Dove il mondo fallisce parla la musica
Musicoterapia in orchestra: una novità nel panorama trentino.
Platone scriveva: «la musica è la miglior medicina dell’anima». Sviluppare una più elevata coscienza di sé attraverso l’arte più sublime e più effimera, la musica, per gestire meglio le relazioni è ciò che la neonata associazione culturale OttoNote offre attraverso attività educative musicali e di musicoterapia, ben consapevole della verità dell’assunto platonico. Avvalendosi di musicisti, musicoterapeuti e psicologi, cioè di una compresenza di competenze che dà valore aggiunto all’iniziativa, OttoNote propone una novità assoluta nel panorama trentino (nel quale, peraltro, il Centro Trentino Musicoterapia opera dal 1988): la musicoterapia in orchestra. Si tratta di “Ottonote sul leggio”, un laboratorio triennale di formazione musicale rivolto a ragazzi disabili e con difficoltà, orientato alla costituzione di una vera e propria orchestra integrata tra ragazzi, operatori musicisti e musicisti professionisti.
L’attività si svolgerà presso la Sala della Circoscrizione di Gardolo, a partire da gennaio 2013, e si concluderà con alcuni concerti pubblici. Ma torniamo alle origini: cos’è la musicoterapia, ed in special modo quella in orchestra? La World Federation of Music Therapy (Federazione Mondiale di Musicoterapia) ha dato nel 1996 la seguente definizione: «La musicoterapia è l’uso della musica (...) al fine di soddisfare le necessità fisiche, emozionali, mentali, sociali e cognitive. La musicoterapia mira a sviluppare le funzioni dell’individuo in modo tale che questi possa (...) migliorare la qualità della vita grazie a un processo preventivo, riabilitativo o terapeutico.» Da sempre, l’uomo si è servito della musica a scopo terapeutico traendone un effetto benefico e curativo. Tuttavia, la musicoterapia in orchestra aggiunge del sale alla pietanza: l’esperienza dell’orchestra è infatti un’esperienza estremamente gratificante, normalizzante e professionale.
Il percorso di OttoNote si avvale di strumenti professionali ad arco, arpa, percussioni ed affronta un repertorio di musica classica, opportunamente arrangiato, che si sviluppa in complessità, giungendo infine a misurarsi con mostri sacri come Beethoven, Mozart e Stravinskij. I ragazzi sono seguiti personalmente da un operatore musicale, accompagnati da un pianista e guidati da un direttore d’orchestra sulla partitura del pianoforte, nella quale s’innestano i loro interventi musicali. Prerequisiti musicali non ce ne sono, eppure gli strumenti, il repertorio ed il lavoro sono seri perché il fine non è la musica stessa. Il fine è misurarsi con una realtà “normale” ed adulta, seria e professionale, come quella dell’orchestra, per farne parte.
Suonare in un’orchestra “normale”, dunque, aiuta i ragazzi a “normalizzare” le loro vite ed offre loro sostegno e aiuto. Il concerto finale diventa, in quest’ottica, l’apertura alla comunità, il trionfo della relazione. Perché, parafrasando Daniel Pennac, quello che conta è che alla fine anche il piccolo e imperfetto triangolo conosca la musica, forse non in maniera brillante come il primo violino, ma la musica è la stessa.