Con Marina Mattarei si volta pagina
I presidenti delle cooperative votano per il cambiamento. Come si è giunti a un risultato inaspettato e subito definito “storico”
Sembrava l’atto conclusivo di un concorso di miss: con le due finaliste affiancate che alla proclamazione della vincitrice balzavano in piedi e si abbracciavano e baciavano: una incredula per la vittoria, l’altra stranita per la sconfitta. Ma non erano due giovinette di belle speranze, bensì due esperti candidati arrivati al ballottaggio per una delle cariche più importanti del Trentino: Michele Odorizzi e Marina Mattarei, con la seconda proclamata nuova presidente della Federazione Cooperative. E la sala reagiva con grande calore: la maggioranza ad applaudire frenetica, per una vittoria ritenuta tanto importante quanto impossibile; la minoranza, più esigua eppur più potente, con gli increduli boss in prima fila, tramortita dall’inopinato esito, che per molti significava la fine di ricche rendite di posizione.
“È con piacere che vi comunico un risultato storico…” aveva esordito il presidente (di transizione) Mauro Fezzi; “storico” in parte perché Marina Mattarei diventava la prima donna presidente in un mondo vigorosamente maschile, ma soprattutto in quanto a vincere era l’esponente dell’ala critica del movimento cooperativo, sempre sconfitta quando non sbeffeggiata dalla cricca di boss abbarbicati ad un potere ritenuto inattaccabile.
Come mai un risultato del genere? Cosa era successo? Questo si chiedevano tutti, vincitori, sconfitti, osservatori. “Beh, è chiaro che ho perso. – ci diceva solo dieci minuti prima una rassegnata Marina Mattarei – Il potere sa allungare i suoi tentacoli dove nemmeno immaginiamo”. E per converso l’avversario Odorizzi già si muoveva in sala come il nuovo pontefice, e i boss come Diego Schelfi e Renato Dalpalù sprizzavano soddisfazione per l’ennesima scontata vittoria, e sorrisetti sardonici alla volta dei patetici dissidenti.
E invece… Invece, i rappresentanti delle coop inopinatamente decidevano di cambiare registro: per il bene del movimento occorreva, con decisione, voltar pagina: togliere il potere ai mammasantissima e porlo nelle mani di Marina Mattarei, presidente della Famiglia Cooperativa Vallate Solandre.
Per capire riavvolgiamo il nastro di quella giornata “storica”, l’8 giugno 2018. A contendersi la presidenza c’erano quattro candidati: oltre a Mattarei e a Piergiorgio Sester – poco conosciuto, entrato in competizione all’ultimo momento, a rivendicare la necessità di un rinnovamento – c’erano due candidati espressione del potere cooperativo, Michele Odorizzi, presidente della cooperativa sociale Kaleidoscopio, sostenuto dal 4 volte presidente Diego Schelfi, dal presidente del Sait Renato Dalpalù, dal presidente di Cooperfidi Renzo Cescato, da Adriano Orsi già presidente Cavit e oggi Cassa Rurale Alta Vallagarina, dal consigliere provinciale Mario Tonina, direttore della Federazione Allevatori; e poi Ermanno Villotti, presidente della Cassa Rurale Lavis e Cembra, sostenuto dalla parte più muscolare del credito, il presidente di Cassa Centrale Fracalossi, il direttore Sartori, il presidente di Mediocredito Senesi. Come si vede, le cariche di peso erano tutte da una parte, per quanto frazionata nei due candidati Odorizzi e Villotti.
Così, quando il voto del primo turno decretava sì Mattarei prima con 289 voti, ma Odorizzi quasi a ruota con 251 e Villotti con 208, i giochi sembravano fatti: al ballottaggio Mattarei/Odorizzi, la logica voleva che la prima potesse incassare i voti di Sester – 33, troppo pochi – solo per essere travolta dal convergere dei voti di Villotti su Odorizzi. La logica dei numeri parlava chiaro: i due candidati “di sistema” assieme avrebbero sommato oltre 450 voti, contro i 322 degli innovatori. E invece no: Marina Mattarei prendeva 349 voti, Odorizzi si fermava a 339. Un attimo di incredulità: poi giubilo da una parte, sconcerto dall’altra. Rimane quindi la domanda: cosa era successo?
“È successo che i cooperatori hanno ancora un cuore. – ci dice un importante personaggio del movimento - Si è capito che oggi bisogna dare la preminenza alla dimensione ideale, ai valori; cooperazione significa avere il gusto di fare le cose assieme. Altrimenti il movimento semplicemente non ha più senso”.
“Per Marina ha votato la dimensione sociale, etica, del movimento. – afferma Sergio Vigliotti, già presidente di Risto 3, la cooperativa di ristorazione del Trentino, 1.100 dipendenti, e uomo-macchina della campagna di Mattarei – Si è capito che andando avanti con le tradizionali gestioni burocratiche si andava allo sfascio, il cambiamento era ormai indispensabile”.
Su Mattarei possiamo portare anche la nostra testimonianza. Nei tanti servizi di QT sul mondo della cooperazione, è stata una delle nostre fonti, di informazioni ma soprattutto di interpretazioni. Orbene, i suoi ragionamenti sul mondo cooperativo – ma anche su altre situazioni, come ad esempio ITAS – ruotavano sempre attorno ad un nodo: la democrazia economica, il coinvolgimento dei soci, i rapporti con il territorio.
E tutto questo declinato in termini istituzionali: riconduceva sempre il problema a come veniva affrontato dalle istituzioni, cooperative e non. “Confusione istituzionale” era il termine con cui bollava l’andazzo dei piani alti della cooperazione: non si sa chi fa che cosa, chi deve farlo, chi non deve, e perché, e nella confusione prosperano gli interessi personali. Volendo, si può anche definire Marina Mattarei una pasionaria, ma con la mente sempre rivolta alla traduzione degli empiti etici in operatività. Operatività che si traduce in un movimento che coinvolge centinaia di migliaia di persone, in istituzioni che devono essere solide e trasparenti.
Un ultimo punto ha poi probabilmente pesato nella valutazione dei cooperatori: “L’essere di Rabbi, – ci dice un interlocutore – l’essere orgogliosamente valligiana. E al contempo coltivare la lettura, il teatro, essere un esempio del valligiano del duemila”. Insomma, che abbiano votato una donna così, è un’ottima notizia.
Il voto dei grandi consorzi e delle Rurali
Ci sono poi state altre motivazioni, più specifiche, ma che vanno nel profondo. Mattarei aveva fatto da mesi un lavoro sul mondo delle coop agricole, divenendone punto di riferimento, ed ottenendone il voto. A iniziare da quello dei grandi consorzi, Melinda e Cavit, tradizionalmente - e spocchiosamente – autosufficienti. E come mai è nato, proprio in questi che sono dei veri potentati, un tale anomalo interesse per la Federazione, e per di più per una candidatura di rottura?
“Perché hanno avvertito che ci sono delle tematiche centrali da affrontare, a cominciare dalla sostenibilità ambientale. – ci risponde la stessa Mattarei – Oggi il contadino che tratta i meli con il suo atomizzatore viene visto dai compaesani come un pericolo, come un untore. Non è una situazione sostenibile, per la persona e anche per il prodotto. Da qui la necessità di una svolta verso la sostenibilità, che deve essere supportata da una Federazione convinta, che assuma il suo ruolo di interlocuzione con la politica, e che connetta il mondo agricolo con gli altri coinvolti, a iniziare da quello del turismo. È un discorso sul territorio, che investe tutti, non si può più pensare per compartimenti stagni”. Questa è Marina Mattarei, una che mette insieme ambiente, economia, territorio, istituzioni. Lo devono aver capito anche i boss più avveduti.
Altro settore in evoluzione, le Casse Rurali, e altre sorprese dal voto. Come è noto, le Rurali convergono in Cassa Centrale Banca, che offre loro i servizi comuni, e che ora è diventata capofila di uno dei tre gruppi nazionali, aggregando un centinaio di banche di credito cooperativo di tutta Italia. All’assemblea gli uomini forti di Cassa Centrale, seguiti dalla maggioranza delle Rurali, avevano espresso come proprio candidato Villotti. Al momento del ballottaggio, eliminato Villotti, Cassa Centrale confluiva su Odorizzi, ma le Rurali si dividevano, tra quelle che seguivano la capogruppo, quelle che si rifugiavano nell’astensione, quelle che votavano Mattarei, come al primo turno già altre avevano fatto, nel segreto dell’urna o con esplicita dichiarazione di voto. A confermare la divaricazione, nel CdA della Federazione le Rurali eleggevano rappresentanti che non ricoprono incarichi in Cassa Centrale. “È stata affermata una distinzione di ruoli che ritengo positiva; – commenta Mattarei - a CCB spetta il ruolo industriale, importantissimo, decisivo, e sempre svolto con grande capacità, mentre alla Federazione spetta il ruolo di rappresentanza politica”.
Spieghiamo meglio. Il voto delle Casse Rurali riflette anche le perplessità sul processo in corso di costituzione dei gruppi nazionali. Tre sono i punti controversi, che sembrano delineare un ferreo accentramento. Anzitutto la governance delle singole Casse Rurali, che dovrà sottostare al placet dalla capogruppo: un’ingerenza spiazzante, che si giustifica con la necessità di tenere sotto controllo le BCC scialacquone, i cui disastri dovrebbero poi venire assorbiti dall’insieme del gruppo; ma non ha senso per le banche virtuose. Era infatti stato promesso un sistema di “autonomie differenziate”, per cui le banche virtuose avevano più autonomia; ma il disegno è poi rimasto nel limbo delle buone intenzioni.
Secondo aspetto, la proprietà della capogruppo, che è una spa, con il 51% delle azioni alle BCC aderenti e il 49% venduto sul mercato. Una ripartizione che apre la porta al controllo del sistema da parte di qualche grosso speculatore: se un fondo immobiliare estero rastrella il 49% o anche meno delle azioni, comanda lui, e di cooperativo cosa rimane? Niente. Terzo aspetto: il patto di coesione, che regola i rapporti tra la capogruppo e le singole Bcc, che non è ancora noto; e non è una bella cosa.
Come si vede, la riforma del credito cooperativo, voluta dal potere renziano, pur doverosa, anzi indispensabile per ripulire, razionalizzare e rafforzare tutto il settore, sconta però una impostazione accentratrice e mercatista che poco ha a che fare con la visione cooperativa. Visione che ci sembra che Cassa Centrale (di cui peraltro abbiamo apprezzato e pubblicamente elogiato - vedi QT di gennaio e di luglio 2017 – le grandi capacità operative, meritoriamente impostesi a livello nazionale) non abbia difeso né tenuto in adeguata considerazione.
In questa situazione si è inserito il governo grillo-leghista. Che ha dichiarato la sua intenzione di rivedere da cima a fondo la riforma e, tanto per iniziare, di imporre una moratoria di 18 mesi alla costituzione dei gruppi nazionali. Insomma, si vuole mettere tutto in un cassetto.
Sarebbe un disastro, con le capogruppo senza un obiettivo, le BCC piccole e fragili, il sistema in affanno. Ecco quindi le perplessità delle Casse Rurali, strette tra Scilla e Cariddi: da una parte una riforma centralista che le snaturerebbe, dall’altra un immobilismo disastroso. Di qui la spinta a “riformare la riforma”, e sostenere una Federazione innovativa che si spenda in questa direzione.
Per essere chiari: il rappresentante trentino in Federcasse era Diego Schelfi, sempre sdraiato sui desiderata dei più potenti. Per prima cosa Marina Mattarei ha revocato la delega a Schelfi: a rappresentare il movimento trentino a Roma, ci andrà lei.
“È un tema che investe in pieno il movimento, e la Federazione deve occuparsene. – ci conferma - Dobbiamo mantenere la mutualità, anche perché la distintività conviene ad entrambi, l’insieme delle coop e il gruppo bancario, che ne uscirà rafforzato”.
Ce la farà?
Vasto programma, avrebbe detto De Gaulle. E questi che abbiamo esposto sono solo due degli ambiti in cui, dopo gli anni di non disinteressata latitanza, è necessaria una ampia, profonda attività propositiva della nuova presidenza. Riuscirà in questo compito Marina Mattarei, diplomata alle magistrali, presidente di una Famiglia cooperativa di una valle remota? Riuscirà a proporsi e imporsi in via Segantini, in piazza Dante, a Roma?
A questo varco la aspettano in molti. Ma molti di più sono quelli disposti a collaborare, a darle una mano, a fare squadra. Alcuni perché abituati a saltare sul carro del vincitore, molti perché convinti che voltare pagina si deve, e con lei, finalmente, si può. Ricordiamolo, l’hanno votata in più di trecento, rompendo schemi, consuetudini, convenienze.
E così Marina Mattarei andrà anche a Roma, a parlare di banche. Peggio di Diego Schelfi di sicuro non farà. Sostenuta da un adeguato staff tecnico, può fare molto, ma molto meglio.
Territorialità
Nel CdA della Federazione è stata eletta anche, tra i candidati trasversali (non appartenenti cioè a uno specifico settore come agricoltura, credito, ecc.) Mariangela Franch, ordinaria di Economia e Gestione delle Imprese all’Università di Trento, per 13 anni presidente della Cooperativa Sociale Stella Montis di Fondo, che gestisce la RSA dell’Alta Val di Non. Franch è stata nominata, suscitando qualche malumore, vicepresidente della Federazione.
“La mia è stata una candidatura nata dalle cooperative del mio territorio, perché si sviluppi un coordinamento non solo di settore, ma anche territoriale”.
Nel senso che lei rappresenterà in CdA la Val di Non?
“Assolutamente no. Rappresenterò l’esigenza, la prospettiva, di dar vita - in Val di Non come in Valsugana per esempio, con cui ho contatti - aggregazioni di vari soggetti, non solo cooperativi, rivolti al sociale. Proprio in quest’ambito ho conosciuto Marina Mattarei, per la sua attenzione, già molto tempo fa, alle coop sociali, e per aver dato vita nel suo territorio, Rabbi, ad accordi territoriali per far nascere punti d’aggregazione nei paesi di montagna”.
“Sì, questa visione mi trova concorde – conferma la presidente - La cooperazione come metodo deve ripartire dalla propria origine, dai territori. Il modello di cui parla la prof. Franch è stimolante, e prima ancora che intercooperativo (mettere insieme reti di cooperative di diversi settori ndr) è rivolto alla costruzione di una rete complessiva di realtà anche non cooperative, per costruire risposte adeguate ai nuovi bisogni, cominciando ad esempio dalla povertà in aumento”.