Dal TIR al treno. È davvero la volta buona?
Accordo Trento-Bolzano-Innsbruck sui trasporti attraverso il Brennero. Tutto bello, ma non è facile crederci.
Ottima iniziativa dei tre presidenti dell’Euregio (Rossi di Trento, Kompatscher di Bolzano e Platter di Innsbruck): la gestione comune del traffico lungo l’Autobrennero. Con un obiettivo virtuoso e assolutamente condivisibile: limitare il traffico merci e spostarlo su ferrovia.
L’apposita riunione, tenuta a Bolzano il 15 gennaio, sembra confermare l’utilità dell’Euregio, istituzione finora molto incerta, che dovrebbe permettere ai tre territori – Trentino, Sudtirolo, Tirolo – una gestione comune di un’ampia serie di competenze che, come appunto il traffico del Brennero, devono per forza essere affrontate congiuntamente.
Pertanto QT, che da sempre è favorevole all’Euregio (vedi “Con Innsbruck? Purché ci si creda davvero” o “Innsbruck chiama Trento” del lontano 2004) e al trasferimento del traffico su rotaia, non può che plaudire all’iniziativa.
Eppure non riusciamo ad entusiasmarci. Troppi elementi ci suggeriscono la prudenza, se non un certo scetticismo. A cominciare dal fatto che da anni, in molteplici occasioni si parla di questo mitico trasferimento delle merci “da gomma a ferro”. Che però mai avviene. Oggi siamo al 71% delle merci su gomma e i tre presidenti hanno elaborato una strategia per cui al 2027, anno di apertura del tunnel del Brennero, strada e ferrovia si equivarranno, 50-50, e nel 2035 il rapporto sarà invertito, 71% ferro, 29% gomma. Questo lungo programma è realistico? E il potenziamento dell’Interporto di Trento, siamo sicuri che sia auspicabile?
Chi ci guadagna davvero?
Partiamo dal secondo quesito, che ne illumina altri. Sì, perché c’è il rischio che l’esultanza di Kompatscher e Platter sia molto fondata, ma sostanzialmente ai danni di Rossi, cioè del Trentino. Infatti, come attuazione del patto, verrà incrementata la Rola, l’autostrada viaggiante (in soldoni, i TIR salgono sui vagoni merci e ne scendono a destinazione): attualmente a Roncafort funzionano solo due coppie di treni al giorno (20.000 TIR all’anno), mentre ne potrebbero partire 24 (240.000 TIR); attraverso lo spostamento dei binari all’Interporto, potranno partire più treni, più lunghi, con tempi di carico e scarico ridotti, insomma si dovrebbe poter movimentare almeno mezzo milione di TIR all’anno, sui 2,1 milioni attualmente in transito sull’A22. Ma forse non ci si rende conto di cosa questo comporti, per il Trentino e soprattutto per Trento.
Il passaggio da gomma a ferro è infatti caldamente raccomandato per eliminare l’inquinamento dei gas di scarico degli automezzi, nefasto nelle valli alpine, dove la circolazione dell’aria è ridotta. Ora, fermare i TIR a Trento e spostarli su ferrovia, sarebbe ottimo per l’Alto Adige e il Tirolo, ma non servirebbe a niente per il Trentino da Ala a Roncafort.
Per Trento sarebbe ancora peggio: un TIR, per abbandonare l’autostrada, immettersi nell’Interporto, manovrare, attendere in coda, e poi riscaldare il motore per una eventuale ripartenza, emetterà molti più inquinanti che non se passasse sull’autostrada a velocità costante. Insomma diminuiremo l’inquinamento a Bolzano e a Innsbruck, ma solo per averne uno, moltiplicato, a Trento.
Diversi anni fa avevamo realizzato uno studio apposito, secondo metodologie forniteci e verificate dall’Ufficio Tutela dell’Aria della Provincia (vedi Il futuro che vogliono prepararci). Ne era risultato che nel caso di una movimentazione di mille TIR al giorno (movimentazione delle merci regionali) l’inquinamento sarebbe rilevante solo a Roncafort, mentre aumentando il numero di autocarri, la qualità dell’aria peggiorerebbe considerevolmente almeno per tutta la parte nord della città.
“È indubbio che il traffico merci in transito nella nostra regione debba essere caricato su ferrovia fuori – commenta Helmut Moroder, vice presidente di Cipra, ingegnere esperto in mobilità e trasporti già city manager a Bolzano– D’altra parte noi siamo generatori di trasporto di merci che esportiamo o importiamo, vedi ad esempio le mele, ed è positivo che viaggino sulla Rola”.
Ma allora, quale è la strategia regionale rispetto ai trasporti? Lo chiediamo al presidente dell’Autobrennero, avv. Luigi Olivieri.
“La nostra idea è che l’interporto di Trento curi il passaggio gomma-ferro per le esigenze locali, mentre il Quadrante Europa di Verona serva tutte le altre. Verona ha però dei limiti perché con il prossimo nuovo accesso al Brennero i treni saranno lunghi 750 metri invece degli attuali 550, e lì altro spazio non ce n’è. Per questo, a integrazione del Quadrante, è stato concepito l’interporto di Isola della Scala. La ferrovia sarà economicamente molto più conveniente, trasporta di più e inquina di meno, ci sarà una seconda galleria riservata alle merci, e già nel 2024 è realistica l’apertura fino a Fortezza”.
Ma voi, come autostrada controllata dagli enti pubblici avete come mission la massimizzazione del vostro business o lo spostamento delle merci su ferro?
“Come gruppo, con le società controllate, operiamo per l’ottimizzazione del trasporto anche fuori dal core business di un’autostrada: questa è l’anomalia, positiva, della nostra società. Ora è evidente che non si può realizzare la terza corsia a nord (per difficoltà orografiche ma anche per il sacrosanto niet dei tirolesi, n.d.r.); e allora, per evitare il collasso, una parte dell’utile viene accantonato per realizzare la tratta ferroviaria. Ormai abbiamo 700 milioni che con l’ultima norma saranno incamerati dal bilancio dello Stato e rigorosamente vincolati a investimenti sul Brennero; e il nuovo concessionario, chiunque sia, dovrà accantonare non meno di 30 milioni annui per la ferrovia. È una peculiarità che riguarda solo la nostra autostrada, non è presente altrove né in Italia, né in Europa, è stata una visione di lungo periodo non solo della nostra Regione, ma anche delle altre province attraversate”.
Resta il fatto che, finora, di passaggio dai TIR al treno se ne vede ben poco. Anzi, si vedono i TIR che, per evitare le alte tariffazioni di Svizzera, Austria e Francia, allungano il percorso per passare dal Brennero. Non solo: l’usura dei manufatti, ad iniziare dai viadotti, è determinata soprattutto dagli autocarri, ma i lavori di manutenzione sono coperti con i pedaggi, soprattutto degli automobilisti. Una diversa politica tariffaria dovrebbe essere inevitabile.
“In effetti se si lavora sui pedaggi, il 20-30% del traffico, dal Brennero sparisce, perché è deviato: per andare da Stoccarda a Milano con un Tir si sceglie il Brennero e Verona, perché la via più breve attraverso la Svizzera costa di più – risponde Moroder - Anche perché il diesel in Austria costa molto meno, il che contribuisce ad attirare traffico che altrimenti passerebbe altrove. Nell’accordo tra i tre presidenti dell’Euregio è scritto che si intende arrivare a pedaggi di attraversamento uguali a quelli delle altre regioni alpine”. Questa ipotesi è stata duramente contestata dagli autotrasportatori. Non ci meravigliamo.
Che ne pensa il presidente dell’A22?
“Le nostre tariffe sono quelle del 2014, adeguate solo quest’anno dell’ 1,68%”
Appunto, troppo basse…
“L’Euregio propone un aumento del 30%. Non penso sia questo il metodo per scoraggiare il traffico deviato, il costo del trasporto si scarica sul consumatore. Bisognerebbe invece aumentare il costo del gasolio in Austria, oggi sono 35 centesimi in meno, 350 euro un pieno, ecco perché passano da noi”.
Eppure gli altri paesi alpini...
“Austria e Svizzera sono paesi di transito, noi siamo paese di trasformazione, le merci sono la nostra economia, dobbiamo farle viaggiare. Di qui la nostra scelta strategica, il sostegno alla ferrovia. La soluzione è l’intermodalità, sia con il caricamento dei Tir sul treno, la Rola, sia il caricamento dei container”.
Questo passaggio di fatto non è ancora avvenuto. Si lamentano soprattutto le insufficienze nella logistica. Se un autocarro su treno ci impiega sei ore per arrivare fino a Monaco, ma deve aspettare quattro giorni in Interporto, non ne usciamo.
“Si deve arrivare all’efficienza dei porti navali”.
Siete voi che dovete dare gli input alle vostre società controllate.
“Noi diamo ai nostri utenti e ai territori il miglior servizio. Sulle controllate facciamo quello che si deve fare. Nessuno ha lamentato inefficienze, non dimentichiamo che quando il presidente Willeit ha avuto la lungimiranza di intervenire per favorire la ferrovia, è stata una svolta vera.”
E la Valdastico?
Su questo quadro, su cui si può discutere ma che è indubbiamente interessante, aleggia uno spettro inquietante: la PiRuBi. Che priorità avrebbe mai la ferrovia, se si fanno arrivare i TIR fino a Trento? E cosa diventerebbe l’interporto di Roncafort, se dovesse ospitare, parcheggiare, far manovrare il trasporto merci proveniente dal vicentino, dal Veneto, e magari dall’Oriente?
“Questo è il pericolo. – risponde Moroder - La Valdastico non farebbe altro che rendere più attrattivo il trasporto su gomma. È’ un pericolo concreto: gli spagnoli di Abertis hanno comperato la concessione della Serenissima proprio per averla rinnovata attraverso la costruzione della PiRuBi. E il ministro Del Rio si è espresso a favore, sia pur ufficiosamente. L’accordo sul traffico del Brennero dei tre presidenti va bene, ma tutti insieme dovrebbero fermare la Valdastico”.
“È una forte richiesta del vicentino, la politica trentina si è già ripetutamente espressa” - risponde Olivieri.
Beh, la politica trentina a tratti sembra incerta se non ambigua…
“La Valdastico dal punto di vista economico non si sostiene, nelle ipotesi più ottimistiche avrebbe 15.000 veicoli al giorno, non si paga”.
Quella che frutta è la Serenissima, e ad Abertis pur di rinnovarne la concessione, converrebbe costruire la PiRuBi. Trento deve soffocare per far fare affari ad Abertis?
“Abertis? Ora su Abertis c’è un’Opa di 14 miliardi di Atlantia (Autostrade d’Italia) che, se andasse in porto, diverrebbe il più grosso gestore europeo d’autostrade. Non nego che le pressioni aumenterebbero. Però il territorio del Trentino lo governa il Trentino”.