I tre fronti della Tunisia
Profughi dalla Libia e terrorismo islamista minacciano un turismo in crescita, di vitale importanza per l’economia del Paese
Tunisia, un Paese impegnato su tre fronti diversi: il sud-est, al confine con la Libia, si prepara ad accogliere i potenziali rifugiati libici, il centro-ovest, al confine con l’Algeria, contrasta le sortite di bande terroristiche di tendenza islamista, mentre il centro nord si prepara a ospitare l’ondata di turisti che si preannuncia sostanziosa per la vicina estate.
Il primo fronte, nel sud-est del Paese, è nel governatorato di Tatatouine, fra i comuni di Remada, il centro abitato più meridionale della Tunisia, e Dehiba, a poco più di 600 chilometri da Tunisi. Dall’inizio delle ostilità tra il generale Khelifa Haftar e Fayez Al-Sarraj, lo scorso aprile, i rischi dell’arrivo di un’ondata di rifugiati libici in Tunisia sono aumentati. In questo clima di tensione, i rappresentanti della direzione regionale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità) e dell’Organizzazione Internazionale per i Rifugiati sono andati, le scorse settimane, a Dehiba e Remada, per valutare le caratteristiche logistiche e organizzative delle strutture mediche di accoglienza dei rifugiati. Secondo una fonte medica, questa ispezione riflette la preoccupazione degli organismi internazionali in merito alla situazione in Libia, in costante peggioramento dal 2011, in particolare in campo sanitario. È la stessa zona dove, nel febbraio 2011, durante l’emergenza rifugiati seguita alla rivolta contro Gheddafi, l’Alto Commissariato per le Nazioni Unite per i Rifugiati insediò uno dei campi profughi più grandi di sempre: si calcola che nei due anni e quattro mesi di operatività il presidio abbia ricevuto quasi tre milioni di persone in fuga dal conflitto in Libia. Questo mentre in Italia si parlava di emergenza per accogliere qualche decina di migliaia di profughi libici.
Il secondo fronte, nel centro-ovest del Paese, è nel governatorato di Kasserine, confinante con l’Algeria, a circa 300 km da Tunisi. È di pochi giorni fa la notizia di un attacco terroristico, pianificato durante il mese di Ramadan, contro le forze di sicurezza, sventato dall’unità nazionale che indaga sui crimini terroristici.
Secondo il Ministero degli Interni, un grande deposito di armi appartenenti ai combattenti del gruppo terroristico Okba Ibn Nafaa, una cellula di al-Qaeda nel Maghreb islamico, è stato scoperto a Jebel Samama, un monte della catena montuosa Jebel Chaambi, a 17 chilometri a nord-ovest della città di Kasserine e a pochi chilometri dal confine algerino. Il monte può essere raggiunto da una pista percorsa con fuoristrada fino a 1.300 metri e, successivamente, percorrendo a piedi un sentiero che permette di raggiungere la cima. Furono gli scout tunisini, all’indomani dell’indipendenza del paese, nel 1956, a collocare sulla cima una mezzaluna di metallo, simbolo dell’Islam, che è l’emblema di una religione moderata in una zona dove, fra caverne e anfratti, si nascondono gruppi terroristici portatori di un altro credo.
Dal dicembre 2012 la catena di Jebel Chaambi è teatro di operazioni militari contro gruppi di terroristi islamisti che, a loro volta, hanno assalito a più riprese le forze dell’ordine, provocando scontri con dozzine di morti da entrambe le parti. Non è un caso che, nel lessico popolare, si parli di battaglia di Chaambi.
Il terzo fronte è tutto il centro-nord, specialmente nelle zone costiere, da Djerba a Sousse, salendo a Monastir, Hammamet, Nabeul, Kelibia, Bizerte, Tabarka: è qui che sorgono centinaia di complessi alberghieri dove si svolge un turismo balneare di massa che ogni anno accoglie milioni di turisti. Fino al 10 maggio di quest’anno, i turisti stranieri entrati in Tunisia sono stati 2 milioni e 400 mila, in aumento del 14,5% rispetto allo stesso periodo del 2018. La Tunisia punta a raggiungere quota 9 milioni di ingressi turistici nel 2019, contro gli 8 milioni del 2018, che hanno contribuito ad entrate in valuta pari al 6,5% del PIL.
Una speranza di curva ascendente dopo anni altalenanti, prima a causa del post rivoluzione del 2011 e poi per i colpi subiti con gli attentati del 2015 al Museo del Bardo di Tunisi e ad un albergo di Sousse, che provocarono decine di morti e feriti fra i turisti.
Negli ambienti giornalistici si vocifera che in ambito politico/militare si stiano rafforzando le attenzioni e gli interventi sul primo fronte (confine con la Libia) e sul secondo (confine con l’Algeria), nel timore che un’esplosione del previsto ingresso di profughi libici e il riaffacciarsi di fenomeni terroristici possano portare all’implosione della stagione turistica, con danno incalcolabile per la convalescente economia tunisina, soprattutto in quest’anno in cui si terranno le elezioni legislative (6 ottobre) e presidenziali (10 novembre), che si preannunciano foriere di tensioni fra le forze politiche in campo.
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Ringraziamo Unimondo.org per la cortese collaborazione.