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QT n. 11, novembre 2019 Servizi

Pari opportunità: vogliamo muoverci?

Scopriamo l’azione della Commissione Pari Opportunità della Provincia di Trento.

C’è la ragazza che lavora in un negozio di materiale edile, circondata da uomini. Viene venerata da clienti e colleghi perché è molto carina. Ha anche un ruolo di responsabilità, lì dentro, ha le idee giuste, sa cosa ci vuole per migliorare l’andamento del fatturato, ma è circondata da maschi, che fanno squadra, e per lei è difficile farsi ascoltare: nessuno le dà retta, perché cosa vuoi che capisca una donna di queste cose, dài.

C’è il ragazzino obeso che vuole fare sport per contrastare un corpo che con il suo peso lo tiene ancorato al suolo. Vorrebbe fare qualcosa, giocare per stare meglio da un lato e divertirsi dall’altro. Ma quando gioca a pallone con gli amici viene scelto per ultimo, lo mettono in porta perché è scarso: gli amici vogliono vincere anche se giocano in un campetto di periferia, e lui è meglio che non faccia danni.

C’è lo studente che adora leggere libri, timido, non molto socievole. Quando parla di ciò che gli piace viene preso in giro perché tratta argomenti noiosi, poco attraenti. Non parla mai di donne, e quando i suoi amici commentano (ad alta voce) il passaggio di una splendida ragazza, lui non ci sta, non partecipa al gioco. Si vede che ha qualche problema.

Sono esempi di vita reale, cui tutti abbiamo assistito ora nel ruolo di vittime, ora in quello di carnefici. Esempi in cui si declina nella realtà il vero problema delle Pari Opportunità, che sarebbe riduttivo descrivere esclusivamente come questione di maschilismo dominante: il problema delle Pari Opportunità riguarda chiunque, per un motivo fisico, psicologico o anche semplicemente di gusto personale, si trovi “fuori dal coro” dello stereotipo di persona normale.

Nell’immaginario collettivo, però, il termine Pari Opportunità tende ad essere associato ad un femminismo isterico e radicale: forse il problema nasce proprio da alcuni errori di comunicazione degli stessi esponenti delle Pari Opportunità. L’ossessione dell’ex Presidente della Camera, Laura Boldrini, nel volgere al femminile alcuni sostantivi riferiti alle cariche politiche se occupate da donne (la ministra, la sindaca, la Presidente), a nostro avviso ha avuto un ruolo deleterio: agli occhi di scettici e non solo, la questione Pari Opportunità si è ridotta ad una mera questione linguistica, come se il vero problema della donna nella società fosse il modo in cui si descrive il suo ruolo, e non fosse invece un problema più ampio che riguarda la scarsa dimestichezza della società nei confronti delle differenze in generale, e non solo di genere.

Per capire come, in realtà, le istituzioni trattano le Pari Opportunità, abbiamo intervistato la dott. ssa Paola Taufer, psicologa, psicoterapeuta, pubblicista, Presidente della Commissione Pari Opportunità della Provincia di Trento.

Paola Taufer

Dott. Taufer, su cosa sta lavorando la Commissione?

Ci siamo rese conto che è necessario lavorare in direzione della conoscenza, prima di tutto. Questo significa che, oltre a prendere posizione circa avvenimenti o azioni sessiste e discriminatorie, è necessario far capire il ruolo della C.P.O., che è quello di verificare lo stato di applicazione in Trentino della normativa in materia di pari opportunità e di parità di trattamento. Penso che la popolazione, soprattutto quella femminile, debba essere informata sul lavoro della Commissione, della promozione di iniziative di sostegno alle donne nei vari settori (familiare, lavorativo, sociale), del monitoraggio continuo della situazione delle pari opportunità, esprimendo anche pareri sui disegni di legge che hanno un impatto sull’equilibrio tra generi. La Commissione inoltre promuove l’uso di buone prassi, organizzando convegni e incontri per realizzare concretamente la parità tra donna e uomo e affrontare il tema urgente della prevenzione di ogni forma di violenza sulle donne, brutale retaggio culturale della società patriarcale.

Quali sono i progetti su cui la CPO intende lavorare per il 2020, quali priorità e perché?

Abbiamo fin qui lavorato per proporre due progetti importanti. Il primo è nell’ambito della violenza di genere: di volta in volta approfondiamo nel dettaglio un aspetto, che ci consenta di riflettere sul problema nel suo complesso. Nel convegno del 22 novembre 2019 l’argomento è la violenza in ambito sanitario, dal titolo “Curare senza paura”.

Il secondo, in data 23 novembre, è un Forum in cui le associazioni che si occupano a vario titolo della condizione femminile sul territorio abbiano la possibilità di fare rete e discutere di violenza di genere, e progettare azioni preventive e di contrasto alla violenza.

Tra le iniziative in programma, due avranno la priorità nel 2020: la prima è rivolta alla modifica dei materiali su cui si studia, cioè i libri di testo. Finché i libri di scuola avranno un’impronta sessista, cioè proporranno sempre uomini vincenti, lasciando in ombra le figure femminili che si sono distinte in vari campi del sapere, sarà difficile dimostrare che non c’è un genere superiore all’altro, ma che i talenti e le competenze si distribuiscono in ugual misura tra personaggi maschili e femminili.

L’altro grande tema del 2020 sarà la violenza economica: si farà informazione sui temi legati alla politica del lavoro, alla parità nei ruoli lavorativi apicali, alla designazione delle figure dirigenziali. Le donne devono ricordarsi che l’indipendenza economica è un obiettivo raggiungibile, e con essa la sicurezza previdenziale, se ci si muove compatte.

Alla luce dei femminicidi avvenuti in Trentino e in Italia, quali sono le posizioni della CPO e cosa può concretamente fare?

Oltre alle iniziative di cui abbiamo discusso, diciamo che il lavoro della CPO è quotidiano e incessante: il dialogo con le istituzioni è continuo, così come la collaborazione con le associazioni del territorio. Promuoviamo incontri (come il forum) per connettere istituzioni, mondo associativo e popolazione: vogliamo diffondere conoscenza sulla prevenzione e contrasto a questa piaga sociale. Sosteniamo iniziative di sensibilizzazione, come la mostra di Alba Chiara, per cercare di raggiungere tutte le persone: il tema della violenza tocca tutti noi.

La questione del linguaggio

Perché si rimarca il linguaggio al femminile (vedi Assessora, Direttora..) rispetto a chi non lo sceglie e che ricaduta effettiva può avere ? Su chi?

Le ingiustizie si possono combattere in tanti modi, ma la lotta è sempre impari se non riusciamo a scrollarci di dosso quella miriade di stereotipi di genere che non permettono di avvicinarci alla parità di genere. Il linguaggio è importante: la comunicazione passa anche dalle sfumature discriminatorie che la cultura patriarcale impone. Purtroppo la parola declinata al femminile possiede una valenza meno autorevole, me lo ha confidato anche ieri una avvocata, che non riesce a definirsi tale, ma solo al maschile, perché le sembra di sminuire il suo ruolo: c’è grande difficoltà nel leggere come naturali le declinazioni al femminile delle parole.

Le persone si nascondono dietro alla frase: “Ci sono cose più importanti” e questo appare un argomento forte. In realtà il vero cambiamento si attua quando si è consapevoli dell’esistenza di due generi con pari diritti e che questo cambiamento epocale passa anche per il linguaggio.

La femminilizzazione del vocabolario ha svilito la questione agli occhi di molti commentatori (si pensi alla ministra Boldrini per i termini “ministra, sindaca…”) Si tratta di un caso comunicativo o di una scelta precisa?

Minimizzare, come dicevo prima, è sviare. Sarebbe una grande conquista la parità di genere nel linguaggio, ma come ripeto, sono spesso le stesse donne ad interpretare un’evoluzione culturale come sminuente anziché base del rinnovamento.

Alcuni atti di gravi disparità si evidenziano inoltre con particolare accezione negativa anche con le persone in minoranza, quali obesi, omosessuali, analfabeti o poco istruiti, o appartenenti agli strati economici più bassi. Cosa suggerisce la CPO?

Siamo in un’epoca in cui serve grande attenzione sociale, in cui l’odio colpisce ogni categoria che non rientra nella visione comune della società. Noi condanniamo ogni forma di discriminazione e sosteniamo l’importanza di collaborare con tutti coloro che lavorano per rendere la comunità luogo sicuro e libero da pregiudizi e stereotipi. Su questo, nel 2020, abbiamo in programma diverse iniziative che comunicheremo in futuro.

Come si evince da questa intervista, il problema sta tutto nelle aspettative che la società ha assegnato alle persone, in base al loro essere donna, uomo, alto, basso, magro o grasso, biondo o castano.

Al genere femminile la società ha appioppato un ruolo che lo subordina al genere maschile. Ancora oggi. Ne è un esempio la notizia di ottobre 2019 della vendita, da parte di una grande catena di distribuzione, di magliette a contenuto chiaramente offensivo nei confronti del genere femminile e che hanno suscitato l’ilarità generale. L’indignazione è arrivata solo dopo, quando le associazioni per le pari opportunità hanno denunciato a gran voce il fatto.

Ed è proprio questo il punto: non avremo più bisogno di parlare di pari opportunità quando, di fronte ad un episodio del genere, ci indigneremo tutti subito.