione ma anche dal diffondersi del surrealismo e dell’espressionismo in terra americana, che sono il brodo di coltura in cui crescono i nostri due artisti.

Mark Rothko, Untitled, 1949. New York, Solomon R. Guggenheim Museum

Due opposti, dicevamo. Lasciamo qui da parte cose pure importanti come le osservazioni sulle due personalità, il disagio esistenziale che specie nel caso di Pollock ha punte patologiche ma è molto invadente anche in Rothko, il ruolo tutt’altro che secondario delle rispettive compagne nel loro percorso artistico. Lasciamoci invece guidare dallo sguardo di Botta nel leggere queste polarità, utile a sfuggire ad una fruizione solo percettiva e formale.

Nel caso di Pollock, la carica di gestualità e il ritmo sono sì quelle di un artista sciamano, come è stato detto, non per nulla partito dall’osservazione della pittura dei nativi americani, ma – preferisce dire Botta – è piuttosto un artista agricoltore che semina e raccoglie, accoglie l’imprevisto in un campo tutt’altro che abbandonato al caos, in un parallelo molto appropriato con la musica jazz. Più giovane di nove anni rispetto a Rothko, arriva prima di lui al successo, consacrato dalla Biennale veneziana del 1950 dove, in modo forse sorprendente, fu apprezzato da Morandi (del resto fu Modrian, non proprio un caotico, ad appoggiarlo presso la gallerista Peggy Guggenheim). Il dripping è la “celebrazione dell’io che lascia la sua traccia nel mondo”.

Rothko lavora al contrario, arriva alla rimozione della figura per smaterializzazione anziché per accumulo, i suoi color fields sono “un inno alla contemplazione, al silenzio, al vuoto. Alla sparizione dell’io dal mondo. Soprattutto sono un’epifania della luce che sembra entrare nelle tele. Sono quadri fatti d’aria: sono – diceva l’artista - respirabili”.

Lì dove in Pollock domina l’horror vacui, che tutto deve riempire con la materia, qui c’è un “mistico laico che pratica l’amor vacui, l’estasi, la fuga dall’io”. È un lavoro sulla luce che, dice Botta (e sono tra le pagine più inattese del libro) fa propria la lezione di un certo affresco del Beato Angelico, visto da Rothko al convento di San Marco a Firenze (cercare sul web).

Mentre ha la sincerità di rivelare la sua spontanea vicinanza alla ricerca di Rothko, l’autore del libro svela però che scelse Pollock per la tesi all’accademia di Belle Arti: “Perché mi respingeva, non lo capivo, e pensai che studiandolo avrei potuto introdurmi nel suo mondo”. Come a dire che “un po’ di Pollock può abitare in casa del più accanito dei rothkiani”.

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