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QT n. 4, aprile 2021 L’editoriale

Le “intuizioni” di Bruno Kessler

Il politico, oltre le troppe agiografie di comodo

La figura di Bruno Kessler merita ben altra attenzione rispetto alle sdolcinate agiografie che hanno riempito le pagine dei quotidiani in occasione del trentesimo della scomparsa. Ci ripromettiamo di tornarvi con più calma e metodo.

Ci sembra però doveroso, da subito, porre qualche punto fermo rispetto alla fuorviante e indistinta melassa di elogi. Il primo punto è che Kessler, nel suo tentativo – in gran parte riuscito – di modernizzare il Trentino, fu divisivo. Soprattutto all’interno del suo partito, la DC, entro cui dovette combattere. Combattere per l’Università, per Sociologia (potenziale – e poi effettiva – levatrice di comunisti), per l’industrializzazione (altra generatrice di cittadini potenzialmente sinistrorsi, a differenza dei più controllabili contadini). Già questi punti possono far capire la reale statura dell’uomo, che non si peritò di mettere in discussione la stessa base sociale del proprio partito.

La radicale innovazione di cui aveva bisogno il Trentino non poteva non portare a sconquassi, e quindi a problemi per il partito dominante, per il quale sarebbe stato più agevole riposare su un quieto conservatorismo. Di qui il nuovo ruolo che Kessler seppe far assumere alla DC, al prezzo di perduranti contrasti. Aveva quindi dei nemici, interni. I dorotei puri, agglutinati attorno al potentissimo Flaminio Piccoli, in grado da Roma di condizionare perfino la nomina del vescovo di Trento (decisivo fu il suo niet a Bruno Vielmetti, troppo innovativo e conciliare). Piccoli aveva una visione molto più tradizionale, ma con Kessler seppe sia dialogare, fornendogli la sponda romana per diversi provvedimenti, sia tagliargli nel partito l’erba sotto i piedi. Così alla fine fu Piccoli a prevalere, e Kessler, rimosso dalla presidenza della Pat, fu confinato in un inutile seggio parlamentare.

Un altro punto da confutare è che la storia del Trentino, e quindi di Kessler, sia stata solo una storia democristiana, rigidamente interna al partito maggioritario. È una tendenza ricorrente, un vizio mentale, trasformare quella che fu un’egemonia in un monopolio. Anche a costo di dimenticare nomi come Battisti, o – più recentemente – Walter Micheli. E facendo torto allo stesso Kessler, che sapeva interfacciarsi con tutti, a prescindere da ideologia o tessera. La stessa nascita di Sociologia, come documentato dal prezioso omonimo libro di Giovanni Agostini, trovò a Roma la spinta decisiva da un irrituale e straordinario incontro tra gli studenti (che democristiani non erano) dell’ancora malferma università trentina privata e il socialista e anticlericale Tristano Codignola, decisivo in Parlamento su istruzione e università. Proprio questa non-democristianità di tali attori permise il via libera romano all’università trentina, voluta in loco appunto da Kessler contro la maggioranza del suo partito.

Ed è proprio il discorso della pluralità delle idee e delle culture politiche, a spiegare anche il superamento di uno dei limiti della politica di Kessler. Come individuato in uno dei pochissimi interventi critici di questi giorni (di Renzo Francescotti, a dire il vero a tratti ingeneroso) Kessler, nella sua ansia sviluppista, non teneva in conto le esigenze dell’ambiente: in questo, non vedeva in avanti. Ma la cultura ambientalista, in un’ideale staffetta, sarebbe invece stata poi assimilata e praticata – attraverso una legislazione all’avanguardia – dal socialista Micheli. Come si vede, il procedere del Trentino (anche se su quanto successo dopo qui stendiamo un velo pietoso) è stato frutto di questa commistione ed alternanza di più culture.

Infine un ultimo punto. Troviamo insopportabile l’uso continuo di una parola, intuizioni. Tali vengono definiti i progetti innovativi di Kessler: l’università, il Piano Urbanistico, la ricerca, l’Itea, per alcuni anche lo Statuto d’autonomia e lo sviluppo industriale. Quasi che fossero idee improvvisamente rivelatesi a un uomo eccezionale: Kessler andava a dormire, e la mattina si svegliava con l’intuizione, ed ecco nata l’università. È una lettura grottesca. E anche poco consolante: il Trentino deve aspettare qualcuno che abbia nuove intuizioni, e come trovarlo?

La genesi di questi progetti – ce lo spiega il libro di Agostini, ma anche le parole del figlio Gianni nell’unica intervista che in effetti riporta elementi di spessore – va invece cercata nella mentalità dell’uomo: “Cercava sempre persone più colte, più intelligenti di lui” ci dice il figlio. È da questi confronti, dalle conseguenti discussioni con personalità di caratura nazionale che sono nati i progetti innovativi. Altro che la lampadina che si illumina!

Ma forse, finché la classe dirigente amerà circondarsi di personale meno preparato e intelligente per paura di vedersi soffiare il posto, rimarrà in voga la teoria delle intuizioni, che all’improvviso zampillavano nella mente della buonanima del Kessler.