I richiedenti scomparsi
Sono arrivati in fretta e furia, e nella stessa maniera hanno fatto perdere le loro tracce. L’esperienza in Trentino di 33 uomini e 7 donne (39 dall’Eritrea ed uno dall’Etiopia) richiedenti protezione internazionale potrebbe essere durata pochi giorni. Arrivati sabato 22 marzo da Lampedusa, dove erano sbarcati poco tempo prima, già il lunedì successivo 39 di loro non si trovavano più all’ex polveriera di Marco di Rovereto, da tempo adibita a centro di prima accoglienza per i richiedenti asilo inseriti nei progetti governativi di accoglienza.
La loro fuga ha generato reazioni incredule e indignate. Incredule quelle della stampa locale, come l’Adige, che non si spiega come mai essi abbiano rifiutato l’”accoglienza in grande stile” di “una Provincia che sa aprire le braccia a chi è in difficoltà”. Indignate quelle di chi per mestiere specula sulle questioni migratorie, come la Lega Nord, che ha visto in questa fuga la dimostrazione che i richiedenti asilo avevano in realtà il solo scopo di vivere nell’irregolarità e nella criminalità. Però queste reazioni, alla luce di un minimo di informazioni, risultano poco sensate.
Dal punto di vista dei migranti, abbandonare al più presto il centro di Marco sembra essere stata, in realtà, un’azione perfettamente razionale. Non tanto per difetti nell’organizzazione locale, per la quale la Protezione Civile ed il Cinformi (il Centro provinciale per l’immigrazione) si sono attivati il più adeguatamente possibile, quanto per le grosse carenze nella gestione della loro accoglienza da parte del governo, nello specifico del Ministero dell’Interno. Per cominciare, in tutta Italia i servizi locali di accoglienza sono stati avvertiti della necessità di attivarsi per ricevere una quarantina di persone ciascuno da una circolare del 19 marzo, cioè con soli tre giorni di anticipo sulla data di arrivo. Una circolare, oltretutto, imprecisa e carente di informazioni, come ha segnalato il progetto Melting Pot Europa che l’ha pubblicata online.
Inoltre, i 40 richiedenti asilo sono arrivati in Trentino senza che fossero loro state prese le impronte digitali. Questo è un punto chiave: dal momento in cui a chi arriva vengono prese le impronte, la normativa europea sul diritto d’asilo (il criticatissimo Regolamento Dublino II) stabilisce che un migrante è vincolato a fare richiesta di protezione internazionale nel paese che gliele ha prese. Infatti, l’Europa senza frontiere, che noi diamo oramai per scontata, non esiste per i cittadini non comunitari, anche se a questi è stato riconosciuto il diritto a ricevere protezione in seguito ad una situazione di comprovato rischio della vita nel loro paese, diritto che chi viene dall’Eritrea ha, tra l’altro, garantito praticamente al 100%.
In poche parole, se durante la settimana gli fossero state prese le impronte digitali, nessuna delle 40 persone arrivate a Marco avrebbe potuto realizzare un progetto di vita in Germania o in Svezia, se non dopo aver superato infiniti paletti burocratici. Si aggiunga che il governo italiano, al momento, poteva garantire loro progetti di accoglienza solo fino a fine giugno, senza garanzie per il futuro, mentre difficilmente la loro domanda di asilo avrebbe avuto una risposta prima di sei mesi, ad essere ottimisti. Ciò considerato, la scelta di abbandonare il centro di Marco, sebbene rischiosa, non appare più così inspiegabile o criminale, soprattutto se ti trovi in un luogo che dista 3 ore di treno dalla Germania. Dove ai richiedenti asilo e rifugiati viene garantita (seppur con limiti significativi) accoglienza fino a sei mesi dopo l’ottenimento del permesso di soggiorno per protezione internazionale. E dove il sistema complessivo di welfare e, soprattutto, il mercato del lavoro, offrono ben altre opportunità di un’Italia in caduta libera. La fuga dei richiedenti asilo, oltretutto, non è stato un fenomeno circoscritto alla provincia di Trento, ma diffuso in tutte le zone d’Italia dove le persone recentemente sbarcate a Lampedusa erano state distribuite a gruppi di 40. Tanto da far venire il dubbio che quello del governo fosse un tentativo indiretto di venir meno ai suoi obblighi ed alle conseguenze economiche di questi. Permettendo che le mancanza organizzative consentisse ai richiedenti asilo di lasciare di nascosto l’Italia. Per la gioia, oltretutto, dei leghisti, che per una volta, avendo ottenuto la scomparsa degli immigrati, potevano risparmiarsi la consueta crisi di nervi.