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TAV: cosa dicono i numeri

Affinché la rotaia sia più competitiva bisogna fare delle scelte politiche, non solo propaganda come fino ad ora si è fatto

Graziano Ferrari

“Questi i fatti. Tutte le falsità contro la TAV”. Così titola l’articolo di Lorenzo Borga apparso sull’Adige venerdì 23 novembre. Si parla della Torino-Lione (Val di Susa), un “progetto nato trent’anni fa: 270 chilometri che separano Torino da Lione passando per la Val di Susa dove verrebbe scavato il tunnel di base a due canne, lungo quasi 60 chilometri”.

I dati principali riportati nell’articolo da Borga non si può certo dire che siano il risultato di una ricerca accurata basata sui fatti e sui dati (ma di chi?) come vorrebbe far credere il titolo. Piuttosto di un evidente approccio ideologico alla questione.

Nel merito dei dati citati, l’articolo afferma che ad oggi “abbiamo a disposizione ben sette analisi costi-benefici dell’opera, tutti positivi alla realizzazione secondo TELT, società promotrice dell’opera pubblica”. Studi che, sia per la datazione che per chi li ha commissionati (i promotori della TAV), risultano inattendibili: dati di traffico sovrastimati fino al 40%, costi previsti dell’opera inferiori a qualsiasi riscontro con la realtà. Il costo previsto per la Torino-Lione è di circa 15 miliardi secondo i proponenti, mentre la Corte dei Conti francese ne ha recentemente previsti almeno 26 di miliardi e siamo solo all’inizio.

Quest’opera, secondo le analisi dei proponenti, dovrebbe togliere dalla strada 700 mila mezzi pesanti all’anno, ossia 13 milioni di tonnellate di merci, una quantità largamente assorbibile dall’attuale capacità ferroviaria, che, come riportato nell’articolo, è di circa 23 milioni di tonnellate, mentre oggi la ferrovia storica ne trasporta solo tre milioni. Altro che saturazione! Ed il trend dei flussi di traffico è in costante diminuzione.

Siamo lenti? Dobbiamo essere competitivi? Qualcosa non quadra. Perché se oggi la gomma è preferita alla rotaia è solo una questione di convenienza economica, di costi. L’esempio macroscopico viene dal valico del Brennero, dal traffico deviato che vi transita, circa il 45%. Vedansi anche le stime portate dal Presidente della Provincia di Bolzano. Traffico deviato che allunga i percorsi alla faccia della velocità, se questo consente di risparmiare non tempo, ma danaro.

Per essere competitivi bisogna fare delle scelte politiche che non siano solo propaganda come fino ad ora si è fatto. Investire nella ferrovia non significa per forza bruciare miliardi pubblici (che non abbiamo) per realizzare la TAV. Che nella migliore delle ipotesi potrebbero dare risposta alle esigenze trasportistiche non prima di 20-30 anni. Ma solo rendendo efficiente quello che già possediamo, senza creare ulteriori devastazioni ambientali.

Quale sostegno all’occupazione, la realizzazione della TAV darebbe lavoro a circa 1850 operai più l’indotto per il tempo di durata dei lavori. Bei numeri. Anche fossero veritieri, vogliamo sostenere l’occupazione realizzando un’opera devastante sotto ogni profilo ed inutile? Questi operai non si potrebbero far lavorare alla ricostruzione della città dell’Aquila? O di altre zone devastate periodicamente da terremoti ed alluvioni? O sono cosette troppo piccole, frammentate, dove forse è più difficile riciclare il danaro sporco delle varie mafie?

I lavori sono iniziati; a che punto sono? Dall’articolo sembra chiaro che ormai non si può più tornare indietro. A settembre 2018 - dicono - è stato scavato il 14% delle gallerie previste., cioè i tunnel geognostici, opere preliminari che sondano il terreno. In Francia hanno realizzato 5 chilometri sui 9 previsti. Nemmeno un centimetro del tunnel a doppia canna di 60 chilometri, e siccome è a doppia canna i chilometri totali diventano 120. E tutta la tratta complessiva del progetto conta ben 270 chilometri.

In parte le stesse modalità e le stesse problematiche sono al fondamento della TAV-TAC del Brennero, dove sistematicamente si nega ai cittadini qualsiasi dato o informazione progettuale e in genere i media riportano o evidenziano il pensiero e la propaganda del potere.

Grandi opere, grandi devastazioni, poi giù pagine che sempre più frequentemente raccontano i drammi di un territorio e di popolazioni in balia degli effetti del cambiamento climatico!