Ancora sul porfido
I problemi mai risolti di un settore importante dell'economia provinciale.
Torniamo a parlare del settore del porfido in Val di Cembra per fare un po’ il punto di una situazione apparentemente fluida e in divenire (liquida, come direbbe Zygmunt Bauman, recentemente scomparso), ma che rischia invece di incancrenirsi attorno ai soliti problemi, mai risolti, di questo importante pezzo dell’economia provinciale.
Non si può non partire dalla considerazione che a gestire e amministrare la risorsa porfido, in buona parte di proprietà collettiva, sono stati quasi sempre, almeno fino ad oggi, gli stessi che ricevevano poi il bene in concessione. Questo è avvenuto in un quadro istituzionale caratterizzato da rapporti di forza oltremodo sbilanciati verso l’imprenditoria, con una commistione di interessi tra controllori e controllati, sia nelle amministrazioni comunali, che in quella provinciale.
Non parliamo, si badi bene, di violazioni formali di leggi e norme che sono sempre state rispettate con il meccanismo dei commissari oppure con l’uscita dall’aula degli amministratori in conflitto di interessi. Ci riferiamo piuttosto a una violazione sostanziale con uno dei giocatori in campo che decide di essere anche arbitro della partita, tanto per utilizzare una metafora sportiva.
La grande frammentazione dei lotti estrattivi, la scarsissima innovazione, l’assenza di trasparenza e una gestione privata, quando non personale di un bene pubblico, hanno caratterizzato l’intera storia di questo settore proprio perché il sistema delle regole e dei controlli non ha mai funzionato se non sulla carta.
In crisi di idee
Negli ultimi anni la crisi ha attraversato in profondità anche il mondo del porfido, lasciando sulla strada circa metà degli addetti e cancellando buona parte dei fatturati. Oggi, molte aziende hanno grosse difficoltà di mercato e problemi di liquidità dovuti, tra l’altro, alle forti limitazioni di credito adottate da alcune banche. Di fronte a questa situazione e al ripetersi, ormai sistematico, di episodi di illegalità più volte denunciati anche alle autorità competenti dal Coordinamento Lavoro Porfido (che riunisce alcuni operai e cittadini della zona del porfido), anche il Governo provinciale ha deciso di agire.
L’assessore all’Industria Olivi ha presentato un disegno di legge di modifica della legge provinciale n° 6 del 2007 che regolamenta l’attività estrattiva, che si è aggiunto ad un’altra proposta in questo senso, già depositata dal consigliere Filippo Degasperi (M5S). Un terzo testo, presentato dal consigliere Walter Viola (PT), è stato unificato, in gennaio, a quello di Olivi.
Non vogliamo qui entrare nel dettaglio delle proposte di riforma, se non per sottolineare come, per quanto si è potuto leggere fino ad oggi, il DDL presentato dal governo provinciale non sciolga il vero nodo che è quello di avere uno strumento applicabile e incisivo senza quei margini di discrezionalità che hanno reso le norme precedenti del tutto inefficaci, soprattutto sul fronte dei controlli e delle sanzioni.
A titolo di esempio, basti citare la proposta di modifica dell’articolo che parla di sospensione, decadenza e revoca della concessione (art. 28), un articolo importante viste le continue violazioni degli accordi sindacali e dei disciplinari di coltivazione.
Su questo articolo il testo presentato dal consigliere Degasperi, seppure molto scarno, è perentorio e chiaro, mentre il testo di Olivi è inspiegabilmente accondiscendente e vago, prevedendo l’adozione di provvedimenti solo dopo ripetute violazioni.
In altri articoli la timidezza della proposta della Giunta è più evidente nella scelta dei verbi; scrivere infatti che un Sindaco “può” fare una certa cosa non significa affatto che debba farla o che la faccia.
E non si tratta “solo” di aspetti legati al diritto e alla legalità.
Avere regole efficaci e certe è, per questo settore, il presupposto per uno sviluppo complessivo più razionale, che è stato fin qui impedito proprio dal prevalere degli interessi particolari (si veda in proposito “Porfido: sull’orlo del baratro” su QT n°11, novembre 2015 e “Porfido: il grande inganno” su QT del novembre 2016). Una situazione che non verrebbe superata nemmeno con ipotetiche gestioni “in house”, emanazioni più o meno diretta delle amministrazioni locali, paventate nella proposta Olivi.
Libertà d’impresa
Un dato da cui partire è che la classe imprenditoriale che ha gestito il settore fino ad oggi, salvo rarissime eccezioni, non ha dimostrato lungimiranza, né tantomeno capacità imprenditoriali per poter legittimamente rivendicare ancora libertà di azione rispetto alla gestione delle cave.
Alla luce di questo dato, non occorre pensare al socialismo, basterebbe ipotizzare l’imposizione di quei cambiamenti che potrebbero portare a una maggiore efficienza (a partire magari dall’unificazione dei lotti di coltivazione) invece di proseguire con gli auspici e con le generiche raccomandazioni che, dopo tanti anni in cui si sono rivelati perfettamente inutili, continuano a sorreggere anche l’impianto del disegno di legge Olivi.
La crisi di oggi nasce molto indietro nel tempo, in un periodo in cui le aziende del porfido lavoravano in un mercato nazionale ed europeo di sostanziale monopolio e dove era forse più facile guadagnare che fallire. In quella fase, gli imprenditori del porfido hanno investito i loro lauti profitti in maniera non proprio oculata. Anche perché la possibilità che si arrivasse al collasso del settore, non tanto per l’esaurimento dei giacimenti, ma per l’antieconomicità dell’attività in un quadro di mercato aperto e globale, era considerata assolutamente irreale. Così si è puntato tutto sui profitti immediati e sulla quantità; e a questo hanno contribuito canoni di concessione irrisori e assolutamente fuori mercato.
Esempi emblematici sono i pochi casi di aste pubbliche di lotti cava che hanno avuto rialzi superiori al 200% (Lases) e i canoni di concessione applicati secondo criteri di mercato in due lotti del Pinetano di proprietà delle Asuc (Amministrazione separate usi civici), mediamente doppi rispetto a quelli dei lotti limitrofi di proprietà comunale calcolati secondo la normativa provinciale.
Il cottimo, storicamente parte importante della retribuzione degli addetti, ha portato gli operai stessi a lavorare quotidianamente centinaia di quintali di materiale con ritmi inumani. E proprio il cottimo, croce e delizia, sebbene poco coerente con quella produzione di qualità auspicata da tutti, è ancora un elemento caratterizzante del lavoro nelle cave.
Un’arma a doppio taglio che ha consentito agli operai di avere retribuzioni mediamente anche molto alte, ma con enormi costi ambientali (dovuti ai ritmi di escavazione forsennati) e sociali (dovuti al logoramento fisico e alle malattie professionali).
Deve far riflettere il fatto che, nonostante tutto, molti degli addetti sarebbero disposti a fare le barricate per difenderlo.
Addio contratto integrativo
A rendere tutto ancora più difficile, nel dicembre scorso è arrivata la notizia della disdetta del contratto integrativo di settore da parte delle organizzazioni imprenditoriali, il che comporterà, a partire dal 1° giugno 2017, un abbassamento delle retribuzioni dell’ordine di 500-600 euro mensili per addetto.
Per Moreno Marighetti, funzionario Fillea CGIL, si tratta dell’ennesima dimostrazione della scarsa capacità imprenditoriale delle aziende che, per ottenere profitti, puntano tutto sulla compressione del lavoro. Fabrizio Bignotti, funzionario della Filca CISL, chiarisce che il meccanismo del cottimo è sempre stato regolamentato con il contratto integrativo e, con la disdetta annunciata, andrebbe quindi ridiscusso in una trattativa che sembra però - aggiungiamo noi - assai difficile e lontana.
Per il momento, dopo la dichiarazione dello stato di agitazione e di due giornate di sciopero, i sindacati hanno puntato sul rispetto delle norme igienico-sanitarie e sull’avvio della cassa integrazione invernale che molte aziende non volevano adottare.
A questo proposito hanno chiesto l’intervento urgente degli organismi di controllo, lamentando l’oggettiva impossibilità di lavorare senza acqua e in condizioni igieniche precarie.
Anche sul fronte della tutela del lavoro, il vero problema sembra essere legato alla possibilità di esigere il rispetto degli accordi e degli impegni sottoscritti dai datori di lavoro.
Si tratta, già oggi, di impegni al mantenimento dei livelli occupazionali che, in caso di violazione, farebbero decadere le stesse concessioni.
Però, in generale, più che di una questione di tutele temporanee e di ammortizzatori sociali (pure importantissimi) si tratta di trovare il modo per cui i lavoratori non siano costretti a barattare salute, sicurezza e condizioni di lavoro, come sta purtroppo accadendo.
La proposta che le Amministrazioni comunali mettano a disposizione degli operai di aziende in crisi lotti cava dismessi, con l’unico obiettivo di consentire loro di lavorare e ottenere un reddito (avanzata fin dall’inizio della crisi da diversi comitati di lavoratori), ci sembra effettivamente interessante, provocatoria, ma allo stesso tempo concreta e percorribile.
Una proposta che avrebbe anche il pregio, una volta almeno, di fare in modo che un bene pubblico, come sono le cave di porfido, sia gestito con finalità realmente sociali, per una comunità di persone, italiani e stranieri, che hanno lasciato, tra questi squarci di montagna, un pezzo della loro vita e della loro salute; sarebbe un’ulteriore beffa che dovessero lasciarci anche le loro ultime speranze.
Caro Olivi, non ho più fiducia in te
Vorrei manifestare tutta la mia amarezza nei confronti dell’assessore Alessandro Olivi. Per tutta la vita, forte dei sani principi della sinistra parlamentare, ho lottato contro la corruzione, il malaffare e l’illegalità, militando e dando il mio voto ed impegno prima nel PCI, poi nei DS e ultimamente nel PD. Mai avrei pensato che a quasi 72 anni, un giorno, avrei dovuto firmare un esposto contro l’operato dell’assessore Olivi sul porfido, anche perché, nelle ultime elezioni provinciali l’ho votato riponendo in lui la mia fiducia.
Ultimamente sono stato uno dei pochi di Lona-Lases che ha partecipato alle primarie andando a votare a Cembra. Nell’ultima consultazione relativa al segretario del PD non sono andato, così come hanno fatto altri circa 3000 cittadini della precedente consultazione, probabilmente sfiduciati. Come Coordinamento Lavoro Porfido (C.L.P.) nell’incontro del 28 novembre 2014 abbiamo chiesto al capogruppo PD, Alessio Manica, una sua collaborazione, senza però nessun riscontro positivo.
Se veramente Olivi ha nel sangue innati i principi della sinistra imperniati su onestà, coerenza, legalità, lotta alla corruzione e al malaffare ed è convinto di operare con trasparenza negli interessi dei cittadini e per il bene comune, lo dimostri sollecitando l’esame in Consiglio provinciale e approvando la proposta di mozione del consigliere Civettini per una commissione d’indagine sul porfido, di data 15 febbraio 2016.
Se nello sviluppare la sua proposta di legge n. 161/2016 i contenuti non sono farina del suo sacco, perché contraddicono tante sue dichiarazioni fatte ai giornali, probabilmente è perché è stato male consigliato dai suoi collaboratori interni (presumo l’ing. Tomasi del Servizio Minerario ed Ezio Cristofolini che opera nel Distretto del porfido) ed esterni (come, immagino, Maurizio Zabbeni della Fillea-Cgil), allora capisco perché si è scesi così in basso. Però se questa proposta è stata fatta in funzione delle esigenze della lobby del porfido, allora c’è un coerente filo conduttore.
Faccio presente ad esempio che il sig. Ezio Cristofolini era segretario dell’ex assessore Benedetti quando è stata approvata la L.P. 7/2006, è stato anche direttore del consorzio cave di Fornace ed ex vicesindaco dello stesso comune. Non si può dire che sia una persona super partes.
La commissione d’indagine avrebbe il compito di verificare se i suoi Servizi (Minerario, Lavoro, ecc.) hanno seriamente adempiuto al loro obbligo di controllo ed operato negli interessi dei cittadini secondo il compito loro assegnato, perché molti sono gli aspetti poco limpidi che non ci convincono. Diversamente, se non intende operare su questa strada, difficilmente l’amministrazione provinciale potrà operare negli interessi dei cittadini e crearsi quegli anticorpi per combattere la corruzione il malaffare e l’illegalità.
Olivi potrà dire che lui non accetta lezioni da nessuno e probabilmente difenderà a spada tratta il suo operato. Vorrei però capire perché a seguito di tre richieste formali non ha concesso un incontro al C.L.P. Bene, se è così, si assuma le sue responsabilità
Personalmente ho già perso la fiducia in lui e nel PD come tanti altri compagni e amici che conosco. Faccio presente che queste considerazioni e giudizi sono riferiti esclusivamente all’operato dell’assessore Olivi relativamente al comparto del porfido trentino che conosco.
Vigilio Valentini, membro del Coordinamento Lavoro Porfido sindaco di Lona-Lases dal 1985 al 1995