Laurina Paperina: “Doomsday”
Un’Apocalisse pop Trento, Studio d’arte Raffaellli, fino al 10 dicembre
Dopo un tour di personali e collettive fra Bruxelles, Londra, New York e varie città italiane, Laurina Paperina ritorna in Trentino con una personale allo Studio d’arte Raffaelli, curata da Ivan Quaroni. “Doomsday”, ovvero il giorno del Giudizio, è un titolo che ben sintetizza lo spirito dissacrante e al contempo profetico dell’artista, sempre più febbrile nel saccheggiare le iconografie dell’immaginario collettivo per rovesciarne il senso, o perlomeno l’appeal e lo spirito glamour con cui ci vengono solitamente vendute. Dopo il vasto ciclo dedicato agli artisti più noti della storia dell’arte, ridotti spesso a vittime delle proprie ossessioni estetiche, da alcuni anni le opere di Laurina Paperina abbracciano ogni fonte dell’immaginario pop: cartoons soprattutto, ma anche personaggi di film, telefim, comics, della musica (segnaliamo in mostra una macabra sfilata di rockstar morte all’età di 27 anni, da Jimi Hendrix ad Amy Winehouse) e in qualche caso della storia, per quanto tragica questa possa essere. Ecco così comparire in una grande tela di tre metri di larghezza (“Spamming”, del 2016 come quasi tutte le opere esposte), accanto a Peppa Pig, Mazinga, Superman e decine di altri personaggi fantastici, un incazzatissimo Hitler che spicca, nell’insieme alquanto barocco, per negatività espressiva. Oppure, per passare a demoniaci pazzoidi della storia politica contemporanea, è riconoscibile in più opere l’inconfondibile profilo infantile del nordcoreano Kim Jong Un, dalla cui testa fuoriesce un fungo atomico.
Il Doomsday di Laurina Paperina pare trarre ispirazione dal Giudizio universale di Hieronymus Bosch, per quanto traslato in chiave contemporanea. Ricorre l’idea del mondo alla rovescia, il gusto per il macabro, il mostruoso, il deforme, il grottesco e l’ibrido, specialmente nelle numerose opere che assemblano parti di vari personaggi dei cartoons, un po’ come facevano –partendo da altre fonti iconografiche- il pre-surrealista Grandville e poi Max Ernst. Ancora a Bosch, e ai suoi lavori più complessi, ricchi di riferimenti sia colti che popolari, alludono altre grandi tele dell’artista: in “Flames of Hell”, ad esempio, sono identificabili un centinaio di temi, con rimandi che vanno dall’iconografia medievale alle Pussy Riot, da Cattelan ai Furby, passando per Saddam Hussein, Dracula, Ai Weiwei, David Bowie e (molto) altro ancora, compresi particolari di celebri dipinti.
Anche i microcosmi fantastici di Bruegel il Vecchio paiono essere una traboccante fonte d’ispirazione per l’artista trentina: la grande tela “Riders of the lost Heads” presenta non poche somiglianze con la Torre di Babele dipinta dall’artista fiammingo nel 1563, se non fosse per il centinaio di figure -dallo skater Tony Hawk a Babbo Natale- vittime di decollazione.
Un’Apocalisse, quella di Laurina Paperina, che dirompe nelle sale espositive come scoppiettanti giochi pirotecnici, d’improvviso e mutando frequentemente forma e colore: opere a parete di varie dimensioni, certo, ma anche dipinti murali, libri d’artista, video e installazioni. Tra le più interessanti, segnaliamo “The Pape Prophecies”, che si presenta come una casetta adorna di scritte e simboli vergati in bianco e nero, sormontata da un gatto. All’interno, dipinto di rosa shocking e verde, un distributore vintage di “profezie” scritte e disegnate dall’artista, custodite entro palline di plastica. Anche in questo caso, la beffa è dietro l’angolo: altro che le speranzose previsioni imbonitrici dei maghi televisivi, o quelle cartacee che spuntano dai biscotti portafortuna cinesi promettendo denaro, amore e gloria! L’Apocalisse accarezza i visitatori a suon di “Sei così maturo che sei marcio”, o “Il lavaggio del cervello è l’unica soluzione”. E così anche lo spettatore diventa, con lacrime e sorrisi, parte dell’opera.