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QT n. 12, dicembre 2012 Monitor: Arte

La magnifica ossessione

Dall’800 ai giorni nostri

La sala dedicata ai manifesti sovietici

Il Mart ha da poco aperto la grande mostra autunnale, “La Magnifica ossessione” (fino al 6 ottobre 2013), un viaggio nella storia dell’arte attraverso le collezioni del museo, dall’800 ai nostri giorni. Una mostra-evento che farà discutere, nel bene e nel male: il miglior modo per festeggiare, in tempo di crisi, i 10 anni del museo disegnato da Botta. Al di là delle singole opere esposte, è l’allestimento all’insegna dell’horror vacui a impressionare: si tratta di circa 1200 opere e di altrettanti documenti d’archivio, un’iper-estensione della collezione permanente che lascia lo spettatore spiazzato e ammutolito, specie se abituato ad allestimenti asettici e neutri.

Il flusso delle opere si sviluppa in maniera tematica e al contempo cronologica. Punto di partenza, la ricostruzione della gipsoteca di Andrea Malfatti, donata dall’artista alla città di Trento nel 1912 e dunque primo nucleo delle collezioni del museo. Seguono, per gli anni a cavallo tra Ottocento e Novecento, le sale del nudo - dai disegni di Klimt alle fotografie di Von Gloeden -, quella bellissima dedicata al ritratto e quella consacrata alla grafica dei maestri trentini (da Ratini a Garbari), anticipata da un intervento site specific dell’artista spagnolo Paco Cao.

Per il futurismo, cavallo di battaglia del museo ma già al centro di numerose mostre, si è scelta una via soft, dedicando una sala a Marinetti, allestita sopra un tappeto di manifesti futuristi cancellati per l’occasione da Emilio Isgrò, e un’altra all’idea di “Casa d’arte”, incentrata sulla pratica futurista delle arti applicate, il tutto accompagnato dal video “Il sogno d’Alberto”, tratto da un soggetto cinematografico di Depero.

Agli anni compresi tra le due guerre sono dedicate le sale che ospitano alcune delle più pregevoli opere del museo. In particolare la sala sulla “casa del collezionista” offre opere di Campigli, de Pisis, Tosi, e una “piramide” di lavori di Morandi da togliere il fiato, mentre la sala sulla milanese Galleria del Milione propone una panoramica sugli esiti dell’astrattismo italiano attraverso lavori di Licini, Magnelli, Melotti, Munari e Fontana. Accanto a quest’arte svincolata da imperativi, convive quella di regime, documentata da alcuni enormi cartoni preparatori per dipinti murali di Sironi, nonché da parte della vasta sala sull’architettura, ricca di fotografie, disegni, progetti e plastici.

Giunti così a metà del percorso, poco prima della passerella che lascia intravedere il respiro verde dei giardini Perlasca, la sequenza delle sale offre al visitatore una pausa di riflessione sul “dietro le quinte” del fare museo, fatto di ricerca, studio e conservazione. Qui si trovano alcune opere dedicate ai libri e al loro accumularsi in biblioteche, da Luigi Ontani a Candida Höfer, oltre a una selezione di libri d’artista dell’Archivio del ‘900 (Warhol, Ruscha e molti altri) e alla possibilità, alquanto rara, di portarsi a casa gratuitamente alcuni cataloghi delle mostre passate.

Ripreso fiato, a introdurre il secondo dopoguerra è un’impressionante sequenza di manifesti propagandistici russi che rimandano alla divisione del mondo in blocchi contrapposti. Contrapposizione che, sul versante artistico italiano, vide schierarsi astrazione contro realismo, in altre parole Vedova contro Guttuso, protagonisti della sala successiva. E poi il sogno americano dell’imperativo consumistico, al centro della collezione di opere pop di Ileana Sonnabend, tra i primi depositi giunti al Mart.

America è anche cinema. La sala successiva, “Hollywood sul Tevere”, è incentrata su questo mito cinematografico, espresso sia dagli artisti della scuola romana di Piazza del Popolo - Rotella e Schifano in testa - sia da un gruppo di fotografie di Mario Dondero.

Le stanze che seguono alternano approfondimenti su particolari movimenti -in particolare Informale, Arte Cinetica, Arte nucleare e neoastrattismo-, ad accostamenti formali di opere, si veda il caso della sala dedicata alla superficie tipografica, con lavori di Munari, Lichtenstein ed altri. L’accento politico ritorna negli spazi dedicati alla controcultura e in quelli consacrati alla donna, questi ultimi al centro di un progetto curatoriale dell’artista Liliana Moro.

Il disimpegno degli anni Ottanta alterna una figurazione tesa tra high and low, ovvero il fumetto di Pazienza e Liberatore shakerato con opere della Transavanguardia; per contraltare, la sala “Mondi e rappresentazioni” offre una colta meditazione su temi quali il nomadismo, il razzismo e la multiculturalità, al centro di lavori di artisti come Beuys e Boetti, senza dimenticare le nuove generazioni. La contemporaneità è infine espressa da un apparente dualismo: da una parte l’altrove e il mistero enigmatico del cosmo, dall’altra il qui e ora della natura, la concretezza degli elementi naturali, come nell’opera “Trento Ellipse”, appositamente realizzata da Richard Long per il Mart, nel 2000.

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