Giustizia ‘politica’?
Fabio Cassola, L’ingiustizia amministrativa. Il caso dell’autostrada Valdastico. Firenze, Polistampa 2008, pp. 200, euro 14,00.
È quasi un luogo comune affermare che la giustizia non funziona. Processi civili interminabili, quelli penali impacciati da così tanti adempimenti a garanzia dell’indagato che spesso finiscono con la prescrizione, le misure cautelari soggette a così puntigliosi requisiti da non essere applicabili nemmeno in casi di responsabilità conclamata. Si fa un gran parlare della necessità di riforme, ma ciò che si fa in concreto non sembra andare nella direzione auspicabile. Al contrario, si abbreviano i termini di prescrizione per certi reati, si disarma l’apparato investigativo limitando le intercettazioni telefoniche, si pensa di attribuire il potere di indagine alla polizia giudiziaria dipendente del ministero dell’Interno anziché al pubblico ministero, si ventila l’ipotesi di rendere discrezionale e non obbligatoria la promozione dell’azione penale. Non sembrano tempi adatti per por mano ad una giusta riforma della nostra giustizia ordinaria, civile e penale, vista la cultura dominante impersonata da quell’esemplare prototipo del fuori legge che è l’odierno presidente del Consiglio dei Ministri.
Figurarsi se può essere questo il momento favorevole per una riforma della nostra giustizia amministrativa, della quale la grande stampa nemmeno si occupa, tanto che è del tutto assente dalla pubblica attenzione. Eppure se vi è un comparto della giustizia che ha bisogno di urgenti riforme è per l’appunto la giustizia amministrava. Essa consiste in quel complesso di organi a procedere ai quali è affidata la risoluzione delle controversie che sorgono fra i privati cittadini e le pubbliche amministrazioni. Un tempo a tale compito erano chiamate commissioni prefettizie composte in prevalenza da funzionari pubblici, i quali ovviamente decidevano i rari ricorsi presentati dai privati con un inevitabile occhio di riguardo per gli interessi della pubblica autorità che aveva adottato il provvedimento impugnato. Nel 1971 furono istituiti i Tribunali Amministrativi Regionali, appunto i TAR, composti da magistrati selezionati per concorso, e quindi dotati di quella autonomia ed indipendenza da altri poteri che è una caratteristica essenziale per chi deve giudicare. A quella legge ricordo che io stesso lavorai con la collaborazione di due deputati, uno di estrema sinistra, l’on. Lucio Luzzatto, l’altro della destra democristiana, l’on. Lucifredi, entrambi sensibilissimi all’esigenza di garantire la terzietà del giudice amministrativo. Se non che in quella legge fu previsto che per la Regione Trentino-Alto Adige il Tribunale amministrativo sarebbe stato istituito con altra legge, a causa della presenza, a Bolzano, di un consistente gruppo etnico di altra lingua. Fu così che venne istituito un Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa diviso in due sedi, una a Bolzano ed una a Trento, con la norma speciale, giustificata per Bolzano ma non per Trento, che fra i suoi giudici alcuni fossero nominati dal Consiglio Provinciale. Ciò che ovviamente fa scendere un ombra di sospetto sulla indipendenza e terzietà di tali giudici nominati da un organo, il Consiglio Provinciale, che è proprio di un ente, la Provincia, i cui atti sono spesso oggetto delle decisioni del Tribunale.
Un tale vizio è peraltro comune al Consiglio di Stato, l’organo superiore della giustizia amministrativa, competente a decidere sugli appelli contro la sentenza dei TAR. Infatti anche il Consiglio di Stato è formato in parte da giudici nominati dal Governo, in tal modo riproducendosi la promiscuità fra controllato e controllore.
Di tutto questo si tratta in un eccellente volume, intitolato appunto “L’ingiustizia amministrativa”, scritto e curato con straordinario talento tecnico dal prof. Fabio Cassola, già noto a Trento perché fu relatore in un convegno sull’argomento promosso da Questotrentino.
Il testo prende il nome dal caso della autostrada Valdastico, la famigerata PIRUBI, la quale, contrastata da cittadini ed associazioni ambientaliste, fu bocciata dal TAR del Veneto, ma invece approvata dal Consiglio di Stato con una sentenza che costituisce un esempio eclatante della supina subalternità di un organo giudiziario alla volontà del governo. Il volume è corredato da un’ampia documentazione e da acuti pareri di altri studiosi della materia e dedica anche convincenti critiche alla composizione del TAR di Trento, nel quale operano due giudici scelti dal Consiglio Provinciale, anche se, pur nel quadro della nostra sacrosanta autonomia, in Trentino non vi è una minoranza linguistica meritevole di una simile speciale tutela.
Un ottimo libro. Non so se i tempi siano maturi per una riforma. Comunque la sua lettura contribuisce a farli maturare.