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QT n. 1, gennaio 2015 Seconda cover

Le responsabilità politiche

Folgaria può rinascere, ma occorre una nuova classe dirigente

L’altopiano di Folgaria

Nell’estate del 1998 il WWF del Trentino, sostenuto dal gruppo dell’Altopiano di Folgaria e Lavarone, stampava un libretto che indicava in dettaglio alcune vie da seguire per potenziare il turismo e collegarlo alle altre filiere: naturalistica, culturale, storica, legno, agricoltura di montagna. Si trattava di proposte che anticipavano gli indirizzi di uno sviluppo “dolce” del territorio, senza intaccarlo, e che avrebbe portato ricadute economiche e di qualità lavorativa su tutti gli abitanti dell’area.

I politici locali non mostrarono la minima considerazione per queste linee-guida. Pochi anni dopo, tra il 2003 e il 2005, prendevano invece sul serio le proposte della Carosello Ski, che dopo aver unificato ed assorbito le diverse società sciistiche, deficit compresi, prevedeva per gli altopiani uno sviluppo monotematico, basato sullo sci. Senza tenere in alcun conto i cambiamenti climatici già in atto ed una industria dello sci già allora in sofferenza ovunque.

Non appena le associazioni ambientaliste presero visione di questi contenuti, misero in piedi una dura opposizione, fatta di manifestazioni, confronti istituzionali sia sull’altopiano che in Provincia, supportate dalla SAT provinciale e locale, ma anche dalla nascita di diversi comitati composti da giovani: comitati preparati, forti di energia particolarmente propositiva.

Non è stato un caso che nel corso di un duro incontro svoltosi in Provincia nel 2005, un Lorenzo Dellai alterato, delegasse il suo collega di Giunta Mauro Gilmozzi ad aprire con le associazioni ed i comitati un confronto per tentare di ridimensionare le aspettative della Carosello e dare vita ad una proposta turistica più lungimirante, credibile e soprattutto sostenibile dal punto di vista economico.

In presenza di tale proposta, l’intervento dell’allora sindaco di Folgaria, Alessandro Olivi, oggi vicepresidente della Giunta provinciale ed uomo di punta del Partito Democratico trentino, fu deciso: impedì di fatto l’apertura di ogni confronto, imponendo a Gilmozzi e Dellai il rispetto delle “aree di influenza”. Folgaria non era cosa loro. Contemporaneamente, nel suo municipio, apriva la procedura burocratica per un nuovo Piano Regolatore che di fatto recepiva ogni istanza della società impiantistica: l’aggressione a Costa d’Agra, lo sviluppo delle aree sciabili dai Fiorentini verso il Veneto, l’idea di collegare l’abitato di Folgaria agli impianti di Fondo Grande con una megafunivia. L’intero progetto veniva sostenuto offrendo, alla speculazione edilizia delle seconde case, nuove opportunità, come abbiamo illustrato nel numero precedente.

Questo avveniva mentre l’assessore Mauro Gilmozzi - siamo nel 2008 - presentava e sosteneva l’innovativa e preziosa legge che in Trentino bloccava lo sviluppo dell’edilizia turistica.

Folgaria, frazione di Carbonare

Ma per Olivi si faceva una eccezione, anche perché l’allora sindaco era ben sostenuto dai potentati locali e dal gruppo industriale Marangoni, protagonista nel tentativo di trasformare in oro il mattone turistico. E Olivi si comportava, più che da sindaco, da boss, intervenendo duramente nei dibattiti che lo criticavano in modo sprezzante, togliendo la parola ai dissenzienti, minacciando querele (“Ricordatevi che sono avvocato...”) rivolte a chi insisteva nella critica, anche quando motivata.

Questo è stato il clima politico e sociale che ha portato alla attuale situazione di Folgaria. Le responsabilità del PD, in tutta la vicenda, sono evidenti. Basate sul silenzio, perché su Olivi si doveva investire come leader alternativo per il dopo Dellai.

Oltre alla Cassa Rurale commissariata, alla Carosello Ski sommersa dai debiti, agli alberghi nuovi e ristrutturati anch’essi indebitati fino al collo, al territorio e al paesaggio irreversibilmente sfregiati dalle nuove piste, oggi cosa rimane di quel periodo?

Pensiamo che, anche se ancora oggi si cerca di indirizzare le responsabilità verso i comitati e gli ambientalisti che avrebbero privato di credibilità il rilancio sciistico e sui media che si sono permessi di offrire loro voce, ci sia in realtà ancora speranza. Certo, le proposte del WWF del 1998 sono in gran parte vanificate: molte trincee, malghe e strade di alta quota sono state cancellate dal cieco passaggio delle ruspe.

Certo, troppi giovani disillusi oggi sono demotivati, hanno perso energia e voglia di rischiare. Troppi imprenditori sono ancora illusi del potere miracolistico dei contributi provinciali, dagli interventi di Trentino Sviluppo ancora capace (mentre si chiudono interi reparti negli ospedali) di sperperare denaro pubblico in situazioni fallite, acquisendo gli impianti in perdita e facendo pagare a tutti i cittadini i costi di scelte irresponsabili.

Ma l’altopiano è vasto. Sono ancora in vita le radici della cultura della montagna, bellezze quali il lago di Lavarone, una orografia che si presta allo sviluppo di un turismo e di una agricoltura più delicati, come del resto è possibile recuperare, anche attraverso la demolizione e la riqualificazione ambientale, alcuni degli errori più recenti.

Condizione indispensabile per la rinascita è però che su Folgaria si affacci una nuova classe politica, capace di mettere all’angolo i protagonisti di un ventennio di distruzione economica, etica e ambientale. Perché è chiaro che chi oggi dà milioni e milioni ancora alla Carosello Ski, per di più mantenendone alla guida il responsabile primo del disastro, Remo Cappelletti, non offre alcuna speranza di cambiamento.