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Euregio: solo una sigla?

Due temi, migranti e traffico, ne demoliscono la credibilità.

Pochi mesi fa la Regione Trentino-Alto Adige aveva pubblicato i risultati di una indagine svolta in tutto il Tirolo (compreso quello austriaco) per verificare la percezione dei residenti sull’Euregio: istituzione conosciuta? Ruolo? Attese?

I risultati erano stati positivi: in soli tre anni nei tre territori si era recuperato un deficit importante, la maggioranza degli intervistati riteneva che questa innovazione istituzionale potesse portare ricadute positive al territorio; si era in presenza di un laboratorio virtuoso.

L’indagine era comunque monca, vi era una grande assente: la Macroregione alpina, il grande progetto sostenuto dall’Unione Europea che coinvolge una popolazione di 70 milioni di abitanti e abbraccia tutte le Alpi. In tempi brevi, attraverso un piano di gestione condiviso da tutti i governi delle Alpi, deciderà del futuro dei 14 milioni di abitanti alpini. I quali rischiano però di rimanere schiacciati dalla importanza politica, quindi dai bisogni delle grandi città: Milano, Torino, Grenoble, Vienna, Monaco di Baviera. Se le Alpi intere subiscono questo rischio, immaginiamo come possa essere considerata in ambito europeo una microregione come quella tirolese. E quali rivendicazioni possano scatenarsi in altre realtà regionali e culturali simili come l’Occitania, la popolazione Walser o l’areale sloveno. Invece di unire e costruire forza, queste miniregioni quasi etniche rincorrono divisioni.

Superando questo aspetto comunque fondamentale, che in tempi brevi richiamerà decisioni strategiche sul vivere nelle Alpi, a incrinare l’unità dell’Euregio sono stati sufficienti due temi: l’immigrazione e la mobilità.

La soluzione: la polizia sui treni?

I due argomenti, pur diversissimi fra loro, subiscono i contraccolpi di decisioni degli stati sovrani, della Germania e dell’Austria in particolare. Sull’immigrazione Vienna chiude le frontiere non solo a est, ma anche quelle italiane. Nessun immigrato deve più transitare su territorio austriaco, nemmeno se cerca altri sbocchi di vita più a nord. In più occasioni il governo austriaco ha minacciato di usare l’esercito alle frontiere per bloccare qualche decina di clandestini. Solo a cose imposte i governatori interessati, Arno Kompatscher e Ugo Rossi, si sono mossi. Il governatore del Tirolo del nord, Gunther Platter, è rimasto spettatore, non una parola di solidarietà verso i colleghi dell’Euregio. Alla fine, alla frontiera del Brennero non è arrivato l’esercito, ma la polizia italiana, che dopo accordi non facili con Vienna è stata chiamata a intensificare i controlli sui treni verso l’Austria e la Germania, alla ricerca di immigrati clandestini per anticipare il lavoro “sporco” della polizia di oltre frontiera. L’azione delle due polizie di frontiera è alquanto aggressiva: si moltiplicano le testimonianze di chi viaggia sui treni dotato di sensibilità e scende scosso, preoccupato dalla aggressività delle diverse milizie nei confronti di ogni persona di colore.

L’altro tema riguarda i transiti dei Tir (tema anticipato nel numero di QT del marzo scorso). L’Austria non ci sta più a fare da camera di raccolta dei gas di scarico dei Tir provenienti da Germania e Italia. Per tutta l’estate ha deciso quindi di bloccare l’entrata dei camion sul suo territorio, ai due confini, non solo la domenica, ma anche di sabato. Si organizzano entrate a un traffico limitato a 300 camion con peso superiore alle 7,5 tonnellate all’ora, a partire dal 7 luglio fino a tutto il 25 agosto. L’Austria e il governatore del Tirolo del nord Platter vogliono evitare di subire nella valle dell’Inn la colonna di Tir fermi, come già accaduto in molti fine settimana del mese di maggio e giugno.

La decisione ha conseguenze pesanti, specialmente lungo l’autostrada del Brennero. Si formano colonne di camion lunghe fino a 70 km con inevitabile accumulo di inquinanti e polveri sottili. Come minimo si rallenta, ma si è anche bloccato il traffico turistico, con due ricadute pesanti sul territorio bolzanino: la valle dell’Isarco acuisce i danni dell’inquinamento e si provoca un danno economico all’Autobrennero, alla economia turistica dell’Alto Adige e del Trentino. Anche in questo caso (la Germania per prima, poi è arrivata la reazione difensiva dell’Austria) ogni stato ha agito nel proprio interesse, imponendo decisioni che portano a ricadute negative sui territori confinanti. Il fallimento del Brenner Meeting del 12 giugno sancisce il prevalere di politiche egoistiche: Trento, Bolzano e la stessa Autobrennero sono state costrette a subire decisioni unilaterali.

Va detto che molte responsabilità ricadono sulla politica italiana: non si è mai affrontato il tema e la voce dell’allora ministro Delrio è sempre stata flebile. E il nuovo ministro alle infrastrutture, il 5 Stelle Danilo Toninelli, invece di interessarsi della salute degli abitanti della valle dell’Isarco e dell’Adige, ha solo protestato per i danni economici che ricadranno sulle imprese (“Prima i diritti delle imprese”, ha affermato). Anche con la nuova “rivoluzione” governativa sembra dunque che si prosegua in una situazione di disagio, di debolezza che la politica italiana non ha mai affrontato di petto e che ora ha portato ad una imbarazzante spaccatura i governatori dell’Euregio. Mentre Platter abbandonava indignato la riunione, Italia, Germania, Baviera e Austria, con Trento e Bolzano, rimanevano seduti con il cerino in mano, consolandosi con l’affermare che comunque il tunnel del Brennero nel 2027 risolverà le emergenze. Hanno potuto constatare come la ferrovia sia priva di servizi qualificati per accelerare il trasporto dei TIR su ferro, che le strade secondarie non possono permettersi un aggravio di transiti, che l’Austria, contraddicendosi, mantenendo il prezzo del gasolio del 25- 30% inferiore a quello italiano, diventa un territorio appetibile all’attraversamento dei Tir (un camion arriva a risparmiare con un solo pieno fino a 600 euro). Ma anche il costo al km. dell’Autobrennero per i Tir è irrisorio: 0,17 euro, quando una cifra equa dovrebbe aggirarsi sugli 0,80-0,82 euro, come in Svizzera.

Anche dagli incontri di fine giugno non sono emerse novità: si è deciso solo un ulteriore aggravio per le casse della Provincia di Trento, che dovrà aumentare gli investimenti per facilitare la Ro.La, ossia il trasferimento dei camion sui treni in zona Trento nord.

La soluzione: nuove autostrade?

Intanto gli autotrasportatori alzano la voce, stanchi di tante indecisioni, e assieme a Confindustria chiedono nuove infrastrutture viarie, dalla Valdastico alla Alemagna, mentre il segretariato della Convenzione delle Alpi ricorda come il trattato internazionale sottoscritto da tutti i paesi interessati impedisca la costruzione di nuova viabilità di attraversamento alpino, e gli ambientalisti stanno protestando perché Autobrennero non risponde alla recente sentenza del TAR che imporrebbe nuovi e più pesanti limiti alle emissioni di gas inquinanti.

Sono temi molto complessi, mai affrontati con strategie di lungo periodo, che mantengono aperti scenari di conflitto sociale. Ambientalisti contro autotrasportatori e Confindustria, esigenze dei governi centrali che si scontrano con problemi locali comunque gravi (la salute dei cittadini, l’inadeguatezza delle infrastrutture).

Come sul tema dei migranti, anche in questo caso l’Euregio non ha trovato, forse nemmeno cercato, una linea condivisa da perseguire. Le fratture interne alla regione tirolese non aiutano certo le scelte politiche nazionali. È sempre più evidente la necessità di affrontare ogni questione con visioni più ampie, perlomeno nel profilo di una macroregione. Ma anche in questo caso le notizie che giungono dai tavoli di lavoro di Eusalp sono scoraggianti. L’Italia viene rappresentata da funzionari che su ogni tema mantengono il silenzio. La voce grossa proviene solo dal Veneto, dal rappresentante regionale che insiste su due soli obiettivi: la realizzazione dell’Alemagna in Cadore verso Monaco (“autostrada dell’alta tecnologia” - la definisce, vi inserirebbe perfino la banda larga…) e il nuovo grande porto di Venezia, uno dei sogni ancora non realizzati dal governatore Zaia.

Ormai rassegnati, i rappresentanti dei governi del nord delle Alpi chiedono esplicitamente aiuto e sostegno agli ambientalisti di CIPRA, lì presenti in veste di osservatori. Ma questi non hanno potere decisionale, possono agire solo da ponte, da fonte di dialogo.

Come si vede, un quadro sconfortante: una politica sempre più chiusa, corporativa, priva di visione, che giorno dopo giorno su ogni tema abbatte il ponte Europa, il ponte della fiducia, il ponte di Alexander Langer, il progetto di una Unione Europea capace di solidarietà e di rispetto fra popoli e nazioni e capace di risolvere ogni contrasto con la condivisione.