Smart City Trento Week
Dal 10 al 15 settembre la città ha presentato i progetti per rendere più efficienti i rapporti tra pubblica amministrazione e popolazione. Sono realistici?
Cosa vuol dire Smart City? Letteralmente significa “città intelligente” (anzi, “città furba” in inglese colloquiale), intendendo che investe in tecnologie di comunicazione ed in infrastrutture avanzate, contribuendo in maniera determinante al miglioramento della qualità della vita, ad uno sviluppo economico sostenibile ed alla gestione efficiente delle risorse naturali.
Questi gli ottimi presupposti di “Trento Smart City Week”, evento tenutosi a Trento tra il 10 e il 15 settembre, organizzato dal Comune con il coinvolgimento di diversi enti, dall’immancabile Provincia a Trentino Network, da FBK a Informatica Trentina, oltre all’Azienda Sanitaria e al MuSe.
Nella struttura in piazza Duomo una serie di stand mostravano quanto si sta facendo in Trentino sia per facilitare la relazione tra il cittadino e la Pubblica Amministrazione, sfruttando le tecnologie della comunicazione, sia per riorganizzare la vita quotidiana verso una modalità ecosostenibile; e in effetti, girando per gli stand, non si può non restare positivamente impressionati dal fermento che permea l’attività di diverse aziende e degli istituti di ricerca tecnologica.
Sul fronte dei rapporti con gli enti pubblici l’auspicato intreccio cittadinanza-amministrazione si basa – come forse è ovvio – sulla partecipazione attiva dei cittadini: l’impiego delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) permette all’Amministrazione di raccogliere velocemente l’opinione dei cittadini e di agire – si spera – di conseguenza. Il cittadino partecipa attivamente al governo della città, accede alla burocrazia in maniera rapida, senza perdere troppo tempo, grazie alla possibilità di accedere ai dati direttamente da Internet.
C’è poi il punto di vista ambientale: la Smart City si dota di servizi di mobilità sostenibile, promuovendo servizi come le biciclette e.motion presenti in molti angoli della città (bike sharing), o servizi in cui le persone possono usare l’auto messa a disposizione da una cooperativa, pagando solo per il tempo effettivo di uso (car sharing).
La parola d’ordine, quindi, è efficienza, senza dimenticare anche altri aspetti, quali la fruizione di servizi sanitari intelligenti e anche, perché no, modi intelligenti di vivere il relax.
Utopie? Forse. Però va tenuto presente che i progetti di “Smart City”, in genere, non mirano alla creazione della Città del Sole in versione tecnologica. Quello che si vuole far intendere è che si può certamente migliorare la qualità del quotidiano progettando e installando piccoli servizi che possano davvero facilitare la vita delle persone.
Cosa bolle in pentola
Esplorando la struttura di piazza Duomo saltava subito all’occhio lo stand dell’Azienda Sanitaria, forse il più affollato, in cui c’era la possibilità di attivare la smart card per i servizi sanitari e con questa accedere via Internet ai propri dati: si tratta della cartella clinica del cittadino (TreC). Grazie a questo servizio, ognuno può leggere le informazioni su di sé, prenotare una visita al CUP e pagare le prestazioni sanitarie via Internet.
Oltre a questo servizio, già attivo, l’Apss ha presentato un innovativo servizio, molto interessante ma ancora in fase sperimentale. Si tratta di una applicazione dedicata alle persone affette da diabete, chiamata TreC_Lab: Diario Diabete. Grazie a questa app, il paziente può raccogliere ed annotare osservazioni circa l’evoluzione quotidiana del proprio stato di salute, registrare misurazioni e terapie intraprese. In tal modo, le informazioni cliniche vengono trasmesse ed archiviate in tempo reale senza doversi necessariamente recare dal medico. A sua volta, il personale sanitario ha la possibilità di monitorare il paziente direttamente da casa, e fornire suggerimenti, anche in automatico, direttamente sullo smartphone del paziente, in funzione delle informazioni che si ricevono. Una dimostrazione evidente di come l’erogazione di nuovi servizi sanitari non può che passare attraverso le tecnologie digitali.
Molto interessante è sembrata anche l’attività del Consorzio dei Comuni, attivo in diversi enti locali provinciali con le iniziative più disparate che vanno dall’app sulla raccolta differenziata usata in molti Comuni fra cui Trento, a siti web per raccogliere informazioni sullo stato dei beni pubblici direttamente dai cittadini. Questo approccio, a quanto ha detto la rappresentante del Consorzio, è stato molto efficace in quei Comuni soggetti a fusione, favorendo la comunicazione tra nuovi cittadini e nuove istituzioni comunali.
A questo proposito, un’azienda locale, la i-conn con sede tra Trento e Cles ha proposto e attivato, nel nuovo comune di Predaia in Val di Non (fusione di Coredo, Smarano, Taio, Tres e Vervò), uno sportello virtuale che consente di richiedere certificati o formulare richieste seguendo la procedura indicata sullo schermo touch screen.
Nulla di particolarmente sorprendente, se non fosse che il sistema è pensato anche per chi, per impossibilità o poca dimestichezza con gli strumenti informatici, preferisce l’interazione diretta con l’operatore: selezionando una apposita funzione, sullo schermo compare l’operatore del Comune che potrà direttamente interagire con il cittadino, aiutandolo a compilare una richiesta, fino a svolgere interamente l’operazione, se l’interessato lo richiede. Cittadino e operatore comunicano attraverso webcam. Una stampante posta sotto lo schermo fornisce il documento richiesto, evitando il disturbo di recarsi presso la sede del Comune.
Questi sono solo alcuni esempi di come la tecnologia può realmente venire incontro alle esigenze del quotidiano rapporto con la Pubblica Amministrazione, in maniera piuttosto semplice e senza grandissimi investimenti.
Cosa manca alla Smart City Trento?
Intendiamoci, il progetto “Trento Smart City” ci è sembrato ancora allo stato embrionale: buone idee (non tutte), qualche soluzione efficace e soprattutto grande entusiasmo da parte dei tecnici che lavorano quotidianamente a queste soluzioni. Qualche altra idea non ha convinto più di tanto, ma fa parte del gioco, nell’innovazione non tutto riesce bene e subito, e a volte ci si rifugia nel prodotto di mera immagine.
Ma soprattutto il problema sta sull’altra sponda: la politica e la sua mentalità. Il successo del progetto ha bisogno di decisori politici e funzionari della burocrazia in grado di comprendere a fondo e soprattutto condividere sinceramente l’obiettivo: bisogna essere in grado di parlare con i tecnici, comprendere le proposte tecniche in campo, e saper effettuare le scelte giuste.
Tale presupposto, a Trento e Provincia, sembra mancare, e lo confermano alcuni episodi eclatanti: la storia di Trento Rise, del suo fallimento e delle consulenze a Deloitte; Trentino Network che insiste nello sbandierare, nell’accesso via fibra alla rete, un Trentino da avanguardia tecnologica, mentre i dati confermano una realtà infrastrutturale da serie B.
Si aggiunga poi il fatto che, lontani dalle città, si naviga con bande trasmissive degne del secolo scorso, e che solo l’intervento statale ha riacceso qualche speranza di vedere risolto il problema entro il 2020.
La politica locale insiste nel considerare l’avanzamento tecnologico come un maquillage, necessario per fare bella figura, ma di facciata, e non un obiettivo strategico condiviso: di conseguenza il Trentino riesce sì a fare cose buone come la “Smart Week” e il piccolo mondo che lavora all’innovazione tecnologica, ma poi lo stesso Trentino non riesce a dotarsi di strumenti basilari come le autostrade informatiche, obiettivo su cui l’Autonomia ha già perso il primo treno; ora Roma ci ha fatto passare il secondo, non vorremmo che si finisse con il perdere anche quello.