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QT n. 4, aprile 2015 Trentagiorni

A sorpresa, l’alternativa

Renato Dalpalù

Sembrava cosa fatta, la successione di Renato Dalpalù, a capo di Sait, alla poltronissima di Diego Schelfi, presidente della Federazione delle Cooperative. Nella tradizione degli ultimi lustri della cooperazione, e in quella più generale di tutti gli organismi sclerotizzati: gli avvicendamenti si decidono in alto, tra un numero ristrettissimo di capoccioni arrivati ai vertici per cooptazione, poi le votazioni della base seguono, senza sorprese. Un meccanismo decisamente consolidato, tanto più in un sistema compatto come quello delle coop, dove essere sgraditi ai piani alti è decisamente poco conveniente, se tu, presidente di una cooperativa, ti metti a fare il dissidente, sarà la tua cooperativa a risentirne.

Di qui da una parte un diffuso conformismo, che storicamente ha consegnato le dissidenze a un ruolo marginale, trattato con sufficienza; dall’altra un sempre maggior distacco tra il ristretto giro dei grandi capi, autoreferenziale ed inamovibile, e la base, fatta di presidenti di cooperative che devono darsi da fare all’interno di un mondo economico in continua evoluzione.

Se a questo dato aggiungiamo il divario, nelle grandi cooperative, tra manager e soci; e tra consorzi (tipo Sait, o Melinda, o Cavit, o Cassa Centrale) e coop di primo grado (rispettivamente famiglie cooperative, magazzini di frutta, cantine sociali, casse rurali) abbiamo l’idea di un organismo pesantemente verticalizzato. In cui l’ipotesi di un rinnovamento dal basso appare pura utopia.

Così, quando alla successione dell’era di Schelfi, caratterizzata da un ultimo, quarto mandato ottenuto con una ridicola modifica statutaria ad hoc e risoltosi in un imbarazzante immobilismo, è stato designato dai caporioni della Federazione Dal Palù, i giochi sembravano fatti.

E invece no. Prima quasi per una sorta di dovere etico, alcuni dissidenti storici come Giuliano Beltrami e Marina Mattarei si sono dati da fare alla ricerca di un’alternativa; e la cosa è via via cresciuta. Alla riunione del 31 marzo, la sala della Cassa Centrale era piena: 150 persone che discutevano sulla necessità di cambiare.

“È stata una bella pagina - ci dice Marina Mattarei - Si è evidenziata la volontà di rompere un meccanismo ormai platealmente autoreferenziale, cui decisamente ci ribelliamo. E anche nei numeri il primo risultato c’è stato, nonostante siano già partite le prime intimidazioni, della serie ‘quelli non andranno oltre il 20%, se vuoi fare carriera non farti coinvolgere’. Andremo avanti.”

Un tema è proprio il profilo di Dal Palù. A capo del Sait, consorzio in gravi difficoltà. Come mai si vuole promuovere chi ha fallito?

“Questo è proprio uno dei punti. Schelfi, in un suo scritto ha diviso l’anima cooperativa tra sognatori e imprenditori. Noi pensiamo che non debba esistere questa scissione, mutualità e imprenditorialità debbono essere incardinate. Però contemporaneamente si vorrebbe presentare Dalpalù come il migliore perché incarna l’anima aziendale: cosa che non condivido, primo perché non basta essere imprenditori, secondo perché Dalpalù non ha dimostrato tali capacità, viene da 5 anni di presidente del Sait sostanzialmente fallimentari. Perché se è vero che i problemi del Sait vengono da lontano, in 5 anni un presidente, se ha capacità, riesce a rimettere l’azienda sulla strada giusta, altrimenti non è all’altezza. Ed ha pesato il fatto di non aver mai gestito una coop di primo grado, e allora ti manca una palestra, un’esperienza essenziale. So che, riferiti a persone, questi sono temi urticanti, ma bisogna affrontarli.”

Gerema Gios

Ora come alternativa viene presentato Geremia Gios, dell’Università di Trento, direttore del dipartimento di Economia e Management, sindaco di Vallarsa, personalità nota come spirito libero, combattivo, segnalatosi in diverse battaglie. “Un cavallo pazzo” dicono alcuni; ma a capo di Economia non ha palesato alcuna pazzia.

Ma non può essere visto come un papa straniero?

“Questa sua attuale lontananza è forse positiva, può esprimere l’autorevolezza di non essere pienamente in un sistema che si è sclerotizzato - risponde Mattarei - Peraltro è stato presidente di una Cassa Rurale, e la sua storia la si vede, come pure la sua autorevolezza e capacità di porsi in maniera decisa. È una personalità, e in questo momento bisogna porre punti di riferimento precisi.”

Insomma un profilo antitetico a quello di Schelfi, noto per essere - formalmente - sempre d’accordo con tutti...

“In questo senso senz’altro. E d’altra parte abbiamo visto come a Schelfi, che prima sembrava assolutamente indispensabile ora gli si faccia il deserto attorno, c’è una corsa allo smarcamento dalla sua figura, anche da chi è stato designato come suo successore.”

Abbiamo allora sentito il candidato in pectore Geremia Gios.

“Tengo a precisare che io non sono un candidato; abbiamo avviato un percorso alla fine del quale si vedrà se ci sono obiettivi condivisi, e quale candidato possa meglio esprimerli. Non si può pensare che arrivi l’uomo al comando che risolva i problemi, è necessario un cambiamento dell’insieme del movimento”.

Secondo quali linee guida?

“È cambiato il contesto: non più crescita e abbondanza di risorse, ma sobrietà e innovazione. Per cui sì ai valori fondanti, in particolare la coop non richiede grandi capitali iniziali, può contare invece su diffusione e radicamento nel territorio. Ci sono da rivedere le cose nell’interno (ci si è orientati più sui temi aziendali che sulla crescita dei soci) che verso l’esterno (non è più il tempo dei contributi, dobbiamo caratterizzarci per la capacità di mettere al centro la persona).”

E come vostra organizza-zione?

“Deve esserci più sussidiarietà, la federazione deve essere più snella e meno costosa, i servizi devono rimanere quelli più innovativi o particolari, gli altri gestiti all’esterno”.

È dai tempi della presidenza Angeli che si parla della subalternità dei soci ai manager.

“Una cooperativa deve avere strumenti efficienti, però anche diversi da quelli delle altre imprese; e deve avere una base adeguata, magari utilizzando, oltre all’assemblea, strumenti innovativi (comitati, sottogruppi, modalità per avere una partecipazione più consapevole.”

C’è poi il problema della subalternità delle cooperative ai consorzi.

“Questi devono essere al servizio del primo grado, altrimenti non va bene. Non ci può essere, come è attualmente una piramide gerarchica, in cui l’obiettivo del movimento diventa il consorzio. Deve essere esattamente l’opposto”.

Questa è un’opposizione frontale, nel merito delle cose, rispetto a Dal Palù.

“Certo, il cambiamento non è per il colore degli occhi. si tratta di principi di fondo.”