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QT n. 6, giugno 2015 L’editoriale

Gli irresponsabili

All’interno del giornale accenniamo ad una domanda cruciale sul decimo, bel Festival dell’Economia: dei tanti, stimolanti contenuti, che cosa rimane? Il Trentino, quanto cresce culturalmente, cosa impara?

Non pretendiamo qui di rispondere ad una domanda che è complessa. Ragioniamo però, alla luce dei fatti, su una parte di essa. Mettiamo cioè a confronto da una parte il tema dello scorso Festival - “Classi dirigenti” - e dall’altra i concreti comportamenti, dei dirigenti e della pubblica opinione.

Ci riferiamo a due fatti, di cui parliamo più estesamente nelle pagine a seguire. Primo fatto: Renato Dalpalù, ex candidato alla presidenza di FederCoop, ritiratosi in seguito al crack di BTD Servizi Primiero, dichiara: “All’interno di BTD ho ricoperto sempre e soltanto il ruolo di presidente del comitato di controllo senza aver mai avuto alcun ruolo operativo nella cooperativa”. Ed è falso: dal 2007 al novembre del 2014 Dalpalù è stato anche amministratore della società.

Così il vicepresidente della Giunta Provinciale Alessandro Olivi del Partito Democratico, già sindaco di Folgaria e garante politico in Provincia del sostegno pubblico alla demenziale espansione impiantistica sull’altopiano, all’indomani del tracollo elettorale della lista del PD e del gruppo di potere ad essa collegato, candidamente si chiama fuori: “Da quasi sette anni non sono più impegnato nell’amministrazione... In questa campagna elettorale ho mantenuto un comportamento di profondo rispetto nei confronti delle diverse proposte...”. Insomma, Olivi con Folgaria non c’entra niente. Il che semplicemente non è vero, Olivi in realtà ha fatto campagna elettorale ventre a terra per la gattopardesca lista del PD, arrivando a sostenerla attraverso una manifestazione elettorale assieme all’alieno Lorenzo Dellai, per ribadire lo stretto connubio tra il PD folgaretano, lui e i soldi provinciali.

In questi due comportamenti paralleli, di un top manager cooperativo e di un vertice politico - insomma, la nostra classe dirigente - c’è un evidente nesso in comune: il rifiuto della responsabilità. Anche a costo di dichiarare il falso, di esporsi al ridicolo. Nella convinzione che l’impudenza a loro è permessa.

Purtroppo sembra che abbiano ragione. Gli altri top manager della cooperazione, di fronte alle plateali bugie di Dalpalù, e più in generale alla sua avventurosa e rovinosa gestione di un’impresa, gli hanno espresso in coro la propria “solidarietà”. Il Partito Democratico, di fronte alla fuga da Folgaria di Olivi, e più in generale alla dissennata gestione del suo territorio, bellamente si disinteressa: nessuno gliene chiede ragione, Olivi può tranquillamente continuare a pontificare di coordinamenti e direttori, di nuove stagioni, di congressi..., anzi, può avanzare la propria candidatura a prossimo segretario.

Una totale, abissale fuga dalle responsabilità. Del tutto autorizzata, condivisa: la nostra classe dirigente evita come la peste i rendiconti, di buon grado assolve le smemoratezze, glissa sui disastri dei Dalpalù e degli Olivi per non rischiare di essere essa stessa chiamata, un giorno o l’altro, a rispondere delle proprie azioni.

L’irresponsabilità, insomma, è la dimensione che tutti unisce. Purtroppo non sembra che la pubblica opinione riesca a costituire un antidoto a questa deleteria cultura. Non abbiamo letto parole indignate sui giornali, che su tutto questo hanno elegantemente sorvolato.

Tornando al discorso iniziale, il Festival dell’Economia ha lungamente parlato delle qualità richieste alla classe dirigente. Ma la prima di esse, la responsabilità (“accountability” si dice nell’inglese del Festival, vuol dire che su una persona ci puoi far conto) da noi non sembra proprio aver attecchito. E in fondo, neanche essere richiesta dalla comunità.

Vorremmo tanto sbagliarci.