Mattarei, la sferzata d’orgoglio
I tentativi di riscatto di una presidenza accerchiata e compromessa. Chi ne prenderà il testimone?
Era un’assemblea difficile per Marina Mattarei quella del 7 giugno. La presidente della Federazione delle Cooperative doveva scontare una posizione di minoranza nel CdA, dove ben 17 membri su 21 avevano sottoscritto un documento critico nei suoi confronti, per di più indicando nomi e cognomi di chi lei, nei giorni successivi, avrebbe dovuto nominare in posizioni che contano. “A questo punto, si dimetterà?” era la domanda ricorrente. Mattarei non si è dimessa.
L’assemblea ha vissuto tanti momenti rituali, alternati a qualche fiammata. Soprattutto quando alcuni cooperatori sottolineavano che “democrazia vuol dire rispetto del mandato”, ossia che i consiglieri del CdA non dovevano mettere i pali tra le ruote a Mattarei, ma rassegnarsi al fatto che la presidente era lei, e collaborare. Il grande applauso seguito a questa affermazione ribadiva la convinzione di una parte cospicua della sala.
Un’altra fiammata la sollevava chi scrive (che parlava come presidente della cooperativa che gestisce questo giornale). Al primo punto dell’ordine del giorno veniva presentata la definitiva liquidazione della società Piedicastello spa e la sua incorporazione nella Federazione. Per chi non lo ricordasse, la Piedicastello era lo società con cui la Federazione aveva acquistato da Isa i terreni dell’ex-Italcementi a Piedicastello. Isa in pochi mesi realizza una plusvalenza di quasi un milione con un rendimento di oltre l’80% e la Federazione si trova sul groppone i terreni, di cui non sa che farsene. Da notare che presidente di Federcoop era Diego Schelfi, allora anche consigliere di Isa, di cui era stato presidente fino a pochi anni prima. Bene, chiedevamo, ora che la vicenda è conclusa, i terreni sono stati venduti alla Pat, cosa ci ha guadagnato, o cosa ci ha perso la Federazione? Abbiamo perso 7 milioni, rispondeva Walter Lazzarotto, responsabile dell’amministrazione. L’assemblea mormorava: 7 milioni sono tanti...
Il fatto è che Marina Mattarei era stata eletta alla presidenza proprio per dare una svolta a un organismo governato dagli Schelfi. Ma è stata all’altezza?
Dopo un’ora e mezza prendeva la parola Marina Castaldo, anche lei del CdA, autrice di una dura lettera aperta a Mattarei. Anche in assemblea elencava le mancanze della Presidente: “Non ha difeso le cooperative sociali quando il presidente del Consiglio provinciale Kaswalder le definiva un centro di business. In un’intervista sull’Adige ha preso le distanze dal lavoro delle coop per l’integrazione dei migranti. Ha avuto un incontro con la Giunta provinciale senza alcun momento preparatorio in CdA, i CdA calendarizzati vengono spostati, è stato firmato un protocollo che non abbiamo mai visto. Marina, noi non siamo sempre allineati con i tuoi pensieri, ma non c’è discussione né sintesi... Sono preoccupata, non può essere tutto ridotto al rapporto socio-presidente”. La sala era gelata.
A questo punto inizierà la discussione vera, si pensava. Invece prendeva la parola Mattarei: “La discussione è chiusa”. Ma non finiva lì. Seguiva la seconda parte dell’assemblea, aperta al pubblico, alla stampa, ai politici.
Alla presenza di Fugatti, Mattarei prendeva ancora la parola e con una relazione di grande spessore, che prendeva spunto dalle caratteristiche di un territorio di montagna per delineare le caratteristiche dell’Autonomia e della cooperazione, la necessità di respingere le sirene affaristiche, di rimettere come centrale la rendicontazione sociale dell’impresa ecc. Infine la questione dell’immigrazione, per sottolineare che “la scelta migratoria è un diritto sacrosanto di ogni persona”. E che “essere esclusi, in quanto stranieri, non può che generare malessere e infelicità. Il nostro movimento nasce dandosi l’obiettivo opposto”. Finalmente.
È bastata questa sferzata d’orgoglio a raddrizzare una presidenza compromessa, che non ha saputo rispondere al cahier de doléance di Castaldo? No, anche perché i boss, pur responsabili di schifezze come la vicenda Piedicastello, ormai hanno stretto Mattarei in un angolo.
Pochi giorni dopo sulla stampa è intervenuto lo stesso Schelfi. E non per parlare dei 7 milioni spariti, ma dell’anomalia dell’elezione di Mattarei.
E difatti di anomalia si tratta: il metodo elettorale varato con l’ultimo statuto contiene i germi che hanno portato a un risultato paradossale. Perché i comitati di settore (dove più forte è il condizionamento dei consorzi e dei boss) hanno indicato i nominativi per il CdA; l’assemblea invece, dove il voto è più segreto, ha eletto la presidente. Le due modalità si sono rivelate divergenti: CdA e presidente rispondevano a due visioni diverse.
Cosa propone Schelfi? Di dare tutto il potere ai comitati di settore (consorzi e boss), facendo eleggere a loro anche il presidente. Quando si dovrebbe invece fare il contrario: tutto il potere all’assemblea, che elegge un presidente con collegata una lista di consiglieri.
Quest’ultimo sprazzo della presidenza Mattarei dovrebbe essere utilizzato per varare questa modifica, Ben consci peraltro che non basterà. Occorrerà che i consorzi tornino alla loro funzione commerciale, e che non siano invece essi stessi una Federazione delle cooperative. Le cooperative dovranno rinnovarsi, con un limite generalizzato al numero di mandati, per evitare i casi in cui ci sono coop che sono una sorta di proprietà di un presidente a vita. Occorrerà prevedere nuove modifiche statutarie (ce ne sono diverse allo studio, sperimentate in altri paesi) che diano più peso ai soci e rilevanza alle assemblee. Ma chi farà tutto ciò?
Il movimento aggregatosi attorno a Marina Mattarei, a Geremia Gios, a Giuliano Beltrami, si è dissolto con l’eclissi di questi nomi. Ma altri possono risollevare quel testimone caduto di mano.